Anno: 2013
Nazionalità: Cina
Genere: Biografico
Regia: Wong Kar Wai
E’ spettato al film The Grandmaster firmato da Wong Kar Wai il compito di introdurci nella 63esima edizione del Festival Internazionale di Berlino. Presidente della giuria della kermesse tedesca, Wong Kar Wai ha avuto l’onere e l’onore di aprire il sipario con la sua ultima fatica presentata nella sezione Fuori Concorso del festival. Di una vera fatica si è trattato se consideriamo i sei anni di pianificazione del film e i successivi tre di realizzazione, periodo in cui attori e regista hanno dovuto confrontarsi con l’arte del kung fu.
La storia ha inizio negli anni ’30 del secolo passato, quando il protagonista della storia, il Maestro di Wing Chun Ip Man (Tony Leung) di Foshan, vince l’imbattibile Maestro del Nord Gang Boation (Wang Qingxiang) conquistando la nomina di successore e ottenendo l’incarico di unificare gli stili di combattimento tra Nord e Sud. La sconfitta del padre è per Gong Er (Ziyi Zhang) – l’unica a conoscere lo stile letale delle 64 Mani – tanto inaccettabile da sfidare e battere il Maestro Ip Man. Mentre tra i due nasce un’intesa che va al di là della volontà di unificare e tramandare gli stili, scoppia la guerra civile e il Giappone invade la Cina, eventi che segneranno definitivamente le esistenze dei due Maestri. Gli accadimenti storici si intrecciano alle difficoltà personali dei due Maestri: se Gong Er deve vendicare la morte del padre, ucciso dal proprio discepolo Ma San (Zhang Jin) Maestro di Xingyi, reo di aver disonorato la loro famiglia vendendosi al nuovo governo giapponese, Ip Man deve elaborare il lutto delle due figlie e la lontananza dalla moglie.
Il ritratto di una nazione viene immortalato attraverso le imprese leggendarie di una delle figure chiave del mondo delle arti marziali. Nelle parole di Wong Kar Wai: “Bisognava dare un quadro storico per comprendere le difficoltà che Ip Man dovette affrontare. Tra chi pratica le arti marziali c’è l’importante nozione di passarsi la torcia, nessuno possiede ciò che ha imparato. Ricevere in eredità la saggezza dei padri significa avere la responsabilità di passarla, è questo il dovere di un Maestro”.
Lealtà, umiltà, onore sono i valori a cui un Maestro deve costantemente ispirarsi e Ip Man – diventato famoso perché guida di Bruce Lee – è la figura che meglio ha incarnato questi principi alla base di una filosofia di vita, non solo dell’arte del combattimento. Dopo aver vissuto sulla propria pelle i tempi duri portati dalla guerra, Ip Man ha aperto una scuola di Wing Chun a Hong Kong, famosa per essere stata frequentata da Bruce Lee e per aver diffuso in tutto il mondo l’arte del kung fu.
Con una coreografia targata Yuen Woo Ping (Matrix, La tigre e il Dragone, Kill Bill) ripresa in slow motion enfatizzando la leggerezza e l’eleganza dello stile nel combattimento che conosce solo due posizioni, orizzontale e verticale – disonore e gloria, e con la fotografia del francese Philippe Le Sourd, Wong Kar Wai ha concretizzato il perfetto connubio tra entertainment e poesia, ritraendo un uomo prima ancora di immortalarne le leggendarie gesta. Il suo sguardo malinconico è un affondo nel privato dilaniato da eventi storici di grande portata, in un universo – quello delle arti marziali – basato sul rispetto di valori sacri, in un amore sacrificato a una causa più grande. Creature in continuo movimento, alla costante ricerca della propria essenza e di un autentico posizionamento nel mondo, i personaggi di Wong Kar Wai sono illuminati dalla bellezza vivida di chi vive nella consapevolezza che ogni scelta implica coraggio, dignità e perdita.
Francesca Vantaggiato