Una software house giapponese che sviluppa un tie-in basato su un anime americano che, a sua volta, attinge a piene mani dalla tradizionale animazione nipponica. Un grossolano gioco di scatole cinesi che sembra davvero esser stato concepito da un italiano che lavora nella pubblica amministrazione. Se fosse una barzelletta probabilmente non farebbe nemmeno tanto ridere; purtroppo la cosa è reale e la realtà, si sa, supera di gran lunga la fantasia. Platinum Games, nota per ben altre incursioni videoludiche ed attualmente sulla cresta dell’onda grazie ad una certa strega, nel giugno scorso ha reso pubblica una curiosa partnership che vede coinvolti, oltre alla software house nipponica, l’americana Activision Publishing Inc. e il canale televisivo dedicato ai più piccoli Nickelodeon. L’eterogeneo triumvirato, mosso chiaramente dall’enorme successo che la serie televisiva “The Legend of Korra” sta riscuotendo oltreoceano, ha unito le forze per estendere il format anche su altri media, primo fra tutti quello dell’intrattenimento videoludico.
Il tie-in, giunto da poco sugli scaffali virtuali dei principali marketplace di tutto il mondo (e con una futura versione retail previsto solo per 3DS), promette ai fan di Korra & Co. le emozioni vissute con la serie TV. Purtroppo però bastano una manciata di minuti affinché sorga il classico quesito posto da – quasi – ogni tie-in degno di questo nome, ossia “Perché? Se ne sentiva davvero il bisogno?”. Ci sarebbero anche esclamazioni di fantozziana memoria per descrivere efficacemente The Legend of Korra, ma ve le risparmiamo in favore di una più formale recensione.
QUATTRO ELEMENTI PER UNA DONZELLA
Prendendo le mosse dalla serie televisiva, proviamo l’ardua impresa di sintetizzare in poche righe la mitologia degli Avatar, che tanto successo ha avuto negli Stati Uniti. The Legend of Korra può esser considerato il sequel di The Legend of Aang, trasmesso sino al 2008, il quale narrava le vicende, di settant’anni antecedenti, di Aang appunto, l’unico nella storia in grado di controllare tutti e quattro gli elementi naturali (acqua, fuoco, terra e vento). Korra, ragazza impulsiva e poco incline a seguire gli insegnamenti dei saggi, è la reincarnazione di Aang. Lei possiede l’unico ed innato dono concesso agli Avatar; anch’essa può infatti controllare tutti gli elementi, ma la sua impulsività ed il fatto di non riuscire a comunicare correttamente con il proprio Io interiore e con gli spiriti non le permettono di esser all’altezza del suo illustre predecessore.
Con gli eventi narrati nel videogioco troviamo Korra a Republic City, ove si era in precedenza rifugiata per dominare l’unico elemento che le mancava, ossia l’aria. L’incipit ci vede partecipare sotto mentite spoglie ad uno scontro di Pro-Bending, sport molto popolare a Republic City, che si sostanzia nello scontro tra squadre di dominatori. Uscita vincitrice dallo scontro, Korra sta tornando verso casa quando si imbatte in alcuni loschi figuri che sembrano voler molestare quello che all’apparenza è un povero vecchio. Quest’ultimo però si rivela esser un misterioso mago malvagio che toglie alla ragazza, accorsa in suo aiuto, tutti e quattro i dominii. Senza abilità, Korra non può far altro che fuggire. Il gioco quindi si dipana lungo otto capitoli in cui dobbiamo sbloccare nuovamente ad uno ad uno tutti e quattro i poteri elementali per giungere infine all’immancabile scontro finale, forse l’unico momento non scontato del titolo.
LA NOIA CI PERSEGUITA… ECCO ARRIVARE LA FRUSTRAZIONE
Ad una trama priva di pathos, o di qualunque altra emozione positiva, si accompagna una struttura di gioco da action game in terza persona che, senza usare giri di parole, è ripetitiva, monotona, frustrante e mal amalgamata. A nulla servono infatti le spettacolari combo – belle solo a vedersi più che utili – e solo per i primi cinque minuti di gioco. I quattro domini ci vengono tolti quasi subito e le frequenti sessioni di combattimento, da affrontare all’inizio rigorosamente a mani nude, si rivelano ben presto ripetitive fino alla noia, uguali le une alle altre non solo per le mosse eseguite, ma anche per l’assoluta mancanza di originalità degli avversari e dei loro pattern d’attacco. L’azione di gioco si risolve sempre nella formula “vai dal punto A al punto B e pesta tutto quello che ti si para davanti”. Dopo un po’ il tedio si fa pesante, a causa dei continui scontri che bloccano l’azione e dai quali non è possibile scappare, dato che le classiche barriere impediscono di proseguire sino a che vi siano avversari vivi sul campo. Il sistema di controllo, nella versione qui testata, è risultato esser quantomai scomodo, con una telecamera poco reattiva all’input del mouse e i comandi a tastiera (movimento, switch dei domini, parata, salto) decisamente poco user friendly. Probabilmente anche gli sviluppatori si sono resi conto di non aver fatto un grande lavoro di ottimizzazione, tanto che, prima della schermata iniziale, compare l’avvertimento che per una migliore esperienza di gioco è fortemente raccomandato l’uso del pad Xbox. Ma pensa.
Ad ogni modo, quando non si è impegnati a premere forsennatamente i due pulsanti dedicati all’attacco nel tentativo di cavarne qualcosa di buono, il gioco offre la possibilità di trovare alcuni collezionabili (Vanity Items) sparsi lungo i livelli e che non servono a nulla, se non boostare il punteggio spirito, questo sì necessario per acquistare i pochi oggetti e potenziamenti messi a disposizione nello shop del buon Iroh. Inoltre si segnala, tanto per aggiungere confusione su confusione, l’inserimento di sezioni in stile Temple Run, in cui Korra cavalca il suo fido cane-orso polare Naga attraverso stretti vicoli, viuzze e sentieri di montagna pieni di ostacoli. Queste digressioni, oltre a non rivestire la benché minima importanza nell’economia di gioco, sono addirittura mal realizzate. Il design da dimenticare dei livelli e le tre vite a disposizione di Naga favoriscono un florilegio di imprecazioni ed inutili retry che alimentano ulteriormente un senso di immobilismo e frustrazione già ampiamente maturato a causa di una trama piatta e combattimenti ripetitivi. Non ci resta dunque che attendere l’uscita della versione retail (strano, non sarà digital delivery) per l’handheld della grande N. Quest’ultima si discosta dall’attuale The Legend of Korra per il fatto che sarà uno strategico a turni e che non sarà sviluppato da PlatinumGames.
CEL SHADING, UNA GARANZIA
Il comparto grafico da solo salva in parte la breve e desolante avventura di Korra. Traendo una massima d’esperienza videoludica, possiamo dire che il cel shading è come il nero. Sta bene proprio su tutto. L’utilizzo del particolare stile grafico ha reso un po’ più gradevole il disastro generale, grazie alla buona realizzazione delle spettacolari (ma ricordiamo ripetitive, a lungo andare) mosse e combo dei poteri elementali e una discreta caratterizzazione degli ambienti di gioco ripresi, ovviamente assieme ai personaggi, direttamente dalla serie televisiva la quale possiede sicuramente un grande potenziale in termini di setting e varietà di intrecci narrativi, purtroppo non sfruttato da questo tie-in. L’avventura viene spesso interrotta poi da spezzoni animati che dovrebbero fungere da collante e che invece spezzano il ritmo, anche solo per una manciata di secondi ed allungando i tempi di caricamento, senza tanto aggiungere in termini di trama. Il comparto audio, ovviamente in lingua inglese, è trascurabile. Nota di demerito per la totale assenza dei sottotitoli. Ci saremmo infatti aspettati almeno la possibilità di attivare i sottotitoli in lingua inglese. Peccato.