Anno: 2012
Durata: 114′
Nazionalità: USA, Spagna
Genere: Drammatico
Regia: J. A. Bayona
Distribuzione: Eagle Pictures
Uscita: 31/01/2013
Uno sforzo di ricostruzione colossale ha permesso di riprodurre con grande forza emotiva le scene di devastazione dello tsunami che nel 2004 ha devastato l’intera costa sudorientale dell’Asia, uccidendo oltre 300.000 persone. In questo scenario apocalittico viene raccontata la vera storia di una famiglia spagnola (che ha collaborato alla stesura del soggetto) dispersa dalla furia delle acque ma che riesce, infine, a ricongiungersi e a mettersi in salvo. La disperata ricerca che intraprendono tutti i componenti della famiglia è l’occasione per verificare la tempra di cui sono fatti ed anche per comprendere quali forze risiedano nel fondo dell’animo umano. Sul loro cammino incontreranno gesti d’altruismo e di egoismo ma a prevalere sarà una visione positiva in cui la collaborazione e il reciproco aiuto restano gli atteggiamenti dominanti. Il regista, alla suo secondo lungometraggio, porta l’esperienza maturata nel cinema horror, con The Orphanage (2007), per accrescere l’enfasi delle drammatiche scene in cui è protagonista la furia devastatrice delle acque e per mantenere alto un ritmo di suspance anche quando l’azione cede spazio all’indagine sulle emozioni. Determinante anche il contributo di Naomi Watts che, dismessi i panni di icona sexy, dà una credibile interpretazione di madre in bilico tra la vita e la morte e si conquista una nomination all’Oscar come miglior attrice protagonista. Ma la visione del film, oltre a testimoniare i valori di solidarietà che la borghesia occidentale riserva ai momenti più tragici, offre, seppur per ellissi, l’opportunità di riflettere sull’autoreferenzialità della nostra società. Sono le stesse parole dello scenografo (già premio Oscar) Eugenio Caballero a rivelare la questione, quando afferma di essere restato scosso dalle reazioni di sconcerto degli abitanti del luogo che vedevano la ricostruzione dell’evento a favore delle riprese cinematografiche. Non è difficile immaginare che in quei paesi poveri colpiti dall’inondazione saranno in moltissimi ancora a scontare le conseguenze di quell’evento senza poter godere di decenti risarcimenti e nel frattempo l’occidente, sotto la forma e lo strumento del suo cinema, ritorna sui luoghi di quelle sofferenze, investe una una fortuna (così è per quei paesi) per rivivere fittiziamente il momento della distruzione e utilizza come comparse gli stessi che hanno realmente visto morire i propri cari in quella sciagura. Non si può concretamente addebitare al cinema e ad un solo film delle responsabilità che sono evidentemente altrove. Ma indirettamente e in modo totalmente off screen il cinema restituisce il senso di questa colossale ingiustizia, almeno per chi ha occhi e volontà per vedere anche quello che le immagini non raccontano.
Pasquale D’Aiello