Magazine Cinema
di Wong Kar-wai
con Toni Leung, Zhang Ziyi
Cina, Hong Kong
Genere, biografico, drammatico
Durata, 130'
Il ritorno al cinema di Wong Kar-wai è sempre un evento. Salutato come uno dei numi tutelari della settima arte all'indomani de "In The Mood For Love" cinemelò considerato dagli esperti come una delle opere più belle mai apparse sugli schermi, Wong si è trovato da quel momento in poi a fare i conti con una fama che ne ha in parte condizionato l'ispirazione, imbrigliandolo in una serie di scelte lavorative a dir poco complicate tanto sul piano estetico ("2046" seguito irrisolto di "In the mood") che su quello produttivo, che lo hanno visto approdare addirittura in America con la direzione di "Un bacio romantico" (2007) passato alla storia più per l'esordio d'attrice della cantante Norah Jones che per la riuscita artistica. Si capisce quindi l'attesa per un film come "The Grandmaster" sul quale pesavano le aspettative dei molti cinefili, ansiosi di verificare le condizioni di "salute" del regista. Progetto a lungo pensato "The Grandmaster" giunge sugli schermi dopo quasi due anni di riprese e tre anni complessivi di lavorazione tormentata da dubbi e continui cambi di direzione conclusi con una sensibile riduzione del minutaggio originale (130' invece che le 4 ore del primo montaggio).
"The Grandmaster" è la biografia romanzata di Yip Man, (il bravissimo Toni Leung) noto maestro di arti marziali diventato famoso anche in occidente per essere stato il maestro di Bruce Lee. Nel raccontare i passaggi salienti della sua esistenza Wong ci porta nella Cina degli anni 30 quando Yip viene scelto per succedere a Gong Yutian, il venerabile maestro che aveva unito le scuole di nord e sud della Cina. Una successione contrastata da Gong Er, (la Zhang Ziyi di "Memorie di una Geisha"), la figlia di Yutian che però dopo un mirabile duello finisce per innamorarsi di Yip dando il via ad uno di quegli amori impossibili (Yip è felicemente sposato e padre di tre figli) che costituiscono uno dei temi forti di tutto il cinema del regista di Hong Kong. Una consapevolezza che porterà i due protagonisti ad attraversare separatamente la storia del proprio paese nel frattempo impegnato a confrontarsi con gli eventi della Storia:dall'invasione del nemico giapponese destinato a conquistare la parte nord della Cina, alla seconda guerra mondiale, fino alla grande rivoluzione maoista che avrebbe cambiato per sempre il volto della nazione.
A scanso di equivoci va detto fin da subito che "The Grandmaster" non è un film di Kung- Fu perchè Wong Kar-wai pur mettendo in scena le vite di coloro che ne furono grandi interpreti, e quindi contaminando il suo cinema con inserti dedicati all'esibizione di quella tecnica attraverso spettacolari combattimenti mantiene intatto il suo interesse per le cose dell'animo umano. Ed è proprio l'aspetto emotivo a farla da padrone, da una parte riversandosi sulla relazione mancata tra Yip e Gong Er e su un desiderio che si trasforma in ammirazione e rimpianto, dall'altro incarnardosi nella nostalgia malinconica del regista per un epoca di uomini e di valori leggendari, e per questo irripetibili. Quello che ne viene fuori è un film di atmosfere rarefatte e sospese, in cui la maestria del regista emerge come al solito nella capacità di attribuire al divenire del tempo i significati di un intimità altrimenti inesprimibile. Da qui il procedere per elissi e l'ampio uso di rallenti che uniti ad una fotografia dominata dal buio e dall'oscurità riescono a rendere visibili i recessi più nascosti dell'animo umano. Una maestria che però non salva Wong Kar wai dall'empasse artistico delle ultime opere che qui emerge dalla difficoltà di armonizzare la forma del suo cinema con i contenuti della storia di Yip Man, frammentata in una serie di momenti che faticano a stare insieme. Lacunoso in molti passaggi (forse per effetto del montaggio che ha tagliato scene di raccordo) fin troppo estetizzante nel modo di mettere in relazione i personaggi all'ambiente, "The Grandmaster" a fronte dei suoi molti sforzi non riesce però a raggiungere il pathos necessario a spezzare il cuore. E' inevitabile restare delusi così come continuare a rimpiangere il regista che fu.
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