di Juan Antonio Bayona
Lo Imposible
con Naomi Watts, Ewan McGregor, Tom Holland
114' ESP 2012
Va in scena l'epocale catastrofe da trecentomila vittime - fra morti e dispersi - causata dal portentoso tsunami che qualche anno fa sconvolse le coste dell'Oceano Indiano. Viene ricostruita la storia di una di quelle numerose famiglie che
in vacanza in quel paradiso terrestre di colori, suoni e profumi e dalla rigogliosa flora e fauna marina e terrestre, vennero risucchiate (letteralmente) in un film da incubo magnificamente prodotto dalla Natura, ritrovandosi all’improvviso in un inferno d’acqua e fango. Come già accaduto per le Twin Towers di Manhattan (è proprio dall’11 settembre 2001 che la Realtà ha superato il Cinema nel loro rincorrersi) anche davanti alle immagini degli effetti dello tsunami del 2004 riportate da tutti i media del mondo, ci sembrava di stare davanti ad un film. E’ dura per un film, ora, essere qualcosa di più emotivamente travolgente di quelle immagini, perché la potenza della natura, in questo caso, e la sua capacità di realizzare impassibilmente l’imponderabile e di sconvolgere serenamente gli umani destini, fa impallidire i più sconvolgenti effetti speciali e straccia la fantasia e umilia i mezzi di sceneggiatori e produttori dell’industria del cinema.
Tecnicamente perfetto e completamente efficace nell’ingente investimento di risorse per ricreare realisticamente l’onda, nella sontuosa spettacolare adrenalinica ed ansiogena sequenza della sua potenza d’urto e successiva devastazione, il film patisce quindi il confronto, a livello emozionale, con le immagini “vere” del dramma “vero” che all’indomani del 26 dicembre 2004 ci hanno impattato emotivamente più di qualsiasi film.
Perché sono stati i filmati recuperati dai cellulari e dalle videocamere amatoriali che riportavano la tragedia nel suo prendere forma, e le ridondanti riprese televisive subito dopo, ad averci battezzati di quella suggestione profonda data dall’imperfezione delle riprese a causa del terrore e del pathos del momento che si esprime nell’immagine tremolante, e ad averci marchiati a fuoco di quella potenza drammatica data dall’incompletezza di quelle immagini, che si interrompevano appena prima della fatalità, e che non facevano che stimolare l’immaginazione di chi guardava, inevitabilmente con l’effetto di completare la scena mettendoci le proprie peggiori ancestrali paure.
Il film di Juan Antonio Bayona è dominato da una fotografia pulitissima, anche nei momenti più sporchi e, a parte la messa in scena fin troppo perfetta delle scene di azione, il suo merito è forse quello di essere riuscito a restituire, brevemente, dal 93’ al 95’, ciò che le immagini originali e i racconti dei superstiti non potevano fare, ovvero quello che è successo sotto l’onda. Forse quel qualcosa in più per staccarsi dal confronto impietoso con la realtà.
Il resto del film è affidato alla bravura degli attori e, purtroppo, a qualche melenso commento musicale a sottolineare alcuni passaggi scontati, nel tentativo di dare loro più forza emotiva.
La sequenza dal minuto 93 al minuto 95 è di grande bellezza e quasi poetica nella sua violenza, nell’alternarsi vorticoso di luce e buio e nella sospensione dei corpi dentro l’acqua, in un parallelo tra mondi sommersi di diversa natura, uno fisico e rumoroso e l’altro dell'inconscio, profondamente silenzioso. Sequenza che da sola vale la visione del film.
Magazine Cinema
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