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The Hateful Eight di Quentin Tarantino: la recensione

Creato il 03 febbraio 2016 da Ussy77 @xunpugnodifilm

50763Il western mascherato di Tarantino è un teatrale gioco a incastro

L’ottavo film di Quentin Tarantino è un noir, un thriller teatrale e un hard boiled estremamente simile a Le iene. Una pellicola che ostenta un’atmosfera western (il Wyoming innevato, la colonna sonora di Ennio Morricone, le diligenze, i cacciatori di taglie e i tagliagole), ma che non si può ascrivere a tale genere. Perché The Hateful Eight è un centrifugato di generi, un vorticoso e attendista gioco di dialoghi e sceneggiatura, nel quale il marchio di fabbrica tarantiniano è ben visibile.

Tarantino stupisce ancora una volta e, ritornando alle origini, costruisce un prodotto visivo di sicuro impatto. Prendendo ispirazione dalle serie televisive anni sessanta di genere western, The Hateful Eight oltrepassa il concetto di genere e si dimostra per ciò che è realmente: un centrifugato di genialità. L’incipit è semplice: una prigioniera e un cacciatore di taglie diretti a Red Rock incontrano sulla loro strada un ex soldato nordista, un futuro sceriffo e una tormenta di neve. Di conseguenza si fermano alla merceria di Minnie, laddove incontrano altri quattro personaggi con cui dovranno condividere la notte. Uno di loro non è chi dice di essere. Tarantino in questo modo pone le basi per uno stallo, un’attesa destinata a perdurare per più di novanta minuti, nei quali i dialoghi riempiono un tempo opportunamente dilatato. L’esasperazione di tale situazione è inevitabilmente pronta a esplodere in un turbinio di sangue, accuse e accordi mancati. Insomma il regista statunitense mette alla prova lo spettatore ed esibisce otto personaggi sul palcoscenico della dubbia morale, odiosi rappresentanti di una giovane nazione, che è appena uscita da una sanguinosa guerra civile.

The Hateful Eight accattiva e non disattende le aspettative. Perché il pubblico seduto in sala si aspetta l’azione da un momento all’altro, la miccia destinata a far collassare il cristallizzato microcosmo interno, mentre fuori dalla porta (opportunamente inchiodata) infuria una bufera di neve. Spesso nei film di Tarantino sono i dettagli gli elementi più importanti della vicenda rappresentata e The Hateful Eight non è l’eccezione che conferma la regola. Indizi, digressioni e ridondanza concettuale sono gli stilemi caratteristici di un western profondamente reinventato e a cui viene fatto “indossare”, per l’occasione, un vestito noir, contraddistinto dalle tinte fosche di un mistero inconfessabile e da un ritmo attendista e misurato.

Pellicola che non ha la minima intenzione di esibire un personaggio positivo, The Hateful Eight è un perfetto gioco di ruoli, un incastro funzionale nella sua semplicità e brutalità, nel quale la coralità interpretativa è un valore aggiunto. Difatti si susseguono sullo schermo, ognuno con la propria storia da raccontare, il cacciatore di taglie John Ruth, il maggiore nordista (e nigger tutto d’un pezzo, che nasconde diversi scheletri nell’armadio) Marquis Warren, la delinquente Daisy Domergue, l’eccentrico neo sceriffo Chris Mannix, il messicano Bob, il boia Oswaldo Mobray, il quieto Joe Gage e il generale sudista Sanford Smithers. Tutti sono egualmente importanti e debitamente delineati caratterialmente, cosicché il pubblico può farsi un’adeguata idea della surreale situazione in cui Tarantino li ha immessi.

Contraddistinto da un Robert Richardson, il direttore della fotografia, in stato di grazia e dalla colonna sonora di Ennio Morricone, che fa gridare al miracolo cinematografico, l’ottavo film del regista di Knoxville prende ampiamente spunto da Le iene, ma a differenza di tale pellicola, nella quale le digressioni erano maggiori e il ritmo decisamente più indiavolato, predilige una narrazione estremamente più lineare e un ritmo filmico maggiormente destinato alla lenta degustazione del momento. Disseminato di chicche per veri intenditori, nate in fase di scrittura (la “riappacificazione” tra due soldati di fronti opposti sulle note della natalizia Silent Night, oppure la risoluzione dell’arcano esposta come in uno di quei romanzi gialli di Agatha Christie), The Hateful Eight dimostra la maturità di un autore a tutto tondo, che dopo aver omaggiato, e rivisitato in chiave personale, generi e pellicole-simbolo, si è tuffato a capofitto in un’operazione di mash-up degna di visione e ammirazione. Un prodotto che appassiona e che si scopre, progressivamente, sempre più stratificato e complesso. Una vera rarità nel panorama cinematografico, che solamente Tarantino poteva regalarci.

Uscita al cinema: 4 febbraio 2016

Voto: ****1/2


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