Magazine Cultura

The Gap di Michele Jaffe

Creato il 01 ottobre 2011 da Nasreen @SognandoLeggend

The Gap di Michele JaffeMichele Jaffe;

MICHELE  JAFFE è nata a Los Angeles ed è autrice della serie young adults Bad Kitty, di thriller e romanzi per adulti. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in Letterature Comparate presso Harvard, ha abbandonato il mondo accademico e ha deciso di dedicarsi alla scrittura. Attualmente vive a New York.

Sito dell’autrice: http://www.michelejaffe.com/

 

The Gap di Michele Jaffe
Titolo: The Gap (9788834717967)
Autore: Michele Jaffe
Serie: #
Edito da: Fanucci
Prezzo: 16,00 €
Genere: Thriller, Young Adult
Pagine: 364 p.
Voto:
The Gap di Michele Jaffe

The Gap di Michele Jaffe
The Gap di Michele Jaffe
The Gap di Michele Jaffe

Trama: Quando Jane si trasferisce nel New Jersey, la nuova scuola le sembra una meraviglia: fa subito amicizia con le due ragazze più in vista dell’istituto, Kate e Langley, entrambe ricchissime e bellissime. Il trio diventa inseparabile e il loro tempo trascorre senza preoccupazioni tra la scelta di un abito e i commenti sui ragazzi. Una notte, però, Jane viene scaraventata da un’auto in corsa e finisce, priva di sensi, in un cespuglio di rose. Quando si risveglia in ospedale, non ricorda nulla di quanto è accaduto e il suo corpo è completamente paralizzato; inoltre, riceve strani regali da un ammiratore, che rimane nell’ombra, e una serie di telefonate minacciose. Tutte le persone che le stanno attorno sono convinte che Jane abbia delle allucinazioni causate dai medicinali, ma un po’ alla volta lei riesce a mettere insieme i pezzi e a ricostruire la sera dell’incidente. 

Quello che scoprirà sarà lontano da ogni possibile verità e la trascinerà in un incubo che sembra non avere fine…

Recensione:

Immergermi nella lettura di The Gap mi ha fatto provare la sensazione di trovarmi davanti a uno schermo televisivo, concentrata sulla visione di un film americano, uno dei tanti che hanno per protagonisti adolescenti ricchi e superficiali che, per noia e per leggerezza, vanno incontro a situazioni spiacevoli. Sono loro stessi a crearle pur di dare un brivido nuovo a quella vita in cui tutto è dovuto.In questo genere di film, spesso adattato anche nella versione serie tv, ciò che conta non è solo la storia o gli eventi che si susseguono: protagonista è il dramma vissuto da ragazzini che hanno in tasca un mondo intero che non basta mai. Il dramma di chi non si accorge dell’affetto che può avere intorno, perché quell’affetto è dovuto, quindi dato per scontato.Il dramma di chi non sa cosa vuole e, per comprenderlo, pensa che sbarazzarsi (in senso fisico o metaforico) dell’amico che invece sembra avere tutto sia la strada giusta per ottenere ciò che manca.E allora ci sarà l’eliminazione “sociale”, ottenuta rendendo il soggetto disprezzato e disprezzabile dall’intera scuola; o peggio, l’eliminazione fisica: si rende il soggetto sicuro di sé, accogliendolo nell’élite sociale, e poi si sferra l’attacco decisivo. Questo tipo di storie mi ha sempre spaventata, perché nei vari gradi di scuole da me frequentate, dalle materne all’università, non mi è mai capitato di assistere a situazioni del genere, a regni delle Queen Bee di turno, circondate perennemente da un alveare di emulatrici. Mi spaventa il pensiero di aver corso il rischio di trovarmi in una dinamica del genere, se fossi nata in un altro continente.Ma così non è stato, perciò mi accontento di leggerlo e di viverlo, fortunatamente, da estranea spettatrice…Jane, la protagonista di The gap, si ritrova in un letto di ospedale, senza memoria di ciò che l’ha portata fin là.
Sa che è stata ritrovata in un cespuglio di rose, sa che è una fortuna il fatto di essere ancora viva, e sa che c’è qualcuno che vuole ucciderla e che la contatta lasciandole messaggi intimidatori. Purtroppo nessuno le crede, lei stessa stenta a credersi, in quanto i farmaci che sta assumendo possono creare allucinazioni. La ragazza cerca di ricostruire, da sola e con l’aiuto di una poliziotta, ciò che le è accaduto la sera dell’incidente.Era in compagnia delle due migliori amiche, le due “modattiere” che l’avevano accolta come terzo elemento del gruppo e l’avevano introdotta nel loro ambiente. Faceva parte, quindi, delle ragazze più in vista del liceo, aveva un bel ragazzo, aveva altri amici meno “in” che frequentava ai corsi di foto. Jane ha anche un passato a tratti misterioso: una vecchia migliore amica, nella città in cui viveva prima, che abbandona per poter frequentare l’élite della scuola; un padre scomparso, una madre che frequenta un uomo che al lettore risulta il più gentile e affabile di tutto il romanzo, e che alla ragazza provoca solo rabbia; una sorellina strana, che sembra vivere nel suo mondo…Poco alla volta a Jane tornano i ricordi, come flash, come fossero istantanee di precisi momenti. Foto che non sono legate temporalmente le une alle altre e di cui è difficile ricostruire la sequenza e, soprattutto, colmare i vuoti temporali esistenti tra uno scatto e l’altro. Quello che risulta da quelle immagini è che la vita di Jane non è così perfetta come lei credeva, e che ogni persona con cui lei ha avuto a che fare sembra nascondere qualcosa, forse anche una ragione per ucciderla. Il lettore resta inchiodato al letto d’ospedale con lei, frustrato perché non può urlare, non può muoversi, non può agire. Indignato perché nessuno crede alle sue parole, tutti convinti dall’alto della loro scienza che si tratti di semplici allucinazioni. Stanco perché non riesce a trovare il bandolo della matassa. Niente sarà come sembra, di pagina in pagina tutti potranno essere i colpevoli. Ogni pista sembra condannare ogni persona che ha avuto a che fare con Jane: ognuno di loro, anche il più vicino è abbastanza inquietante. La storia si legge davvero bene, in fondo è una delle caratteristiche dei thriller: creano uno stato d’ansia continua che porta il lettore a voler arrivare alla fine, per potersi alzare con un sospiro di sollievo da quel letto d’ospedale in cui è costretta Jane, o magari per restarci ancora qualche giorno, ma senza nessun terrore di essere assassinato. Più che l’aspetto ansiogeno, come dicevo all’inizio, ciò che in queste storie colpisce è l’analisi dei rapporti tra gli adolescenti che vivono in un ambiente ricco, altolocato e che sono abituati ad avere tutto. Ragazzi e ragazze per cui la popolarità è al primo posto, perché popolarità vuol dire potere. E chiunque attenti a quella posizione va cancellato. Ragazzi che non sanno cosa voglia dire amicizia, affetto, famiglia, amore; che vedono l’altro come uno strumento. Questo spaventa mille volte di più del mistero in cui è coinvolta la protagonista. Ringraziamo Michele Jaffe per averci saputo intrappolare in una situazione al limite del claustrofobico, e avercene tirati fuori con maestria. 



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :