Il palazzo delle Esposizioni di Roma ospita da qualche tempo la mostra del celebre fotografo francese Robert Doisneau, le cui foto sono rinomate e conosciute ormai in tutto il mondo.
Tuttavia, la maggior parte delle persone riconosce Robert Doisneau per uno scatto preciso e replicato oltremodo e cioè la fotografia “Il Bacio all’Hotel Deville” scattata nel 1950 a Parigi.
A partire dalla brochure della mostra a finire dalle copertine di libri, stenografie, alle stampe sulle magliette, perfino ai quaderni, il Bacio di Doisneau campeggia mortificando, a mio avviso, la produzione di un artista che si compone di scatti ben più pregiati.
La spiegazione è da rintracciare nell’impatto che “il bacio” ha nel pensiero collettivo, nella potenza e nel significato che si ravvisa e che suscita un gesto che è anche contatto fisico, scambio, simbolo di una certa concezione di sentimento, e cioè l’amore.
Quant’è potente un bacio? Tralasciando argomentazioni mielose e riconducibili a moti da San Valentino o Grey’s Anatomy, non possiamo omettere la rilevanza che il bacio occupa nell’immaginario personale di ognuno di noi, a seconda della natura emotiva che suscita, a prescindere dai gradi d’intensità o dalle valenze intrinseche come estrinseche.
Il bacio è un contatto. È un contatto che porta con sé un determinato significato nel momento in cui si porge o si riceve, sia che venga fatto con intento affettuoso o sia che includa malizia o istinti sensuali.
Il bacio di una madre o di un amichetto d’infanzia sono due percezioni diverse ma condividono non solo le modalità ma anche il tentativo di trasmettere un messaggio peculiare.
La rapidità o la cadenza costante del gesto, l’approccio con l’epidermide altrui o la semplice replica con l’ausilio della mano simulata da lontano come variante di saluto, sono tutte azioni che confluiscono nell’idea di voler comunicare qualcosa che detta a parole implicherebbe un dispendio di vocaboli e una perdita di impatto.
Un bacio riassume, concentra, trasmette.
La sua energia, anche solo mentale, per non parlare di quella sublimata dal c.d. bacio alla francese (come se bastasse un ulteriore appellativo per spiegare meglio di cosa stiamo parlando, mondieu!), è palese, è tangibile, anche quando diventa scontata o quando evitiamo di soffermarci molto.
È un paradigma condiviso, il bacio.
Vengono in mente le timidezze e le ritrosie fanciullesche che si manifestano nei bambini quando si trovano a giocare tra di loro, e qui è doveroso citare il famoso gioco della bottiglia o il gioco della verità, che a distanza di anni fanno sorridere e rendono bene l’idea di un candore e un’innocenza, mischiata a curiosità, che appartiene solo quel tempo.
Vengono altresì in mente tutte le scene possibili di film e telefilm, dai capolavori stile anni 20 passando da Dawson Creek e finendo a Youtube, di baci perfetti ad effetto, di cui soprattutto le femminucce iniziano a fantasticare circa una possibile resa nella vita reale, sul “come sarebbe bello se i baci fossero tutti così” e invece spesso incespicano in qualcosa di diverso, che va dall’ordinario al comico (penso alle testate, all’assenza di lingua, all’assenza di magia, o all’assenza di qualsiasi forma di sensualità) e determinano inevitabilmente un ragionamento sull’altra persona coinvolta nel bacio, per farla breve, constatare quanto funziona.
Ma nella vita reale, fuori dalla finzione cinematografica i baci scandiscono sul serio la differenza che sussiste tra il tuo amante, il tuo amico, tuo padre, uno sconosciuto qualsiasi.
Spesso con un bacio comprendi l’affinità che hai instaurato con il prossimo, se c’è feeling o mestizia, attraverso il grado di trasporto, la natura del coinvolgimento, le vibrazioni che vanno a scorrere.
Pensate a Pretty Woman e al suo diniego nel baciare Richard Gere o uno qualsiasi dei suoi clienti, e non perché fosse particolarmente pudica (era una meretrice) ma per l’idea che il bacio implicasse un contatto “troppo intimo” e che prescindeva dal sesso. La storia è nota e alla fine lei bacia Edward/Gere e svela il suo coinvolgimento sentimentale, nonché invia un messaggio inequivocabile che ha fatto innamorare intere generazioni.
Per quanto si possa essere cinici e insensibili, di fronte a un bacio tendiamo a cedere senza molti preamboli, sia nel momento in cui lo pratichiamo, sia nel solo immaginario visivo, ad esempio quando non riusciamo a distogliere lo sguardo da due amanti che si scambiano effusioni in pubblico, in un meraviglioso atto di libertà autentica, a fronte della nostra curiosità un po’ maliziosa, un po’ da romanticheria spicciola, un po’ invidiosi, un po’ compiaciuti di fronte a quel preludio di amore emancipato.
Una storia che mi ha fatto sorridere è che quella che narra della nascita del “Bacio Perugina” il famoso cioccolatino della omonima marca.
Non tutti sanno che l’idea della pralina è stata di Luisa Spagnoli, stilista e moglie di uno dei fondatori dell’azienda Perugina, (Annibale Spagnoli n.d.r.) che volle “riciclare” gli scarti di nocciola e assemblarli con il cioccolato. Da quell’idea nacque il cioccolatino così come noi lo conosciamo ma inizialmente il suo nome doveva essere “cazzotto” perché la forma rievocava l’immagine di un pugno.
Intervenne Giovanni Buitoni, proprietario insieme a Spagnoli della Perugina, che consigliò di utilizzare un nome più consono ad un cioccolatino, che ricordasse qualcosa di dolce, di buono, qualcosa che potesse avere la stessa potenza di un bacio. E il finale è noto a tutti.
Se il cioccolatino si fosse chiamato cazzotto forse non avrebbe avuto lo stesso successo commerciale, ma fa sorridere pensare che una stessa cosa può simboleggiare un bacio e un pugno insieme, come se entrambi avessero la stessa valenza, che può essere un buffetto o un colpo allo stomaco, a seconda delle circostanze, dei protagonisti, delle emozioni che seguono, dell’esito finale.
Ritornando a Doisneau e riflettendo su quella foto, osservandola con cura e senza pregiudizi relativi all’apprezzamento stilistico o di semplice gusto personale, è arduo e ingiusto non riscontrarne una certa bellezza effettiva.
Bellezza sublimata da visioni di semplicità, di fugacità, di spazio intorno cristallizzato, di quei due ragazzi che non sembrano curarsi di ciò che li attraversa, perché concentrati solo su quell’attimo, rapiti da quel reciproco coinvolgimento, racchiusi in quel contatto che si atteggia con sfumature di purezza e specialità. Come a voler mordere la vita con le labbra schiuse ed esserne protagonisti assoluti. Padroni di quel tempo.
A questa fotografia seguono tutte le foto che hanno immortalato altri baci, ognuno diverso ma ognuno legato all’altro perché in scorrimento sulla stessa linea che va a segnare la medesima intensità che li accorpa, che li rende quasi rasente il sublime. Come a concepire l’amore come estrema forma di immortalità.
Anche per questo “Un bacio è qualcosa di più”, e anche per questo è stato necessario dedicargli una chart e quindi una musica perfettamente evocativa di una serie di situazioni in cui un bacio può profilarsi, magari dentro un Autunno dolciastro che a me personalmente emoziona tanto quanto il pensiero di un bacio.
Immedesimatevi nella musica che andrete ad ascoltare e lasciatevi condurre verso la strada tracciata dai baci vissuti,come ipotizzati, dai nostri Freak’s.
Buon ascolto
As time goes by – Frank Sinatra
Kiss me – Sixpence none the richer
Variations sur Marilou – Serge Gainsbourg
T’es Beau, Tu Sais – Edith Piaf
Kiss – Prince
Bang Bang – Nancy Sinatra
Closer – Travis
Time after time – Cindy Lauper
Hold me, thrill me, kiss me kill me – U2
Kissin Time – Blur/Marianne Faithfull