THE MASTER – Paul Thomas Anderson, 2012 (137 minuti)di Daniele Bruni
Trama:
La Seconda Guerra mondiale e l’alcol hanno ridotto Freddie Quell ad un ammasso di nevrosi. L’incontro casuale col leader carismatico di una setta metterà alla prova la sua fragilità.
Voto: 8/9
I consigli dei tizi del videonoleggio:
Nel bagno del cinema ho sentito un ragazzo esclamare “Sto film è come Il Petroliere. Identico. C’è il santone che cosa, è tutto uguale. E poi è lento. Una merda, due palle…”
Ecco, se per voi “Il petroliere” è un film lento e merdoso, evitate “The master”.
Se amate il Cinema con la C maiuscola, entrate e lasciatevi sconvolgere.
Considerazioni:
Come sempre, non leggo la trama nè tanto meno guardo i trailer. Baso le mie scelte sull’istinto, il nome dei registi e i consigli degli amici. Mi aspettavo una biografia più o meno romanzata di Ron Hubbard, il fondatore di Scientology. Mi aspettavo un film cinico, caustico, a volte ironico, nei confronti della più chiacchierata e criticata “religione” o movimento spirituale del XX secolo (si scrive “religione” ma si legge “setta”). Mi aspettavo due ore di critiche nei confronti di Scientology e soprattutto un film scandaloso o comunque tale da provocare aspre critiche e denunce.
Niente di tutto ciò.
“The master” è ispirato al personaggio di Ron Hubbard ma il suo scopo non è criticare Scientology e il suo fondatore. Il suo scopo è farci godere (o assopire), estasiarci, e soprattutto sconvolgerci.
Sono uscito di sala in uno stato ipnotico (è proprio il caso di dirlo), rincoglionito, intontito. Suonato come un pugile, stonato come una campana, disorientato come una balena spiaggiata.
Innanzitutto la domanda “Ma chi è davvero the master, il maestro?”. E’ Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman), il fondatore della “Causa”, leader mistico e carismatico, oppure è lo squinternato Freddie Quell (Joaquin Phoenix), buono a nulla alcolizzato e nevrotico?
Chi è il vero maestro? Chi detiene il potere? Lo schiavo o il padrone? La marionetta o il la mano che muove la marionetta?
Eh, bella domanda. Mi son detto “Ci ripenso meglio domattina, a mente lucida, magari arrivo a una risposta”. La mattina è arrivata. La mente è lucida (o almeno più lucida di così non mi viene). Eppure la domanda, il dubbio, ronza ancora per la testa. Non c’è azione ma c’è frenesia. E’ un film parlato ma ricco di silenzi. E’ un film psicologico che ci fa impazzire.
“The master” è un film asimmetrico. Un cuore asimmetrico diventa un cuore spezzato. Una mente asimmetrica diventa una mente psicotica. Un rapporto asimmetrico diventa un rapporto dispotico. Un sorriso asimmetrico diventa un ghigno. Il ghigno di un immenso Joaquin Phoenix, per me protagonista di una delle interpretazioni migliori della storia del cinema. E (anche) in questo PT Anderson mi ricorda Scorsese, due registi capaci di scegliere gli attori e offrirgli le condizioni per regalarci interpretazioni e personaggi monumentali (Travis Bickle, Jake La Motta, il petroliere Daniel Plainview, e in questo caso Freddie Quell). “The master” è un film impeccabile, di una bellezza che fa quasi male. “The master” è un film perfetto nella sua incredibile lentezza, nelle sue zone d’ombra, nelle lacune della sceneggiatura, nella nebulosità di alcune situazioni e nel “messaggio” che qualcuno cerca sempre di estrapolare nei film.“The master” è un test di Rorschach, è un cazzotto sulla nuca, un cencio pieno di etere, un liquore troppo forte per gustarne il sapore. “The master” è un film che ti stordisce, ti penetra dentro come un tarlo e ti mangia.Dopo due ore di lenta agonia il regista ha in serbo una scena onirica e grottesca (ma forse i sogni non sono sempre grotteschi?!), visionaria e estremamente lenta. In sala non c’è stata una persona che non si sia mossa sulla poltrona, cercando di aggiustare la posizione. Una posizione che non può essere comoda di fronte a un film e una scena come quella. “The master” è immenso anche e soprattutto per quello.
Ti scortica e ti riempe di lividi.