Ma lo sceriffo Owens, un passato da superpoliziotto e un presente da tutore dell'ordine in un posto dove non succede mai nulla, non si mostra particolarmente d'accordo.
Assieme al suo staff inesperto e raccogliticcio cerca di resistere come può all'organizzazione paramilitare della banda criminale.
Sperando che arrivi il prima possibile l'aiutino dell'FBI.
Era da un po' che Schwarzy mancava dal cinema e quindi non era lecito farselo scappare così facilmente. Ma se devo dire quale è stata la molla che mi ha spinto in maniera più decisa , allora sono costretto a rispondere: ero incuriosito soprattutto da quello che avrebbe fatto il mio amato Kim Jee Won ( regista del capolavoro I saw the devil, uno dei registi più funambolici della new wave coreana) una volta approdato in quel di Hollywood. Quindi, come dire, l'ho visto anche con una certa apprensione.
Che alla fine è stata dissipata, nonostante tutto.
Certo si nota che questo non è un film totalmente suo, è un qualcosa su commissione in cui il nostro, però, mette a disposizione tutto il suo talento e il suo gusto orientale per certi particolari ( tipo alcuni particolari splatterosi ).
E poi c'è Schwarzy: dopo la vita da governatore, torna con una faccia che ormai è pronta per essere scolpita nel monte Rushmore assieme a quella dei presidenti e un'ironia che quasi non ti aspetti da uno che una volta è stato un terminator invincibile o quasi.
Qui è Owens, sceriffo in pantaloncini che ha voglia di godersi solo il suo giorno libero nella tranquillità di Sommerton, il suo paese.
Scelto però da una banda di cattivoni per far passare il confine al loro capo.
La lotta appare subito impari : Sommerton diventa lo sfondo di una sorta di Mezzogiorno di fuoco in cui lo sceriffo e la sua banda scalcagnata deve fronteggiare dei supermercenari armati fino ai denti in una resa dei conti definitiva.
Ora come prendere un film come questo in cui anche un poliziotto un po' in là con gli anni ma soprattutto con la panza come Luiz Guzman riesce a tener testa a dei militari superadestrati? In cui gli armamenti allo sceriffo sono forniti da un museo gestito da quello che più o meno è lo scemo del villaggio?
L'unica cosa che mi sento dire è di prenderlo col sorriso sulle labbra. Imbarcarsi in questa visione è come usare le cabine del teletrasporto di Star Trek ( o anche quelle della Brundle-Mosca di Cronenberg che è lo stesso) e farsi catapultare una trentina indietro, quando uno Schwarzy nel fiore degli anni e dei muscoli uccideva nemici come mosche e senza il minimo sforzo.
Accanto a quelle due -tre sequenze che mi fanno ricordare la presenza di un vero funambolo dietro la macchina da presa, The last stand, come detto prima un western sotto mentite spoglie in cui i SUV sostituiscono i cavalli, fornisce soprattutto ironia a vagonate per assicurarsi la benevolenza dello spettatore.
E sarò boccalone come al solito ma con me ci è riuscito: è impagabile ad esempio la sequenza dell'entrata la bar dello sceriffo per far sgombrare i clienti per la loro sicurezza e quelli non se lo filano proprio ( " sono un settantenne col colesterolo alto che ha appena ordinato un'omelette gigante con bacon e doppio chedar, ti sembro uno che ha paura della morte?").
Vuoi mettere quanto è difficile ricacciare le lacrime indietro quando la mitragliatrice fornita allo sceriffo, una Vickers residuato bellico ma tiratissima a lucido, intona la sua sinfonia di piombo ?
E poi quando un paio di volte i cattivoni chiedono a Schwarzy chi diavolo sia e lui risponde con un marmoreo " Io sono lo sceriffo! ", beh io quasi mi alzavo in sala per applaudire.
Me lo sarei baciato e abbracciato a Schwarzy perchè quella battuta è ciò che vogliamo esattamente sentire da lui.
Anche se si sente vecchio, anche se ormai questo terminator ha le giunture arrugginite mi sento davvero di dargli il bentornato!
E spero che la stagione del ritorno dei vecchi dinosauri continui così.
Che non si trasformino in balene spiaggiate.
( VOTO : 7 / 10 )