Ispirato a una storia realmente accaduta, The Informant! è una sorta di versione parodica del più classico degli spy-movie. Mark Withacre (Matt Damon) è un goffo ma preparato manager della ADM, una grossa multinazionale dell’industria agroalimentare. Una serie di attività illegali in cui è coinvolta l’azienda dove lavora
lo spingono a divenire un informatore segreto dell’FBI, nel tentativo di avere la certezza di uscire pulito da questa scomoda situazione. La verità però, come spesso accade, è ben più complessa di quello che inizialmente può sembrare.Il quarantaseienne cineasta di Atlanta fortunatamente decide di abbandonare le ambizioni che spesso in passato lo hanno portato ad insuccessi anche clamorosi (oltre ai due film sull’ultimo anno di vita di Che Guevara, si pensi a prove incolori come quelle di Solaris, Full Frontal o Intrigo a Berlino). Anche se non si può certo dire che questo suo nuovo film sia un lavoro convincente. A suo modo stravagante, pur potendo contare su momenti molto divertenti e su un buon Matt Damon nei panni di un personaggio molto distante dai suoi soliti, The Informant! alla lunga cala abbastanza evidentemente di ritmo a causa di alcune ridondanze di troppo e di una consistente parte centrale statica e poco interessante.Ormai sembra un dato di fatto: Steven Soderbergh si trova da anni in una considerevole crisi creativa. Se infatti si esclude il bel Bubble del 2005, i suoi migliori film del dopo Traffic sono Ocean’s Eleven e Ocean’s Thirteen. Niente di più che onesti, divertiti e divertenti, prodotti mainstream. E pensare che nel lontano 1989 con il suo sorprendente esordio di Sesso, bugie e videotape, vincitore della Palma d’Oro a Cannes nell’anno in cui a presiedere la giuria c’era Wim Wenders, diede un grande impulso alla nascita dell’ultima new wave di grandi cineasti statunitensi (i due Anderson, Tarantino, Solondz, Payne).Articolo precedentemente pubblicato su moviesushi, in occasione della proiezione alla 66a edizione del festival di Venezia.Magazine Cinema
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