Strana è la corsa, è stancante tanto da purificarti, e ti aiuta molto bene a collegare insieme le nascoste radici degli attimi, e quasi non si sa se sei tu che corri o se tutto scorre attorno a te in un lento movimento di giostra, paesi che hai già oltrepassato ecco ritornano a galleggiarti davanti nel buio. (David Grossman)
Correre, perchè si è rapiti da un movimento preciso o diversamente coordinato, correre perchè si vuole catturare l’aria e imprimerla nelle gambe dai muscoli in perpetua pulsione.
Correre perchè si vuole trattenere il momento in cui si è soli in mezzo a uno sterminato complesso di gente o dentro un percorso solitario fatto di alberi e pace.
Correre, per seguire un vezzo meccanico, quando si giace sui tapis roulant delle nostre prenotate palestre e si hanno semplici idee di forma e poca sostanza di pensieri mangiati.
Chi ama la corsa, chi la pratica, chi non ne può fare a meno o chi la scansa e la detesta, sono tutte persone che un’idea più o meno chiara sono riuscita a farsela, di quello che significa Correre.
Chi non corre e ha presente e contempla la corsa come un atto estraneo a sè, potrà capire solo in parte tutto quello che ruota intorno ad un’abitudine fisica come mentale, forse soprattutto mentale di chi non può fare a meno di perdersi nei passi veloci e catturare il vento a cui va incontro.
Si corre perchè si vuole ritagliare uno spazio tutto per sè, in cui non esistono orari programmati, in cui non devi vestirti bene, in cui puoi permetterti di chiamare la solitudine con un vezzeggiativo meno pesante e dargli nuovo lustro. Perchè la vera corsa è quella che si macina da soli, accompagnati dal proprio I pod o dal frastuono delle voci delle persone con cui ci si scambiano fugaci sguardi.
Si corre dentro le città e senti in cauta persuasione di calore umano, negozi, auto di fretta, smog ovunque e vai alla ricerca di quel verde salvifico in cui riversare tutto il sudore e la materia dei sogni che si costruiscono, correndo.
Si corre sulla spiaggia, dove sei vegliato a vista dal rumore delle onde, dalle visioni di mare calmo, dalla potente luce di un’alba ruggente di salsedine e fresca estate. Vai a sollevare la sabbia che danza con i tuoi piedi in un frenetico moto di intenti, sei libero come mai prima d’allora, senti una certa immortalità di spirito e carne, e nel contempo senti quanto l’immensità di vedute all’orizzonte ti renda piccolo e impotente, ma appagato.
Si corre sotto la pioggia, dove la velocità che catturi si somma all’acqua che subisci e che si pone come beffardo freno alle tue movenze repentine. É un sublime connubio di sfogo naturale, inevitabile, e ostinazione personale e voluta, perchè sei tu che hai cercato quella pioggia, forse per lavare pensieri fuggiaschi, proprio come te, che sono emersi sollecitati dal tuo stesso procedure correndo, hanno seguito quella velocità e ora vanno a sciogliersi tra la terra bagnata e il tuo corpo altrettanto zuppo di catartica libertà.
Eugenio Montale definiva la corsa come una poesia e sognava di fare il maratoneta, e aveva ragione.
Una poesia tutta fisica, che si può ben scorgere se si osservano le forme e le pieghe che assumono i corpi in fremito, deformati ma armoniosi, come in una danza sensuale e potente.
Se si potesse fermare quel vorticoso movimento con il telecomando tasto pausa, si renderebbero manifesti quei lacci di muscoli e vene, quegli intrecci di vimini delle vene in evidenza carichi di tutta la linfa che l’uomo può far scorrere, e saremmo in grado di catturare gli occhi di chi corre che non sono occhi qualsiasi, sono fieri, decisi e di una luce che non si può replicare a caso. Luce che descrive quella carica, quella decisione, quel sentirsi immensi per una manciata di secondi, o di ore.
La corsa è il tema che questa settimana ha coinvolto la Freak’s Note e I Freak’s tutti, quasi come inno al dinamismo e a scegliere, per una volta , di andare di fretta e di correre di gusto, a dispetto di una vita che ce lo impone e di cui noi spesso subiamo solo gli effetti sgraziati.
La corsa non lascia margini di indecisione. Si ama o si odia. E dentro questo dualismo perfetto che emergono tutte le variegate personalità di chi decide oppure no di infilare le scarpe e fuggire via.
Ora vi chiediamo di ascoltare la musica scelta perchè presumibile sposa del correre quotidiano dei nostri Freak’s, e immaginare, in un frame a rallentatore come in modalità 9.5 vel del tapis roulant, tutto quello che va ad aggiungersi nei momenti in cui si procede la corsa, emozioni, pensieri, phatos, fatica, respiro, grinta o semplicemente un fragorosissimo silenzio.
Buon ascolto
Firestarter – The Prodigy
Run Run Run – Velvet Underground
Chrono – Kraftwerk
The Catalyst – Linkin Park
El secreto de las tortugas – Maldita Nerea
Run, baby, run – Sheryl Crow
Bitter sweet Symphony - The Verve
Ora il mondo è perfetto – Planet Funk feat. Giuliano Sangiorgi