Reykjavik è un posto inospitale. A cominciare dal tempo, ovviamente:appena usciti di casa mi pento di aver ceduto alla lusinga dei jeans invece dei rischiosi pantaloncini, ma bastano pochi passi all’ombra per farmi infilare il maglione, ed al primo colpo di vento reclamo disperato la giacca a vento. Reykyavik è un posto inospitale, a giudicare dai prezzi, assurdamente elevati per qualsiasi cosa di cui cerchi di calcolare il cambio Corone – euro. Rejkyavik è un posto inospitale, perché il cambio corona – euro è impossibile da fare a mente . Reykyavik è un posto inospitale, perché il suo piatto tipico è un boccone di squalo putrefatto per sei mesi sotto terra dal sapore talmente rivoltante che l’unico modo di ingerirlo è di accompagbarlo ad un bicchiere di brennvin, tipico liquore al sapore di morte.
Reikjavik è un posto inospitale, perché girando tutto il giorno approfittando del sole ancora alto non ci accorgiamo che sono già le dieci (le dieci !).
Reykjavik è un posto inospitale perché l’ho scritto dieci volte, in dieci modi diversi, e senza mai riuscire a scriverlo giusto.