Magazine Cinema
di Morten Tyldum (Usa, 2014)
con Benedict Cumberbatch, Keira Knightley, Matthew Good, Charles Dance, Mark Strong
durata: 113 min.
★★☆☆☆
The Imitation Game è uno di quei film che sembrano fatti apposta per piacere all'Academy, con tutti i pregi (pochi) e i difetti (molti) del caso: la storia di Alan Turing, matematico inglese che riuscì a costruire una macchina in grado di decifrare i messaggi in codice usati dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, sembra proprio perfetta per raccogliere messe di nominations ai prossimi Oscar.
E' infatti un classico one-man-movie cucito addosso a un attore bravissimo (Benedict Cumberbatch), che interpreta un personaggio bizzarro, eroe di guerra suo malgrado, geniale e allo stesso tempo debole e tormentato, perfino ingenuo, il cui contributo alla salvezza di milioni di persone fu svelato al mondo solo dopo cinquant'anni dalla sua morte, avvenuta (forse) per suicidio... insomma, una vicenda davvero tipicamente 'americana', nonostante i protagonisti fossero tutti alle dipendenze di Sua Maestà Britannica...
Peccato però che, come sempre accade in questi prodotti 'preconfezionati' da Oscar, al posto di quello che avrebbe potuto essere un film 'scomodo' e politicamente (s)corretto, ci si debba accontentare di una pellicola convenzionale e patinata, assolutamente manieristica, dove tutti i (finti) colpi di scena sono 'telefonati' e prevedibili, in funzione delle consuete didascalie finali che obbligano lo spettatore a commuoversi a comando. Un film che non regala nessuna sorpresa, dalla regìa volutamente 'invisibile' che si pone tutta al servizio del protagonista facendo tabula rasa di chi gli sta intorno.
Intendiamoci, lo ripeto, Benedict Cumberbatch è davvero bravo e convincente nell'impersonare un uomo disturbato e pieno di problemi, la cui intelligenza (enorme) era direttamente proporzionale alle sue capacità (minime) di relazionarsi con gli altri. La mente corre, inevitabilmente, a A beautiful mind di Ron Howard, il problema però è che il film del norvegese Morten Tyldum non possiede la stessa solidità e struttura narrativa del suo alter-ego americano: in The Imitation Game, infatti, al confronto col protagonista tutti gli altri personaggi 'spariscono', non tanto per loro demeriti quanto perchè banalizzati da una sceneggiatura che non li prende minimamente in considerazione o quasi: di Keira Knightley vorremmo dire tutto il bene possibile (ed è risaputo che il sottoscritto è, da sempre, platonicamente innamorato di questa splendida trentenne) ma il suo contributo in questa pellicola è poco più che 'ornamentale', così come quello degli altri interpreti (e mi chiedo come sia possibile, davvero, che la bella Keira abbia strappato una nomination ai Golden Globes e una, probabile, agli Oscar per questo ruolo. Mah.)
The Imitation Game è l'emblema del 'vorrei ma non posso', un coltello che non affonda mai nella carne viva. E dire che spunti d'interesse ce n'erano eccome, a partire dall'omosessualità di Turing (all'epoca illegale e perseguita con la forza, tanto - sembrerebbe - da indurre il matematico al suicidio), alle sue importanti scoperte scientifiche (la 'macchina' di Turing avrebbe poi fatto da modello per lo sviluppo dei moderni computer), fino al rapporto sempre difficile tra politica, opportunismo e ragion di stato, e i continui compromessi (anche terribili) che la guerra impone a chi la combatte. Ma è vano cercare traccia di tutto ciò in un film rassicurante e impersonale, che probabilmente porterà a casa qualche statuetta ma che non resterà un minuto di più nella nostra testa una volta usciti dalla sala cinematografica.
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