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The Hateful Eight

Creato il 13 febbraio 2016 da Wsf

Copertina

Per il suo ottavo film Quentin Tarantino sceglie le distese innevate e solitarie del Wyoming per narrare la storia degli odiosi otto.
Ambientata pochi anni dopo la fine della guerra di Secessione, il regista unisce il passato e il presente della storia americana, ponendo l’accento su una delle molte ferite aperte che ancora affliggono il paese, il razzismo. Parola strana questa per un territorio che è cresciuto e si è moltiplicato grazie al lavoro dei migranti e della comunità nera. Un popolo coloniale quanto colonizzatore che cresce e si sviluppa su linee di confine morali e etiche ancora oggi esistenti.
La potenza stilistica e eversiva del film è visibile già dall’overture, che mostra un Cristo di legno quasi completamente ricoperto di neve, simbolo e espressione dei numerosi peccati commessi dagli uomini nei confronti dei propri fratelli.
E’ su queste strade che appare il maggiore Marquis Warren, cacciatore di taglie e ex soldato dell’Unione, che dopo la morte del suo cavallo chiede di poter salire su quel cocchio cigolante per sfuggire all’imminente tempesta di neve. I passeggeri solitari presenti nella carrozza altri non sono che John Ruth “il boia”, famigerato bounty killer famoso per portare alla forca tutti suoi prigionieri e Daisy Domergue sua prigioniera.
Solo dopo un breve dialogo Ruth supera l’iniziale disagio e acconsente ad accompagnare il collega Marquis  alla riserva dove vive  Minnie, ultimo e unico spazio protetto prima dell’arrivo della tormenta.
La pellicola si suddivide nei classici e canonici capitoli, già presenti nella produzione tarantiniana, unita ad una serie di balzi temporali all’indietro che ricordano da vicino le Iene e Pulp fiction, con una visione estetico narrativa decisamente più asciutta.
In questo film infatti, i virtuosismi stilistici sono ridotti all’osso in favore di dialoghi al vetriolo e espressioni sospette. Un film dettagliato e ricchissimo che si divide in due grossi blocchi narrativi nelle quasi tre ore di spettacolo.
La struttura western della prima parte ci aiuta a conoscere la psicologia e il passato dei personaggi mutuando parte di se stessa da pellicole come: ll Grande Silenzio, Il buono, il brutto, il cattivo, La cosa, Un dollaro d’onore, un percorso visivo accompagnato dalle musiche mai invasive del maestro Ennio Morricone.

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THE HATEFUL EIGHT

(L-R) KURT RUSSELL, JENNIFER JASON LEIGH, and BRUCE DERN star in THE HATEFUL EIGHT. Photo: Andrew Cooper, SMPSP © 2015 The Weinstein Company. All Rights Reserved.

E’ la taverna di Minnie a diventare quindi,  uno spazio di resilienza dove si modifica dilatandosi la variabile tempo, dove affiorano in modo evidente le  diverse gradazioni e sfumature di male. Un intreccio narrativo questo che porta ogni personaggio ad intersecare la propria storia con il vicino sconosciuto in modo consapevolmente violento.

Una pellicola mutevole  che solo nella sua seconda parte trasforma la propria struttura narrativa  nel genere  giallo ricalcando i canoni classici dell’opera “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie.
Un lungometraggio questo che propone una riflessione acuta e libera sulla razionalità della giustizia, un diritto comune che spesso sfocia nel personalismo dell’odio e del caos. Un film corale  e dettagliato quello di Tarantino, che gioca sulle emozioni dell’uomo e sulle sue relazioni sociali, ridisegnando il concetto di comunità applicato allo Stato Nazione prima schiavista, poi libertaria e infine liberticida.

Un’America antica e modernissima in cui tutto si crea e nulla si distrugge. Un mondo dove”i bianchi sono al sicuro, solo quando i neri hanno paura”. Otto personaggi da amare o odiare a seconda del momento.

Un addio crepuscolare in cui tutti augurano la “Buonanotte a Mary Todd”.

Christian Humouda


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