Anche lo scorso anno ho avuto l'onore di ospitarla e ha deliziato tutti con un bellissimo articolo sull'importanza delle fiabe nella letteratura di Tolkien: qui.
Quest'anno invece ci parlerà dell'amore di Tolkien per la natura, e dell'importanza che essa ha nelle sue opere.
“In tutte le opere, io sto dalla parte degli alberi, contro i loro nemici.” così affermava Tolkien in una lettera. E il tema della Natura, tanto caro al Professore, emerge con forza dai suoi capolavori attraverso meravigliose descrizioni e donando ai boschi, alle montagne e ai fiumi, un ruolo fondamentale nelle vicende. La Natura permea ogni suo scritto ed è proprio attraverso la descrizione dei suoi paesaggi, dei suoi colori e odori che la storia e il tempo procedono. Il profondo amore di Tolkien per gli alberi procura nel lettore una sorta di nostalgia che lo avvolge completamente grazie all’intenso spessore evocativo che suscitano le meravigliose e magiche descrizioni che Tolkien tesse con le parole. Un vero e proprio linguaggio della Natura che suscita nostalgia, ed è proprio questa nostalgia ancestrale e spontanea a rendere ancora più speciali i suoi capolavori. L’uomo ha perso purtroppo il contatto vero e indissolubile con la sua Terra ma nonostante questo nostro vivere moderno e innaturale, qualcosa di istintivo è rimasto nella nostra memoria spirituale e non possiamo rimanere immuni da questo inconscio richiamo.
“Quelli erano giorni in cui ogni cosa era più ampia e spaziosa! Vi fu un tempo in cui camminavo e cantavo tutto il giorno, e non udivo altro che il suono della mia voce echeggiare nelle caverne dei boschi. E il profumo dell’aria! Impiegavo una settimana soltanto per respirare.”Gli alberi infatti non sono esseri inanimati e non appaiono mai senza ragione. In molti suoi scritti infatti i boschi non sono ambienti lontani e insignificanti, al contrario sono vivi e senzienti. Hanno una loro volontà e tirano le fila delle storie diventando spesso cruciali nella risoluzione delle vicende. Ma gli alberi non sono tutti uguali, ogni bosco ha una propria personalità e ciò dipende da quanto l’uomo ha contaminato quel luogo. Come spiega Tolkien in una lettera del 1972:
“Lothlorien è bellissima proprio perché lì gli alberi sono amati, in altre parti le foreste sono rappresentate nel momento in cui si destano a nuova consapevolezza di se stesse. La Vecchia Foresta era ostile ai bipedi a causa del ricordo delle molte ferite subite. La Foresta di Fangorn era antica e bella, ma all’epoca del mio racconto piena di ostilità perché minacciata da un nemico che adorava le macchine. Bosco Atro era caduto sotto il dominio di un potere che odiava tutte le cose viventi, ma riacquistò l’antica bellezza e divenne Bosco Verde il Grande prima della fine della storia”.Anche se, nel Signore degli Anelli ad esempio, i protagonisti subiscono spesso passivamente la forza degli elementi venendo vinti dalla natura. Viene messo in evidenza quanto il sano rapporto uomo-natura sia fondamentale per una convivenza pacifica, equa e profonda. Tutti gli eroi devono fare i conti con la Natura, uno scontro epico in cui l’uomo necessariamente soccomberà, anche e sopratutto se la distrugge. Come ad esempio nell’episodio del Caradhras dove la Montagna ha una sua propria volontà e impedisce ai viandanti di proseguire scatenando una tempesta di neve o in quella del Vecchio Uomo Salice della Vecchia Foresta in cui gli hobbit vengono catturati e salvati solo grazie all’aiuto di Tom Bombadil. Attraverso le storie di Tolkien, possiamo percepire un ritorno al passato nel nostro antico e autentico rapporto con la Natura contro la civiltà meccanica di oggi. Prendendo ad esempio il rispetto per la natura degli Elfi e la loro armonia con tutto ciò che li circonda, potremmo imparare a vivere con più consapevolezza. La tecnologia può essere utilizzata solo se riusciamo a gestirla senza prevaricare sulla natura. La realtà contadina degli hobbit ne è un esempio. Il rispetto per l’equilibrio della Terra, mostra come si possano usare le conoscenze senza distruggere o manipolare ciò che di bello esiste nel mondo. La natura va aiutata e ascoltata, bisogna vivere rispettando i suoi cicli, non dominarla e contrastarla. Gli hobbit infatti «non capiscono e non amano macchinari più complessi del soffietto del fabbro, del mulino ad acqua o del telaio a mano, quantunque abilissimi nel maneggiare attrezzi di ogni tipo». Tolkien infatti provava una forte avversione vero la tecnologia, l’industrializzazione e il consumismo, soffrì molto lo sfruttamento e la devastazione della sua amata campagna a causa della rivoluzione industriale, così come subì l’utilizzo incontrastato delle macchine durante la guerra che creava oggetti solo per distruggere ciò che ci permette di vivere. Quando la civiltà prende il sopravvento sulla Natura, la natura si ribella e noi stessi ci danneggiamo perché non possiamo abusarne ignorando le esigenze della Natura senza subirne le gravi conseguenze.
“Vi sono deserti pieni di ceppi e di rovi, là ove un tempo si udiva il bosco cantare.”
Ci sono due esempi che più di tutti possono mostrare le due facce del dominio dell’uomo sulla natura ed entrambe sono destinate a fallire e a ritorcersi contro noi stessi. Una è la desolante negazione della natura di Mordor. Lì non c’è niente che cresca, niente di vivo. Esiste solo un annichilimento totale, un deserto desolante a cui non c’è rimedio. L’altro è forse il più incisivo emblema della folle ricerca del potere, dell’uomo che improvvisamente si sente onnipotente o desidera esserlo arrivando alla follia nella sua distruzione della natura. È questo il caso di Saruman, che dopo aver appreso i segreti di Fangorn, decide di usarli per i suoi scopi e prevaricare sulla Natura, una degenerazione che porta alla distruzione dell’equilibrio naturale. E la sua Ortanc con i suoi Uruk-hai sono l’esempio perfetto della condanna all’industria innaturale e dannosa.
«La terra infatti tramava. I pozzi percorrevano ripidi pendii sotterranei e scale a spirale conducevano a profonde caverne ove Saruman teneva i suoi tesori, i suoi magazzini, gli arsenali, le fucine e le grandi fornaci. Ivi ruote di ferro giravano ininterrottamente, martelli battevano; di notte pennacchi di fumo esalavano dalle condutture, illuminati dal basso di luce rossa, blu, o verde veleno» Attraverso la distruzione perpetrata da Saruman nelle sue manie di onnipotenza, si può percepire la condanna al progresso eccessivo, a quella corsa verso l’ultima tecnologia che può sfuggirci di mano, quel nostro cercare di dominare la natura distruggendola senza ricordarci che è la nostra stessa casa, il nostro ossigeno, la nostra fonte di vita e come tale dovremmo rispettarla perché ne facciamo noi stessi parte.
“Credo di capire adesso che cosa stia combinando. Sta progettando di diventare una Potenza. Ha un cervello fatto di metallo e d’ingranaggi: nulla gl’importa di ciò che cresce, se non gli serve in un’occasione immediata.”E questa frase veritiera e profetica detta da Barbalbero nei confronti di Saruman, potremmo estenderla a molte persone che hanno perso di vista il giusto utilizzo delle tecnologie e l’importanza dell’equilibrio naturale. Una vera condanna al mondo progressista e degenerato dell’industria che ha perso il legame con la natura e le sue forme di vita. Ma ciò che traspare ancora di più dalle sue storie è il legame con la Terra di alcuni popoli e personaggi che portano a noi la nostalgia di cui ho parlato all’inizio. È questo richiamo a emozionarci, a farci comprendere quanto stiamo andando nella direzione sbagliata e quanto sia fondamentale riconnetterci alla Natura. Natura non come entità astratta e oggetti immateriali, ma come vero e proprio spirito, nostra fonte di vita e di gioia.
“Mai come allora aveva percepito così all’improvviso e con tale intensità il contatto e la consistenza della corteccia di un albero e della vita che vi scorreva. Il legno in se stesso, ed il suo contatto, gli procuravano una gioia diversa da quella del falegname o della guardia forestale: era la gioia vissuta dall'albero che penetrava in lui.”
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