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The Green Inferno di Eli Roth: la recensione

Creato il 25 ottobre 2015 da Ussy77 @xunpugnodifilm

BHJBVUMangiati vivi nell’olocausto cannibale di Roth, nel quale la denuncia sociale è meno incisiva

Nonostante sia un film non adatto a tutti per la violenza e le viscere in bella vista, The Green Inferno merita una visione. Può certamente dividere, tuttavia non si capisce realmente fino in fondo quanto sia disprezzabile o apprezzabile.

Un gruppo di universitari vuole cercare di salvare le tribù della foresta amazzonica. Il loro obiettivo è fermare le gru che stanno deforestando una vasta area. Una volta fermati i lavori tornano a casa, ma il loro aereo precipita e vengono catturati da una tribù cannibale.

The Green Inferno nasce nel 2013 ed entra di diritto nei film più attesi dagli spettatori in sala. Uno dei motivi è sicuramente la presenza di un regista come Eli Roth, che torna dietro la macchina da presa dopo 6 anni; altri motivi sono legati alla scelta da parte dell’autore horror di omaggiare il cannibal movie italiano degli anni settanta e Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato. Di conseguenza The Green Inferno ha suscitato negli anni curiosità, soprattutto dopo che il film, nello stesso anno della sua realizzazione, ha partecipato al Festival di Roma e ha diviso la critica in modo netto. C’è chi ha difeso l’operato di Roth utilizzando la scusa dell’omaggio al regista italiano (senza spingersi oltre), chi lo ha apprezzato davvero (nel suo misto di efferata violenza e grottesco umorismo) e chi lo ha detestato perché privo di una sceneggiatura decente. E dopo averlo “assaggiato” bisogna ammettere che tutte e tre i punti di vista del mare magnum critico sono condivisibili. Perché The Green Inferno lascia perplessi per la sua linearità narrativa (quasi scolastica) e per la reale mancanza di colpi di scena, tuttavia si fa apprezzare per la scelta di utilizzare degli effetti speciali rudimentali e per l’utilizzo di un umorismo talmente grottesco e trash, da far sgorgare non solo sangue nelle sale cinematografiche, ma anche copiose risate. Perché è abbastanza chiaro che alcuni comportamenti e risposte idiote sono poste ad hoc dal regista, quasi a voler far detestare fino alla chiusa finale (di derivazione demenziale) l’intero cast che ha partecipato alla riprese, a differenza della morigerata e spaesata Lorenza Izzo. E allora ecco che in un film sul cannibalismo c’è il saluto tra due amiche e quella che non parte dice all’altra: «mi raccomando torna tutta intera». Oppure la risposta «ma io sono vegana» nel momento in cui viene servito un pasto a base di carne dalla tribù amazzonica, senza dimenticare la folle corsa di un bambino indigeno con la gamba di un prigioniero in spalla. Tutte queste situazioni smorzano l’attesa, scandiscono i secondi che mancano al successivo smembramento, nel quale scorrono ettolitri di sangue e le mutilazioni si sprecano.

The Green Inferno trascina inevitabilmente all’interno di un turbine di insensata e folle estremizzazione della violenza, ma tutto ciò non provoca paura o terrore. Difatti la critica più forte e incisiva che si può muovere a Roth è che in The Green Inferno manchi la tensione e l’ansia, due elementi necessari, che si completano all’interno di un film horror. Insomma lo spettatore oltre a non doversi preoccupare più di tanto del cannibalismo (al più crea disgusto), non si aspetti nemmeno di saltare sulla poltrona o di rivivere incubi notturni. Infatti ciò che non accompagna la pellicola è quella sensazione di angoscia che abita nel genere horror e che fa serrare le dita sugli occhi per un scena di autentico terrore psicologico e visivo. Tutt’al più The Green Inferno toglierà l’appetito.

Debole nella sceneggiatura (non ci si aspetta molto da un film horror, tuttavia la banalità dello script è evidente e irritante) e nella costruzione della minaccia, The Green Inferno convince con la denuncia (?) nei confronti del fanatismo da social e dell’attivismo dietro uno schermo.Tutto ciò viene incarnato dal gruppo (stupido e tronfio) di ragazzi statunitensi, spaesati e convinti di poter cambiare il mondo “imbracciando” uno smartphone. Tuttavia il film di Roth continua a rimanere nel mezzo del guado e non si è in grado di dargli una definizione e una valutazione precisa. Perché la domanda che sovviene a fine visione è la seguente: divertente o disgustoso?

Uscita al cinema: 24 settembre 2015

Voto: **1/2


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