Hunger_Games
The Hunger Games è uscito e sabato sera, distrutto dall’influenza, ho deciso di seguire i miei amici al cinema. Vediamo insieme se è la solita carneficina o se c’è qualcosa in più: buona lettura!
La premessa
Il film, ispirato da un libro, riprende la tradizione dei giochi “al massacro” che tanto piacevano ai nostri amici romani. Qui ci ritroviamo in un futuro iper tecnologico dove, ogni anno, 24 ragazzi (due per distretto) dai 12 ai 18 anni vanno al massacro per evitare guerre (!!). Ovviamente solo uno è il vincitore, tutti gli altri sono morti per l’anima della ceppa.
Il film
La scena si apre con questo villaggio avvolto nell’estrema povertà. Il tema ricorrente sono questi giochi crudeli e il problema dell’estrazione: più favori/cose si chiedono più il proprio nome viene inserito nell’urna (per cui aumentano le possibilità di essere scelti nella mischia).
La ragazza protagonista ha una sorella piccola che deve proteggere dopo la morte del padre e una madre che dà evidenti segni di instabilità emotiva.
Ovviamente viene scelta la sorellina e la protagonista, piena di qualità positive fino all’orlo, si schiera per la sreolla, essendo già abile cacciatrice.
La scelta viene accettata di buon grado dagli organizzatori ed inizia lo show: trucco, effetti speciali e cotillons per nascondere un massacro bello e buono, di violenza gratuita, svolto sotto gli occhi di milioni di persone.
Tra gli attori degni di nota riconosciamo un divertentissimo Stanley Tucci truccato da Fata Turchina, con una parrucca azzurra quantomai imbarazzante (ma in stile con i suoi conviviali) che intepreta il presentatore di questo crudele reality.
Il film, a questo punto, per non scadere nella banalità tipica del genere (vedi Mercenari e similari) mostra il lato psicologico: la ragazza che studia le mosse, il classico ragazzo strafottente che prima ammazza tutti come fossero caramelle, poi si pente e dice che è già morto dentro. Comoda così…
La pellicola, comunque, mette mano anche ad altri film del settore: la gestione degli eventi e la decisione di ostacoli/imprevisti ricorda molto da vicino The Truman Show (Peter Weir), con la differenza che qui i protagnositi sono tutti consapevoli, nessuno escluso.
La protagonista, icona positiva della storia, non può macchiarsi di sangue e sgozzare tutti nei primi 5 secondi (anche perché così facendo il film non durerebbe due ore e mezza): inventa stratagemmi da guerriglia urbana per evitare “uccisioni volontarie”. I creatori del gioco non sono contenti e le metteranno i bastoni fra le ruote, fomentando la storia d’asmore nascente tra lei e il compagno del suo distretto.
Tecnica e dintorni
La fotografia è veramente molto bella, le riprese hanno un loro perché e raccontano il clima di paura e tensione meglio di mille parole. La protagonista viene idolatrata come l’eroina della storia, rendendola poco umana ma ci può stare. I “burattinai” che tirano i fili dovrebbero imparare, da questa storia, la loro stupidità nell’organizzare un evento simile ogni anno. Considerando l’uomo in generale è fin troppo facile dimenticare e ritornare sugli stessi errori, accecati dalla sete di avidità e successo che pervade le figure du controno della storia. Curatissima e molto divertente la barba del direttore dei giochi.
Merita il prezzo del biglietto, un bel monito per riflettere meglio sulla stupidità della guerra e sull’ingordigia dell’animo umano.
Voto: 8
Marco