“The Ghost of Yotsuya” (1957) è un classico del cinema horror giapponese per due motivi: anzitutto, racconta una delle storie di fantasmi più note di tutta la tradizione teatrale nipponica ed, in secondo luogo, per la sua influenza sul Japan horror.
A questi due elementi si deve aggiungere l’importanza di un regista come Nakagawa Nobuo, considerato il primo grande regista di pellicole horror del Giappone.
Inoltre, “The Ghost of Yotsuya” è quasi certamente il migliore dei tanti film tratti dal dramma kabuki “Yotsuya Kaidan” del 1825, come detto la più famosa storia di fantasmi giapponesi di tutti i tempi.
Il film di Nakagawa si presenta immediatamente come un’opera teatrale, che assimila alcuni elementi di tale tradizione e li trasforma in base alla propria e personale concezione di rappresentazione cinematografica.
Pellicola elegantemente feroce, dai cromatismi progressivamente saturi e opprimenti man mano che, nella storia, emerge la dimensione della follia, “The Ghost of Yotsuya” si pone come una pietra miliare del cinema dell’orrore, pur essendo tale solo nella seconda parte.
Le irreali atmosferiche quasi oniriche, le apparizioni spettrali accompagnate da un discordante sonoro, le luminose combinazioni cromatiche, un indimenticabile impatto visivo e soprattutto l’inserimento della dimensione psicologica (allora assente nel cinema horror), che tanto peso avrà nella nuova onda del Japan horror (post)moderno.
Inoltre, “The Ghost of Yotsuya” è uno dei primi film horror ad utilizzare il colore.
Tuttavia, nonostante tali indubbi elementi di novità, “The Ghost of Yotsuya” è profondamente legato a concetto tradizionale giapponese di orrore, identificato nella sua stretta connessione con le storie di fantasmi, sia pure in una forma reinterpretata: l’opera, infatti, riesce a far convivere un rigore formale ad una consapevole ricerca sperimentale.
Se i fantasmi del film di Nakagawa attingono alla classicità del Kabuki e raccontano di persone uccise la cui rabbia macera e diviene rancore fino a spingerli a vendicarsi sui colpevoli, i topoi della tradizione vengono però rielaborati con soluzioni estetiche di forte impatto visivo e narrativo, in cui vengono mostrati volti terrificanti e cadaveri in decomposizione, sviluppando la storia attraverso un senso di angoscia e tormento, senza che il sangue sia l’elemento fondante di una poetica dell’orrore.
La new wave nipponica del cinema horror attingerà a piene mani da “The Ghost of Yotsuya”.
Written by Alberto Rossignoli
Fonte
M. Lolletti – M. Pasini, “Storie di fantasmi. Il nuovo cinema horror orientale”, Foschi Editore, Forlì 2011