Rieccomi qui, alle prese con un altro film ispirato alla biografia di un altro importante scienziato. Dopo Stephen Hawking, la cui vita è stata ben narrata da La teoria del tutto, è stata la volta di Alan Turing, protagonista di un altro film da Oscar: The imitation game.
Alan Turing non lo conoscevo minimamente, a parte che per aver sentito dire che fosse un padre dell'informatica, di certo non conoscevo minimamente il suo lavoro durante la seconda guerra mondiale.
Non credevo di trovarmi di fronte a un film, tutto sommato, anche un po' storico, ne sono rimasta sorpresa, perché i film anche un po' storici sono i miei preferiti, si sa.
Sono sempre particolarmente felice quando mi trovo davanti a un cinema che fa conoscere persone che in realtà abbiamo dimenticato, persone che, spesso ingiustamente, scompaiono dai libri di storia nonostante la storia l'abbiano fatta.
Chi l'avrebbe mai detto che fu grazie ad Alan Turing che gli Alleati sconfissero Hitler? Io non ne avevo idea.
Turing era un matematico, fissato con i giochi, con i cruciverba e con la costruzione di macchine che potessero quasi pensare in maniera differente rispetto agli uomini. Era un crittografo, amava decifrare codici. Non era uno qualunque: Alan Turing era molto bravo in quello che faceva, per questo fu chiamato dal governo inglese per far parte di un team di menti brillanti in grado, forse, di decodificare i messaggi criptati nazisti. Peccato che lui non fosse proprio un amante del lavoro di squadra, la sua genialità era direttamente proporzionale all'egocentrismo e alla presunzione. Era uno di quei secchioni straconvinti di sé, uno che non aveva il benché minimo bisogno degli altri, uno che bastava da solo per risolvere tutti i quesiti più difficili.
Sì, insomma, Turing era molto antipatico, ma aveva idee folli e visionarie in grado davvero di funzionare. Per fortuna, nonostante la scarsa fiducia che lui nutriva negli altri, gli altri hanno capito che ciò che quel pazzo stava cercando di fare era una buona idea. Se quella macchina avesse davvero funzionato, gli Alleati avrebbero avuto una possibilità concreta per fermare l'avanzata del nazifascismo.
Del film ho apprezzato soprattutto l'aver riportato a galla una storia dimenticata. Ora so che Turing fu molto più di un padre dell'informatica. Ora so che non devo solo essergli grata per aver creato gli antenati dei computer, ma anche per aver fatto sì che potessimo vivere in un'Europa, almeno in apparenza, democratica. I titoli di coda del film dicono che grazie a Cristopher (così si chiamava la macchina di Alan in grado di decifrare Enigma) la seconda guerra mondiale si è accorciata di almeno due anni, concretamente pare che l'intervento di Turing e del suo team abbia salvato 14 milioni di persone.
Come dovrebbe essere trattato da un governo un uomo che, col suo lavoro, ha salvato 14 milioni di vite, un uomo che ha fatto sì che Hitler non fosse invincibile, un uomo che ha fatto finire la seconda guerra mondiale?
Il governo inglese dimenticò in fretta chi era stato, segretamente, Alan Turing. Dimenticò il codice Enigma, quella macchina ingegnosa e incredibilmente salvifica, dimenticò il suo impegno e la sua abnegazione, dimenticò tutto e tenne con sé solo un aspetto della vita del matematico quasi eroe di guerra: la sua omosessualità. Negli anni Cinquanta essere omosessuali in Gran Bretagna era ancora considerato un reato, Turing fu condannato alla castrazione chimica, un processo doloroso e ignobile che lo annientò completamente sia nella mente che nel fisico. Turing, che avrebbe meritato un sincero ringraziamento da parte di tutto il mondo, si suicidò in solitudine soltanto qualche anno dopo la fine della guerra, senza che nessuno sapesse, ancora per molti e molti anni, chi era e che cosa aveva realizzato.
Se The imitation game ha un difetto è quello di aver lasciato a margine la vita privata di Turing. È stato dato più spazio alla finta storia d'amore con l'amica Joan Clarke che alla sua omosessualità. Forse lo stesso Turing non era un uomo molto dedito alla vita sociale, può darsi (non ne ho idea) che la sua vita privata, dopo la morte dell'amico-amore Cristopher, sia stata piatta, può darsi che non ci sarebbe stato poi molto da raccontare, visto il disagio palese, la tristezza, il dolore che hanno caratterizzato tutta la sua esistenza. Quanti pochi sorrisi ci sono stati nel corso del film? Credo che contarli sarebbe semplice.
Era un uomo solo , l'uomo che ha contribuito a salvare il mondo.
Era un uomo intelligente e schivo: imbranato con le persone quanto era abile con i rompicapo.
Era omosessuale e per questo è morto. Chissà quanti altri come lui hanno fatto la stessa orribile fine, altri uomini che la storia non ha motivo di ricordare, uomini su cui non si scriveranno biografie, su cui non si gireranno film. Uomini morti per amore, per mancanza di libertà, per leggi ingiuste inventate per difendere una normalità imposta.
The imitation game lo ricorderò. Lo ricorderò perché mi ha dato una nuova chiave per leggere la seconda guerra mondiale. Lo ricorderò perché mi ha frantumata con tutto quel dolore interiore mai urlato, ma sempre vissuto. Lo ricorderò, e lo consiglierò, perché Alan Turing dobbiamo tutti quanti conoscerlo per capire un po' di più quanto siano state cattive le ingiustizie, quanto lo siano ancora, quanta paura faccia la diversità, quanta sofferenza provochi in chi, quella diversità, la sente appiccicata addosso.
Questo tema dell'accettazione del proprio io, con tutte quelle sfaccettature che sembrano strane, agli altri o a noi stessi, è stato anche al centro del discorso di Graham Moore, quando ha ritirato l'Oscar per la Miglior sceneggiatura non originale. Ha detto questo: "Ho cercato di suicidarmi a 16 anni, perché mi sentivo strano, diverso. Ora sono qui davanti a voi e vorrei dedicare questo momento a tutti quei ragazzi che si sentono strani, differenti, che si sentono buoni a nulla. Ebbene ce la farete. Siate strani, siate diversi e quando sarà il vostro turno qui, su questo palco, per favore lasciate questo messaggio a chi verrà dopo di voi". Questo è un po' tutto il messaggio del film credo, o almeno quello che a me piace pensare. Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare.
Concludo con una delle ultime battute del film, parole che Joan rivolge a un Alan già a pezzi ormai.
"Un uomo normale non ce l'avrebbe fatta. Questa mattina il treno è passato da una città che non esisterebbe se non fosse per te. Ho comprato il biglietto da un uomo che sarebbe morto se non fosse per te. Al lavoro mi documento su tante, tante ricerche scientifiche che esistono soltanto perché ci sei tu. E anche se tu avresti preferito essere normale, io sono felice che tu non lo sia. Il mondo è un posto infinitamente migliore perché tu non sei normale."