The Great Gatsby

Creato il 20 maggio 2013 da Siboney2046 @siboney2046

Caro Baz,

mi permetto i darti del tu perché ormai ci conosciamo da tanti anni e tu, alla fine, sei stato il primo regista che ho amato, il primo a farmi battere il cuore per questa arte e a farmi appassionare al magico grande schermo. Hai creato un capolavoro come Romeo+Giulietta che ha segnato la mia adolescenza e tutta la mia visione dell’amore: ti devo molto, tu lo sai, io lo so, proprio per questo mi sento di dirti tutto quello che penso sul tuo The Great Gatsby che ho aspettato per così tanto tempo

Tu lo sai, non mi sono persa neanche uno dei tuoi lungometraggi, neanche Ballroom, che non è proprio il più celebre o il più distribuito, ma che ho visto due volte; delle visioni di Romeo+Giulietta e Moulin Rouge! ho perso il conto (e certo non sono ancora finite) ed persino quel mattonazzo di Australia l’ho visto e rivisto: conosco tutti i tuoi film, in ogni dettaglio, specialmente i capolavori, li ho sviscerati e li ho fatti miei più di chiunque altro, non serve che te lo dica, tu lo sai. E proprio perché so quello di cui sei capace avevo molte aspettative sulla tua trasposizione di Jay Gatsby, un mostro sacro della letteratura, uno degli ultimi eroi romantici (e non romantici perché parlano d’amore, ma per il loro intrinseco sturm und drang) che proprio per questa caratteristica amo dal profondo, perché è estremamente affine al mio sentire. Mi aspettavo qualcosa di grandioso, di indimenticabile, di epico… ed invece mi sono trovata di fronte ad un prodotto preconfezionato, ben incartato e distribuito, pronto ad essere fruito ai più, senza anima e senza originalità. Dalla prima sequenza ho sentito una punta di delusione che mi ha perseguitato in crescendo per tutta la proiezione, portandomi ad uno stato di apatica noia e di desiderio che gli eventi si evolvessero solo perché non ne potevo più di quella paccottiglia.

La realtà è che dopo la delusione di Australia, su cui riponevi tante speranze e che ha naufragato, hai cercato di conquistare il pubblico con un prodotto sicuro, con un nuovo Moulin Rouge! che ti aveva consacrato tra i grandi, ma sei scivolato nell’errore/orrore della replica, della fotocopia: non c’è semplicemente continuità di stile, c’è auto-emulazione, c’è il disperato tentativo di accaparrarti la benevolenza di pubblico e critica rispolverando il tuo pezzo forte. Come è possibile non pensare a Moulin Rouge! fin dal primo istante, quando si vede Nick Carraway improbabilmente rinchiuso in un istituto psichiatrico per alcolismo e disturbi di rabbia (Nick Carraway, seriously? Ma hai presente il personaggio?!) che racconta la sua disperazione al suo dottore per poi raccontare tutta la storia del mitico Gatsby: praticamente Christian che scrive il suo romanzo che racconta il grande amore per Satin dopo dopo il tragico epilogo. Sfacciatamente identico: stesso tema, stesso stile, stessa regia, stesse espressioni contrite che la prima volta sono eccezionali, ma la seconda puzzano di noia. E così la voce narrante di Nick accompagna la storia, proprio come accadeva con il talentuoso scrittore bohèmienne.

Ma  non mi ha urtato solo questo, tutto mi ha disgustato, ogni scena di eccesso senz’anima, ogni momento di festa, di luccicante e nauseabondo splendore, ogni sequenza di sfrenata opulenza, tutto irritante, nauseante, esagerato, ma non ‘esagerato’ alla Fitzgerald, anzi, alla Gatsby, tutto ‘esagerato’ per il gusto di stupire lo spettatore, non per fargli capire il senso di quella esagerazione, tutto per comprare a basso costo la stima di chi ha pagato il biglietto grazie a stupore, lustrini ed effetti speciali. L’eccesso è ridondante in ogni istante ed in ogni forma: per carità, musiche bellissime, tanto di cappello a Mr Jay-Z Carter (che non risparmia la marchetta alla sua signora Beyoncè) che ha messo insieme una colonna sonora di tutto rispetto, grazie alla probabile fila di big fuori dalla sua porta disposti a tutto pur di partecipare al film-evento del 2013. Eppure troppa musica; troppa musica anche per me che apprezzo i musical; troppa musica proprio perché un musical non è: un film, un bel film è fatto anche di silenzi, di istanti in cui lo spettatore può pensare a quello che vede e che non è stordito da rullate e motivetti: qui non c’è tempo per pensare, bisogna solo subire le vessazioni degli score e delle canzoni scritte ad hoc o rivisitate per l’occasione. Sicuramente ci sono cose che mi ho gradito, ma non sto qui a dirti le cose che ho apprezzato, perché tu sai cosa mi piace (bellissima l’idea dei fuochi d’artificio al primo party, diretti dal maestro d’orchestra con, mi pare, Rapsodia in blu in sottofondo, sai che sono cose che gradisco, ma come l’hai cacciata lì, in mezzo alla festa, senza dargli lo spazio che meritava, mi ha proprio deluso).

E vogliamo parlare di Daisy? Hai presente chi era Daisy nel film di Clayton? Ti dice niente Mia Farrow? Ti dice niente la sua eccelsa interpretazione della ragazzina viziata e milionaria della New York d’alto bordo? Ti dice niente la sua frivolezza, la sua incapacità di scegliere, la sua assenza di veri sentimenti? Ti dice niente questo spezzone?

E tu mi prendi Carey Mulligan?! Quella che nell’ascensore di Drive si mimetizzava con la tappezzeria? Quella che in Shame non si vede l’ora che la faccia finita pur di non vederla nella scena?! Quella che in Non lasciarmi non si capisce perché sopravviva?! Quella che ha una espressione per tutto, anche per il red carpet di Cannes?! Sì, io odio Daisy, trovo sia uno dei personaggi più insensibili della letteratura, che non sa cosa significhi amare, che è troppo concentrata sulla sua splendida vita e sulla squallida patina che la riveste e che lei accetta tacitamente e borghesemente, ma questa Daisy, quella che avete portato in scena tu e la tua amica Carey è peggio di quanto io possa sopportare. L’unico barlume di speranza è dato da Leonardo Di Caprio, che, grazie al cielo, sa come interpretare Gatsby e non mi ha fatto rimpiangere la gigantesca interpretazione di Robert Redford del 1974, che riesce a dare vita, con il suo inesauribile talento, ad un nuovo Jay Gatsby, più moderno e adatto ai canoni di oggi, ma che strizza l’occhio ai gentiluomini del passato, che emoziona sia quando rivede la prima volta Daisy o quando parla di lei con Nick, o quando scatena tutta la sua rabbia contro il fastidioso Tom Buchanan, anche lui magistralmente interpretato da Joel Edgerton (uno che sa fare il gretto nobiluomo della New York bene come uno dei Navy Seals di Zero Dark Thirty, per intenderci). Sì, io sono di parte, è vero, io amo Leonardo incondizionatamente, adoro ogni sua interpretazione, lo copro di allori ogni volta, ma non mi ha mai dato modo di non stimarlo, di non apprezzare la sua bravura e di biasimare lo scarso riconoscimento da parte delle persone che contano. Lui lo salvo, perché ha saputo dipingere a tratti ben definiti l’eterno amore di Gatsby per Daisy o meglio per la sua idea di Daisy, un’idea che, ahimè, non corrisponde alla realtà, ma che è la sua più grande speranza, l’unica, forse, insieme a quella luce verde. E poi non lamentarti: dovresti essere felice che salvo almeno qualcosa del tuo film!

E così credo di averti detto tutto, spero che tu capisca perché non mi è piaciuto affatto questo The Great Gatsby, questo tuo delirio autocitazionista senz’anima, questo prodotto commerciale che avrà conquistato senz’altro molti, ma che non ha affatto fatto innamorare me, tua amante folle da tempi immemorabili. Mi rendo conto che le nostre strade si stanno allontanando, come spesso accade per i grandi amori, che forse la mia sensibilità si sta facendo troppo lontana dalla tua, che sa di luccichio e fuochi d’artificio e ha poco o niente di intimo e sensibile. Chissà, forse un giorno ci ritroveremo, forse un giorno ritroverai la strada per il mio cuore, forse un giorno metterai da parte le colossali campagne mediatiche per tornare sui tuoi passi di bravo cineasta ed allora io forse dimenticherò il tuo circo, quello di questo Gatsby, che ha poco a che fare con quello uscito dalla penna di Fitzgerald.

Con amore,
Siboney2046

P.S.: Spero che tu sia consapevole del fatto che ora una gran parte della gente penserà che Gatsby è esistito davvero e che la sua biografia è stata scritta da un alcolista depresso di nome Nick Carraway!


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