Magazine Cultura
Lo Yankee Pedlar Hotel sta per chiudere definitivamente i battenti dopo anni di onorato servizio. Nelle ultime settimane di apertura sono rimasti a condurlo la ventenne asmatica Claire e il solitario e più maturo Luke, appassionato di case infestate da fantasmi, e che per questa ragione ha fondato un sito web apposito con filmati e foto, ma perennemente "under construction". Più si avvicinano i giorni della chiusura definitiva dell'hotel, arrivano nuovi strani clienti, in particolare l'ex-attrice Leanne Rease-Jones, e un attempato signore che a tutti i costi vuole risiedere nella stanza 353. Misteriosi e cupi avvenimenti cominciano ad accadere.
"The Innkeepers", ultima opera di Ti West, è un oggetto evocativo-perturbante raffinato, suntuoso, a tratti autoreferenzialmente freddo in modo addirittura disturbante per un certo tipo di pubblico, magari abituato alle solite sceneggiate splatteriformi che Hollywood sforna da mane a sera. A partire dai titoli di testa, con quelle lettere che si decompongono e scivolano via sulla dissolvenza dei nomi in scorrimento, cullati dalla elegantissima, incisiva colonna sonora di Jeff Grace, il film si staglia subito, davanti ai nostri occhi, come un monumento di bellezza non usuale. Ti West si prende tutto il tempo e tutto lo spazio per dire e fare cinematograficamente ciò che desidera: lunghissimi, quasi bergmaniani dialoghi tra i due principali protagonisti; movimenti di macchina lenti, felpati, lontani sideralmente da qualsiasi frenesia adrenalinica di sorta; effetti speciali dosati in quantità omeopatica, cum grano salis; interazione tra i vari personaggi quasi teatrale, e ingresso di nuovi personaggi all'interno di una sceneggiatura pacata, fluidissima, un velluto narrativo che si srotola piano piano, anzi pianissimo. Questo è almeno ciò che cogliamo nella prima lunga ora di pellicola, nella quale, potremmo dire, banalizzando, che nel film "non succede niente". Ma Ti West non vuole "far succedere", vuole raccontare, e perchè ci sia racconto, occorre si crei il vuoto dell'ascolto. Non si può raccontare, sembra dirci il regista di Wilmington, in un "tutto pieno", in un rumereggiare di effetti pseudo-perturbanti che servono solo come fuoco d'artificio che poi si spegne e scompare dalle nostre retine. Il raccontare implica un ritrarsi del "pieno", implica appunto un vuoto di tipo zen, nel quale tutto si deve fare silenzioso, perchè poi si senta, si intuisca la presenza, la vera voce del fantasma. Perchè di fantasmi stiamo appunto raccontando, in particolare di quello della defunta Madeline O'Malley, suicida per amore, e il cui cadavere è stato successivamente nascosto in cantina, almeno cent'anni prima dei fatti narrati nel film. Ti West è un regista molto giovane, ha 32 anni, ma in questo film evidenzia un talento, una sapienza visiva, una profondità di riflessione sul genere perturbante, che peraltro aveva già abbondantemente estrinsecato in "The House of the Devil", del 2009, da lasciare increduli. Ma è proprio l'uso del "vuoto", quasi come concetto filosofico sotteso a tutta l'architettura di "Innkeepers", che mi ha fatto maggiormente pensare. Agli occhi di uno psicoanalista come il sottoscritto, questo film appare per esempio come molto "psicoanalitico", proprio per l'uso che fa dell'"assenza", dello "scarto", dell'evocazione, a partire da un genere che, antiteticamente, oggigiorno, sembrerebbe volgere lo sguardo verso il sensazionalistico, il concreto, il corporeo, cioè verso il collasso del simbolico, per stupire, ammaliare, sedurre. In "Innkeepers" è invece presente il pensiero, il segno, il rimando-ad-altro, cioè è un film che sembra di per sè un'interpretazione psicoanalitica, più che un contenuto da interpretare. Non è un sogno, sul quale si può dir qualcosa, è invece l'interpretazione del sogno stesso, in questo suo incedere narrativo-filmico che rimanda ad altro, senza mai mostrarlo appieno, e permanendo sempre in una sospensione di senso che apre all'ignoto del senso che verrà. Per questo sto parlando di film "psicoanalitico", perchè in fondo la tecnica psicoanalitica è proprio questo suo "levare" e non "aggiungere", perchè l'ignoto possa avere la possibilità di mostrarsi. Ti West infatti "toglie", crea spazi, allunga i campi, i tempi, svuota l'immagine da emozioni superflue, iperboliche. Pensiamo ad esempio alla scelta della pallida biondina Sara Paxton: geniale scelta che va nel senso sin qui definito. Una protagonista femminile lontanissima dagli stereotipi hollywoodiani del corpo femminile narcisistico, seduttivo, bulimico, tutto curve e rimandi erotici. La Paxton sembra una volontaria della croce rossa che passava di lì per caso, quando West faceva il casting. E Pat Healy ha quell'aria da vicino di casa qualsiasi, oppure da vecchio cugino di famiglia tranquillone e nullafacente, ma felice del suo stato di inazione permanente. Entrambi interagiscono in modo sublime, accentuando il contrasto tra il loro liquido presente, e il denso passato condensato nel volto scuro e vuoto di Madeline O'Malley, le cui rare comparse, specificamente nella seconda parte del film, possiedono l'impronta del "fantasma", ma nel senso psicologico del termine, cioè nel senso del "fantasma perturbante inconscio", il "passato" che si fa "presente" (se creiamo prima uno spazio di ascolto e di visione perchè esso si appalesi). A Ti West, cioè, interessa l'anima delle cose, non il deserto inanimato dell'intrattenimento superficiale e fine a se stesso. Dà grande prova di questo suo interesse esplorativo dell'inconscio filmico umano, e spero vivamente che questa sua ricerca estetica proceda e determini nuove mappe orientative in futuro. Un futuro che, per noi e per lui, gli auguro lungo, lunghissimo. Noi lo seguiremo sempre con entusiasmo e soprattutto con quella curiosità viva e aperta che possiamo vedere negli occhi dei bambini, quando giocano, avvolti in una dimensione in cui si irradia una vera conoscenza emotiva del mondo che li circonda. Ti West sa ritrovare questa dimensione di verità emotivo-estetico-simbolica nell'arte cinematografica cui si dedica. E di questo, grandemente, gli siamo grati. Regia: Ti West Soggetto e Sceneggiatura: Ti West Fotografia: Eliot Rockett Montaggio: Ti West Musiche: Jeff Grace Cast: Sara Paxton, Pat Healy, Kelly McGillis, George Riddle, Lena Dunham Nazione: USA Produzione: Dark Sky Films, Glass Eye Pix (distribuzione: Magnet) Durata: 100 min.
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