Magazine Cultura
Ero piuttosto indeciso se recensire questo film, recentemente premiato all'Indie Festival di Columbus, ma tutti voi sapete che la mia curiosità cinefila nei confronti del cinema indie horror statunitense è difficile da tenere a bada. Quindi ho deciso comunque di segnalarlo, semplicemente per avvertire i miei lettori di starne molto alla larga, dal momento che si tratta di una vera e propria fregatura sulla quale tuttavia è il caso di spendere qualche parola (magari anche per dire due cose sull'Indie americano contemporaneo, giustappunto). La fregatura parte immediatamente dalla locandina, che ci evoca climi da James Wan. Il sottobosco evocativo si allunga poi fino a "The Cabin in the wood", "La casa" e altro ancora. Tale evocazione è al contrario spenta ed eliminata del tutto, non appena il nostro sguardo è accolto in questo film dai colori esangui di una fotografia (dello stesso Jeremy Berg che si occupa pure della regia e dello script, accollandosi coraggiosamente tutte le responsabilità di un tracollo complessivo preannunciato già dalle prime sequenze). Dedicarsi all'Indie è una buona cosa: è utile a sperimentare la propria creatività all'inizio della propria carriera, quando si hanno pochissimi soldi da investire. Ma bisogna avercelo un briciolo di creatività, di materiale estetico da mettere dentro uno script che poi va fatto girare attraverso un uso accorto della cinepresa. Jeremy Berg sembra qui aver probabilmente frequentato un corso di lettura filmica presso un College di Columbus, e tra una canna e l'altra di aver deciso di mettere mano alla cinepresa perché si sentiva molto bravo. Successivamente convince alcuni suoi compagni di università (tra cui Trin Miller, piuttosto carina, certo, ma in questa storia del tutto àtona ed inespressiva) a seguirlo nell'impresa meravigliosa di fare un film horror ambientandolo, guarda un pò, in un bosco. Alcune cosette gli vengono anche bene, come ad esempio la sequenza della visione di Sam in cui vede Roman (Josh Truax) seduto sugli scalini del cottage che si muove in modo stereotipato dicendo cose insensate. In tale sequenza il pathos c'è, ed è collocato in un punto dello script in cui non ce lo aspetteremmo: il risultato è quindi spiazzante, quindi un applauso. L'applauso dura però due secondi netti, poi basta, niente più, poiché in un deserto emotivo ed estetico cos'altro vuoi applaudire? I sassi? Non credo se lo meritino. Qualche leggero moto di interesse lo muove (forse) la scampagnata dei ragazzi nel bosco di notte con le torce, ma il tutto si risolve nel nulla, come dal nulla nasceva. Berg allestisce un ambiente filmico-emotivo a zero tasso di Perturbante, nel quale cerca di drammatizzare una storia debolissima e priva di qualsiasi verve. In questa operazione autodistruttiva è molto aiutato, come si è accennato, dalla pessima fotografia di cui il regista medesimo è l'esecutore (testamentario di una morte annunciata): luci diafane, troppo accese, giallognole, abitano tutto il girato, illuminando performance attoriali ed interazioni dialoganti da dimenticare. "The Invoking" è un esperimento "indie" molto abborracciato, che cerca di affrontare il vuoto pneumatico di ideazione creativa da cui nasce, sulle fragili spalle dell'interazione gruppale tra i vari personaggi, pensando in questo modo, ma illusoriamente, di generare un qualche movimento emotivo nello spettatore attraverso il realismo interattivo dei quattro tardo-adolescenti in trasferta. E' possibile che Berg abbia pensato pure a "The Blair Witch Project", e l'ambientazione boschiva, il ruolo della natura silenziosa che circonda i protagonisti, fanno pensare proprio al mitico film del 1999 del Sànchez e Myrick. Ma ovviamente siamo lontani mille miglia dall'idea innovativa di quel modello. Per scrivere e girare un "indie movie" occorre ben altro spessore concettuale, ben altro pensiero, visioning estetico, ben altra passione. Pensiamo ad esempio ad un autore come Pearry Teo (Necromentia, 2009; Children of the Arcana, 2003) e mettiamolo a confronto con lo stile indie di Berg: il confronto non si configura neppure, non si dà affatto. Non parlo appositamente della soluzione stilistica operata dal regista nel prefinale e nel finale del film, perché non si merita alcuna attenzione. Dicevo all'inizio che ero piuttosto indeciso se scrivere una recensione di questa pessima trovata di altrettanto pessimo gusto regalataci da questo Carneade postmodernoide che si chiama Jeremy Berg. Alla fine l'ho scritta: semplicemente perché voglio bene a coloro che mi leggono, il parere dei quali è per me molto importante. "Tha Invoking": da evitare come la peste bubbonica. O il virus Ebola, se preferite.
Regia: Jeremy Berg Soggetto e Sceneggiatura: Jeremy Berg Fotografia: Jeremy Berg Montaggio: Autumn Lisa Mason Musiche: Trip Like Animals Cast: Trin Miller, Andi Norris, Brandon Anthony, Carson Holden, D'Angelo Midili, Rafael Siegel, Josh Truax Nazione: USA Produzione: The October People Durata: 82 min.
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