“Nessuno si aspetta l’inquisizione spagnola”.
Non è un modo di dire: è il 1970 quando Michael Palin, attore nel gruppo dei Monty Python, irrompe in scena in uno sketch, nel ruolo di cardinale, pronunciando questa frase. Ed è proprio l’espressione che mi è passata per la mente quando, seduta al tavolo con Luigi Di Capua e Matteo Corradini, che insieme a Luca Vecchi formano il nucleo creativo The Pills, ho iniziato la mia intervista.
Come un’inquisizione spagnola amici, conoscenti, pubblico, giornalisti indagano sul significato, sul messaggio, sull’eventuale filo conduttore che contraddistingue The Pills. Indagano, ma allo stesso tempo spesso fraintendono, ed anche se la cosa meno nobile per uno sketch è la parafrasi, mi auguro che questa mia “inquisizione” possa essere una fedele ricostruzione di quello che Luigi e Matteo mi hanno voluto comunicare.
The Pills è una sketch comedy diffusa tramite web, nasce dall’idea di tre ragazzi romani che sperimentano forme di comicità, un progetto che, dal far ridere la loro cerchia di amici si è ampliato ed ora tanti volti ne fanno parte attivamente. Lo sbocco naturale è stato il web, affine al linguaggio narrativo utilizzato e al tipo di sketch in cui confluisce, mezzo congeniale per veicolare delle piccole pillole.
Non si tratta di una web serie ci tengono a specificare Luigi e Matteo – un filo conduttore fine a se stesso non c’è, c’è solo se serve, perché le regole formali sono utili solo se strumentali alla comunicazione, altrimenti non meritano di essere seguite.
La massima libertà di espressione sembra essere dunque il dato più connotativo del loro progetto, miscellanea di comicità, perché diverse sono quelle che amano e a cui si ispirano.
Non esiste infatti l’obiettivo di ancorarsi ad un certo tipo di satira ma in ogni episodio, che vede coinvolti i tre protagonisti con modalità ed intensità differenti, la comicità o satira che ne deriva è solo un risultato. Una sketch comedy che si sviluppa in modo omogeneo ma eterogeneo al tempo stesso, dove comicità, no sense, critica d’autore, satira sociale e di costume prevalgono a seconda della pillola da mandare giù.
Se crediamo che The Pills si fermi ad una critica di luoghi comuni e cultura di massa ci sbagliamo di grosso, perché le diverse anime che lo caratterizzano si fondono in un’unica ma necessariamente versatile volontà: esaminare dei fenomeni. Il pubblico sarà poi ovviamente libero di pensare quello che vuole, d’altronde di pillole da inghiottire ce ne sono di vario genere.
Però quello che spesso emerge è un finale bipartisan, senza la pretesa di schierarsi, con l’amara constatazione che “in fondo siamo tutti quanti vittima dell’appartenenza a sottoculture giovanili, siamo tutti quanti un po’ patetici”. E di fronte a tutto questo la pillola per restare comunque noi stessi, l’antidoto, non è altro che il semplice ma complesso al tempo stesso “non prendersi sul serio”.
Insomma “sì sicuramente le hogan so brutte regà non stamo a dì de no” ma non fermatevi a quello, né agli altri episodi-tormentone con i quali i The Pills rischiano di identificarsi.
“Sicuramente Fabio Volo è Fabio Volo però a noi interessa molto di più il fenomeno che gira intorno a queste cose piuttosto che demonizzare la cosa in sé. La cosa in sé è un elemento della nostra società e la nostra società ha anche di peggio delle hogan e Fabio Volo sinceramente”.
No perché a ben guardare è trattata una varietà di tematiche che si riflette su quella del pubblico, perché in un modo spontaneo e forse ”incosciente siamo riusciti a creare un linguaggio fatto di vari strati di comprensione” ed ognuno ha una sua visione, come è giusto che sia.
”Si possono scorgere citazioni o un certo linguaggio narrativo e una certa riflessione, è tutto un sistema che viaggia sulla stessa lunghezza d’onda. E’ bello creare delle storie in cui non è necessario prendere una parte. Fabio Volo lo prendi per il culo ma in un modo divertente e creativo, perché quando inizi a leggerlo, un po’ per il linguaggio, un po’ per il torno, un po’ per i temi è impossibile farne a meno. Come una canzone pop, come guardare grandi magazzini in tv la domenica pomeriggio”.
Grazie al web, il programma ha avuto un gran successo ma non per questo gli altri media sono a priori da scartare, si deve credere in tutti, se di qualità. Un prodotto televisivo infatti non deve essere considerato per ciò solo inferiore al grande schermo.
“Anche se in Italia tendiamo a considerare il cinema come il traguardo di arrivo, in America è la tv, per la minaccia del web, a creare i maggiori prodotti di qualità e ne dovremmo prendere esempio: meno fiction e più serie fatte bene, meno fiction e più serie acquistate dagli Usa, meno fiction e più comodi noi sul nostro divano a vedere, con la ritualità di cui abbiamo bisogno, magari il mercoledì sera in hd l’ultima puntata di Breaking bad in lingua originale”.
Tra realtà e no sense, quotidianità e voli pindarici i The Pills hanno azzeccato in pieno il surreale in cui, ammettiamolo, tra i venti e i trenta amiamo sguazzare.
L’altro punto di forza a cui tengono molto? Bè ovviamente “stare sul pezzo”, sempre senza giudizi né opinioni precostituite ma proponendoci un’analisi dei fenomeni sociali del momento, senza precludersi la possibilità di fare qualcosa di totalmente scollegato dalla realtà e di raccontarci delle storie.
Progetti per il futuro: per adesso realizzare la seconda stagione, fatta di episodi più corposi e qualche sketch più breve sempre all’insegna della sperimentazione.
E visto che “non va trovato un senso, il modo migliore e più diretto per capire il significato di un episodio è guardarlo”, finisce l’ultima birretta e con questa la nostra piacevole chiacchierata.
Se poi mi chiedo cosa hanno realizzato Luca, Luigi e Matteo mi viene da dire, parafrasando Oscar Wilde, perché ci piace farlo, che prendere una pillola è un po’ come fumare: il prototipo perfetto di un piacere perfetto, è squisita e lascia insoddisfatti, perché una volta finita vorresti subito iniziarne un’altra. Cosa volere di più.
a cura di Elisabetta Rapisarda
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