The mondavi's wedding - part 3

Da Ignominia


TERZO E (INFINITO) ULTIMO ATTO
Il mattino dopo l'atmosfera è come quella di Duello A Mezzogiorno o Sfida All'OK Corral, quando gli eroi si preparano a morire. In silenzio, con gesti misurati e precisi, la pistola viene lucidata, le munizioni messe una per una nella bandoliera, e così noi ci prepariamo per la giornata, controllando che tutte le batterie siano cariche, che il mio timeline sia trascritto su un foglio unico, comprendente la lista di scatti obbligatori che ci hanno richiesto di fare. Piegato a fisarmonica e messo nel marsupio insieme alla mia camera e al cellulare, gli essenziali per la sopravvivenza che avrò addosso tutto il giorno. Sono incaricata di tenere David on schedule, di far si che gli sposi, rapiti per le foto, tornino agli ospiti e al programma del giorno nei tempi dovuti. Dobbiamo fare l'intervista alla sposa, fotografarla mentre si prepara, e poi insieme alle damigelle. Dopo dobbiamo correre a Nipozzano e intervistare lo sposo, fotografarlo con i testimoni, poi ci sarà la cerimonia di cui io deve fare il video, poi le foto di tutti insieme, fotografare la cena, riprendere i discorsi, e fare le foto "creative" che abbiamo a lungo pianificato.
David mi cede la guida, nonostante l'esperienza della sera prima, segno positivo. Alla villa alle 11 è tutto calmo, in un bagno corre una doccia, si spilluzzica ancora la colazione. Prepariamo il luogo per l'intervista, apro la cappella con chiavi medioevali lunghe come due palmi e ci  porto uno scaleo per fotografare dall'alto. La sposa visibilmente nervosa si illude di potersi vestire all'ultimo momento ma dobbiamo fotografarle tutte vestite e con i fiori quindi non c'è tanto tempo da perdere. A sentir questo si trasforma in un cerbiatto intrappolato dalle fiamme, pronta a balzare dalla finestra pur di fuggire, per fortuna c'è Kara, la damigella d'onore, che le dice che le ragazze vestiranno mentre lei mangia, che non c'era problema, i tempi ci sono.
In realtà le cose sono andate ben diversamente... ma andiamo per ordine.
Mentre aspettiamo riguardiamo il programma e solo ora David decide che forse sarebbe meglio tolgliere i fili della biancheria in cortile. Provo con cacciaviti e pinze prese in prestito in cucine ma ci vuole troppo tempo e probabilmente dovrò mollare tutto a minuti per l'intervista, quindi gli dico: perché non trasformare uno svantaggio in vantaggio?: usa i fili per metterci della biancheria per il "tocco Italiano" che cercavi. Gli si illuminano gli occhi, buona idea e vado a cercare lenzuola da appendere al sole del cortile.
L'intervista: David chiede a Megan di raccontare come Carlo le avesse chiesto di sposarla, e lei racconta che dovevano andare a cena da qualcuno e Carlo aveva detto che si doveva fermare prima un momento alla Opus One.  L'azienda non era più dei Mondavi ma Carlo aveva fatto capire che pensava di poterci entrare comunque "perché il codice di ingresso non era stato cambiato" e quindi lei era convinta che stessero entrando illegalmente, supposizione confermata anche dal nervosismo di Carlo. Entrati in una sala dell'azienda però hanno trovato un bel camino acceso e un'atmosfera romantica dove lui si è inginocchiato e le ha chiesto di sposarlo e dopo il sì di lei l'amico complice è entrato con lo Champagne.... et voilà.
Mentre lei racconta gesticolando io tengo il microfono -un coso peloso grigio che pare un gatto imbalsamato- sopra la test di lei controllando l'audio con le cuffie e sul equalizzatore del registratore, cosa che per me era una prima totale. Complemeno il mio senso di incertezza professionale con un sorriso ebete-entusiasta di incoraggiamento rivolto verso Bambi, mimando sorpresa e divertimento con l'unica cosa libera che ho neanche fosse un'intervista con Dario Fo o con Paolo Poli... comunque...Intervista check sulla lista, next!
Ci insinuiamo negli alloggi privati delle fanciulle, la stanza di Megan è turchese e sembra un set di un chick flick, una commedia romantica. Il letto a baldacchino, al quale sono appesi abito da sposa e velo, è un campo minato di accessori come giarrettiera, ferma capelli, spilla per raccogliere lo strascico ricamati di perline come l'abito, e ancora ciglia finte, scatolette di velluto per anelli, metro da sarta (?) spazzola. Come se nella stanza fosse passato un uragano, ovunque ci sono sacche, valige, sporte e contenitori di abiti, reggiseni e altra biancheria intima; e poi scarpe, asciuga capelli, stira capelli, arriccia capelli, arriccia ciglia, pinzette, borse da trucco, rossetti; e infine borse ziplock da un gallone contenenti estensioni di capelli biondi, bruni, neri in abbondanza da mimetizzare un plotone di Skinheads. Le damigelle entrano e escono in vari stadi di dishabillie, avvolte in asciugamani dopo la doccia, struccate o truccate fermandosi a coordinare con la sposa, per sapere dov'e qualcosa, per prendere una sacca o un capo di vestiario. Megan non riesce ad accendere il ferro da ricci, dice che non entra nella presa e vuole un adattatore, io la inserisco nella spina senza problemi. Lei pigia un bottone e dice "non funziona, ce n'è un'altro?" e si allontana: io prendo il ferro in mano pigio l'altro bottone con su scritto ON e il ferro si accende - ne deduco la seguente regola matematica: una ragazza è tanto nel pallone quanto è la sua incapacità di usare gli strumenti più familiari.
Megan va in bagno con Kara, ad arricciare con il ferro non i suoi capelli, bensì le estensioni che serviranno a volumizzare la sua capigliatura. Gradualmente ci insinuiamo nell'inner sanctum. David s'inerpica sul WC e io scalza mi ficco in vasca con il fedele palo/luce... La sposa fa il trucco alla madre, Kara si asciuga i capelli, altre ragazze entrano e escono.
Viene portato un piatto di cibo per Megan che lo spelluzzica nella poltrona in camera mentre la cognata avvolta da un asciugamano si inginocchia ai suoi piedi. Presto è chiaro che non è semplice ciacola bensì un importante scambio fra future sorelle sul significato dell'essere in Italia in questo momento, dell'importanza dell'unione a venire per le loro famiglie - quindi corro a prendere il registratore per fermare le loro parole. Questo mi fa sentire al contempo un'intrusa (una mosca sul muro, una spia) e una testimone privilegiata di questo intimo momento nella vita di due famiglie. Ma pare pure irreale e un po' finto, come se avessero preparato il discorso a beneficio di noi osservatori e quando gli chiedo di ripetere dall'ultima frase detta loro la ripetono senza battere ciglio.
Appoggia, acchiappa, punta, digita il numero, dirigi, riprendi, dove l'ho messo? scansa, gira attorno, osserva, nasconditi che sei nello scatto, avvicinati che sei troppo lontana, aumenta o diminuisci la potenza, sali, scendi, parla al telefono, metti, leva le scarpe, guarda, ricorda, sorridi, comunica con David, immagina cosa voglia.... A momenti mi trovo tra le mani il cellulare, il palo luce, la video camera o il registratore del sound e perfino la mia macchina fotografica.Il tempo scorre lento immersi come siamo in cotanta girlytude, un mondo femminile e frivolo che mi è poco familiare e che osservo come un'antropologa, divertita e curiosa. Siamo già parecchio in ritardo sul piano di marcia ma non possiamo farci niente... salvo avvisare la Planner perché la cucina si adegui al nostro passo da lumaca...
Le damigelle si fanno i capelli a vicenda, entrano nei vestiti, delle tuniche in Crepe de Chine beige strette in vita da fasce di seta cangiante color vinaccia. Arrivano i fiori: ortensie verdi per le damigelle e un bouquet bianco e verde per la sposa.
Finalmente la sposa entra nell'abito, la zip viene chiusa ed è è bellissima, anche se senza fiato per qualche etto acquistato nelle 3 settimane in Italia; tutte le damigelle le sono attorno e la fotografano, io faccio quel che posso dietro al muro di donne.   C'è da farla vedere al padre, che seppure affetto da qualche distrofia muscolare, è sempre sorridente e pare quello che si sta divertendo di più. Mi perdo la scena ma è il momento di condurre la banda nela cappelletta per le foto. Con lentezza esasperante e traballanti su tacchi ridicoli le damigelle cominciano a sfilare fuori dal portone. Sono le 16.00 e dovevamo essere già a Nipozzano...
Filmo l'uscita con la videocamera ed ecco che una delle damigelle tombola sul culo, si rialza e vuole che cancelli la ripresa. Le dico che lo deve chiedere al fotografo, non ho l'autorità di farlo (ci mancherebbe!) e lei emette malvolere da matrigna. Nella cappella l'organizzatore degli alloggi, anch'esso ospite e guardone onnipresente dei preparativi, fotografa dietro di noi la scena che David ha coreografato. Questo mi irrita perché lo immagino passare le immagini ben riuscite come sue. Scoraggio David a salire in piedi sull'altare per paura che venga giù e perché seppur agnostica, lo trovo irrispettoso... Vado e vengo varie volte con diversi attrezzi, e finalmente andiamo in cortile.
Click click click ed ecco arrivare il paparazzo di prima che si intromette commentando sulla bruttura delle lenzuola dietro. Dice che dovremmo toglierle, noi cerchiamo di ignorarlo e continuiamo a lavorare. Lui pensa che non sentiamo e continua a insistere con più veemenza, offrendosi di spostarle lui e si avvicina al che David tranquillo gli dice no, lasciale, le abbiamo messe apposta. Duh! Che presunzione! Come si fa a pensare che il fotografo - fatto venire apposta dagli USA per scattare questo matrimonio- non sia in grado di vedere se qualcosa è brutto o meno e di farlo togliere se necessario? In ogni caso...Foto sposa e damigelle: check sulla lista, next!
Carichiamo tutto l'ambaradan in macchina e partiamo per Nipozzano, mi spiace aver lasciato tutto per aria: le lenzuola sui fili, le chiavi nella toppa, lo scaleo nella chiesa: Diletta e il resto del personale  alla villa hanno ha già abbastanza da fare, avrei voluto risparmiargli il nostro di casino... siamo tutte working girls after all! A Nipozzano portiamo tutto al piano nobile e montiamo di corsa per l'intervista, fa un caldo boia dentro specie vicino alla finestra e bisogna mettere la cipria allo sposo perchè è lucido... tutto fila liscio, la stessa storia di Megan, con dettagli aggiuntivi. Lui non è per niente teso, ma quando cerchiamo di dirigerlo con la sua posse in smoking verso il castello lui punta i piedi e dice che la vuole fare in cantina. Eccone un'altro che pensa di sapere meglio lui come fare il nostro lavoro, però devo dargli credito che ha ragione, la cantina è vicina, e non si deve fare una sudata prima della cerimonia, quindi in cantina andiam. E' enorme e piena di barili di vino allineati per terra e impilati sui lati della lunga stanza. Fotografiamo sposo e giovinotti come se fossero una gang di mafiosi, occhiali scuri e mani intasca, in posa e mentre interagiscono gesticolando l'uno con l'altro, o mentre camminano sicuri verso David che è appollaiato su uno scaleo per riprenderli dall'alto. Intervista/foto sposo e giovanotti: check sulla lista, next!
La Wedding Planner è presa dal panico quando la incontro in una delle mie scappate a prendere qualcosa che manca, non sa dove siamo finiti, non eravamo al castello, ci dice di venire su subito, ma quando passo parola in cantina non mi si fila nessuno e David mi dice zitta che ora facciamo foto... oops!
Finalmente torniamo su e inizia la cerimonia, io metto il cavalletto dietro all'ultima fila di sedie e cerco di carrellare zoomando con la videocamera le damigelle e i genitori degli sposi che percorrono il prato fino a sedersi in prima fila. Passata anche la sposa con il padre, pianto il treppiede in mezzo al corridoio e lo lascio andare che filma il tutto come per istruzioni. Abbiamo deciso di evitare il sonoro perché il giorno prima c'era una cicala malefica che gracchiava sull'albero a squarcia gola e stamattina era ventoso che disturba il sonoro: ora non c'è traccia né di vento né di insetti rumorosi, ma tant'è!David mi sta proprio davanti per cui mi sposto un po' a destra per filmare gli sposi, decisione pessima per quello che segue. Al momento del bacio il "Katz del cazz", il fotografo professionista ospite della famiglia, si alza dalla sedia e si pianta di fronte alla mia cinepresa, io gli sibilo di spostarsi ma devo scuoterlo per la giacca perché mi dia retta e si volti con espressione di finto orrore - ma è troppo tardi. Quando lo dico a David mi dice che neanche lui è riuscito a prendere il bacio -siamo del gatto! David fa le sue rimostranze al Katz che si difende debolmente, dicendo " non crederete che l'abbia fatto apposta vero?" Non sta a me dargli del bugiardo ma gli dico che sapeva benissimo che ero proprio accanto a lui perché due volte gli avevo gesticolato di passarmi di lato e non di fronte per sedersi, e proprio da lui, un collega, mi aspettavo di meglio. Nel frattempo hanno servito il vino a tutti gli ospiti perché brindassero con gli sposi e un intero vassoio di bicchieri viene versato su un povero ospite in ultima fila... doppio oops! VabbèCerimonia: check sulla lista, next!
Seguiamo il Wedding Party che si incammina verso il castello per le fotografie. Sposi, parenti, damigelle, giovinotti, arriviamo al castello per scoprire che c'è un'altro matrimonio che si sta facendo le fotografie e dobbiamo aspettare... argh. Lo sposo mi vuole mandare a chiamare rinforzi, si sente Principe Ereditario e vuole far pesare la sua posizione privilegiata. Mandano uno dei giovanotti invece, ma c'è poco da fare, siamo nel 2011 per fortuna in una paese relativamente democratico e di memoria socialista e dobbiamo aspettare il nostro turno. Loro bevono Champagne che un cameriere ha portato lassù con degli snacks: ogni tanto adocchio desiderosa la bottiglia nel portaghiaccio ...sigh
Vengo mandata alla macchina a prendere lo strobe, (la mia inconfessata passione) taglio attraverso la proprietà passando tra un gregge di cani slegati che abbaiano vogliosi vicino ai miei stinchi, una gioia... Arrivo al parcheggio che è il punto diametralmente più distante dal castello in tutta la proprietà e trafelata riesco a montare la tenda intorno al flash; a connettere i cavi ed accendere e testare il flash e a montarlo sul palo poi caricatami tutto in spalla mi avvio per la salita di ritorno. Mi sono anche messa le scarpe a posto dei sandali ma ho fatto peggio... Arrivo su per accorgermi che ho dimenticato lo slave da mettere sulla macchina fotografica (un aggeggio che manda gli impulsi all'altro aggeggio montato sul flash perchè scatti in sincronia con la macchina fotografica) quindi già sudata e senza fiato riparto attraverso cani, villa, etc. Altro giro altra corsa, tornata su vengo rimandata a prendere la lente lasciata in cantina. Cazzarola, è il momento più duro della giornata, comincio ad accusare....
La terza volta che salgo i 30 scalini medioevali - leggi ripidi - che porta ai bastioni solo il fratello dello sposo mi chiede se voglio una mano: E' gay, porta due hearing aids arancioni negli orecchi, forse ha una sensibilità maggiore degli altri per le minoranze eccentriche? Lo benedico, lo ringrazio ma finisco da me. Terminiamo gli scatti contro il muro, la sorella dello sposo crede di essere divertente parlando continuamente con l'accento di un italiano che parla male l'inglese, non rendendosi forse conto che è offensiva? Nella disperazione data dalla stanchezza comincio ad odiarla.
Colpo di grazia finale gli ultimi scatti, presi mentre scendiamo la scala, riprendendo gli sposi prima dall'alto e poi dal basso, mentre nei scendiamo velocemente all'indietro, David senza guardare e io carica e traballante come un somaro. Sono ad un millimetro dal rifiuto totale tipico di quelle bestie quando David mi dice che devo andare più svelta per tenere la luce più lontana dagli sposi che avanzano. Parla bene lui che ha le gambe lunghe il doppio delle mie e non si è fatto la collina su e giù sei volte. Io zitta e a testa bassa mi dico che sarei un'idiota a rischiare di cadere e farmi male per quelle scale, mi conosco abbastanza da sapere che sono al limite e non posso spingere di più. Ma una parte di me osserva ansiosa le SUE scarpe per accertarmi che si posino bene sugli stretti gradini rosi dalle intemperie, e quando a volte incespica un po' mi sale il cuore in gola......
Finalmente è il turno di Katz con gli sposi, -TUTTI TUOI STRONZO!
Controlliamo sulla lista che siano stati fotografati tutti i gruppi richiesti, check, check, check, check, però mancano ancora parecchi scatti....
La gente si siede finalmente per la cena. Filmiamo i discorsi, preparo i set delle foto "creative" per quando finalmente riusciremo a portare via gli sposi dalla festa. Faccio preparare due serviti sul tavolone da 25 per una foto dei due sposi che richiami la vita di ogni giorno, uno di fronte all'altro su un tavolo assurdamente lungo. Sull'alzatina nel mezzo ai due metto l'unica frutta fresca che riesco ad ottenere: un'ananas, che mi pare si adatti bene a simboleggiare la vita in due- dolce ma con spine.
Ci viene detto che lo sposo vuole più foto: qualcuno ci dice che non dovremmo stare nel mezzo a filmare perchè gli ospiti non vendono; ci alterniamo, cercando di non essere di intralcio ad ospiti e camerieri.
La Planner mi chiede di dire ai musicanti - fisarmonica, chitarra e mandolino- che suonino un walzer per la danza della sposa con il padre. Mi viene in mente non so come "O mio babbino Caro", dell'opera Gianni Schicchi, un pezzo che mi commuove sempre, (anche ora che sto scrivendo- zac lacrime agli occhi.) Il pezzo è perfetto e la WP mi ringrazia ripetutamente per la scelta. La cena scorre lenta e noi non stiamo fermi un momento. In cucina riesco a farmi dare 3 piatti di gnocchi e mangiamo al volo. La WP è stressata perchè ha finalmente litigato con Diane che se n'è andata cercando di portarsi via uno dei pulman che Mary Ellen però è riuscita a tenere qui.
E' ovvio oramai che gli sposi non hanno nessuna intenzione di farsi fotografare prima della fine della cena, ma non ci sediamo certo a riposarci. Frulliamo per questo e per quello, la Planner si lamenta, io ascolto e simpatizzo; David scarica le immagini sul portatile e io faccio rimettere i piatti sul tavolone perchè qualcun,o furbo, li ha tolti.
Ad un certo punto nel salone dove siamo accampati intravedo un movimento sospetto e poi un forte CRASH di legno che si rompe. Mi giro in tempo per vedere il corpo di David che si ritrae dal lungo tavolo che si è parzialmente abbattuto a terra. Gli chiedo incredula se ci sia salito in piedi come voleva fare con l'altare... lui arrossisce, sorride imbarazzato e dice di essersi appoggiato solo con un un gomito al centro del tavolo: è possibile che sia bastato perchè David è alto e robusto e deve pesare anche tenendo i piedi per terra... Teniamo il tavolo come possiamo fino a che arrivano aiuti che lo puntellano per il momento con scatole di vino vuote. Sono seccati, è un danno, come lo diranno ai Marchesi? Ci possiamo scordare la foto su quel tavolo ora quindi faccio togliere i coperti.
Finisce la cena se dio vuole, facciamo le foto con tutte le famiglie e gli sposi, sui divani di velluto sottile, attorno ai mobili delicati e fragili, circondati dai dipinti antichi che ritraggono santi, martiri e avi della famiglia, tutta storia la cui fragilità e impermanenza rimane aliena a questi americani. E questi volti sani e rubizzi, dalla genetica poco diluita, acquisisce un tantino di gravitas in questo ambiente, una dose di stolidità che dona ai nostri "gruppi di famiglia in un interno".
La festa si è spostata in un'altro cortile dove c'è un'enorme torta a vari piani, un wine bar è stato approntato e il DJ ha preparato i suoi strumenti per farli danzare, come d'obbligo per ogni matrimonio che si rispetti. La torta viene ammirata, lodata, viene presentato il pasticciere, viene tagliata, e gli sposi se la spalmano sulla faccia l'uno con l'altra, un gesto irresistibile pare per qualsiasi sposo, che dopo la dura giornata trascorsa nutre già un filo di risentimento verso il partner che ritiene causa di tutta quella commozione.
Poi ballano. Noi abbiamo finito, o meglio, a David ci vuole che uno gli dica a muso duro che non è piacevole avere una flashata sul viso per scoraggiarlo a scattare ancora e così l'abbozza anche lui, e finalmente accusa stanchezza. Io porto giù l'equipaggiamento, ho trovato una scorciatoia che passa dentro la casa evitandomi di fare il giro del prato e lo scalone esterno: 300 metri in meno per viaggio e per di più non al buio.. :-)
Smonto, carico la macchina, mi cambio le scarpe perchè queste sono stivaletti Malesi, mille volte meglio i sandali guarda, mi sembra di camminare direttamente sulle ossa scarnificate dei miei piedi...
Sono le 12 passate, torno su e la Planner dice di essere fottuta perchè i pulmini non ci sono e ha 80 persone da riportare a Firenze. Mi faccio dare i 2 numeri di telefono in suo possesso (l'ncarico era di Diane) sperando che siano degli autisti e chiamo vergognandomi di dover svegliare qualcuno. Al primo tentativo mi riattaccano in faccia, poi risponde un autista che mi dice di essere là fuori, sono in due e aspettano dalle 10 che li chiamiamo... siamo salvi.
Cominciano a calare nell'androne i più anziani e i più stanchi che sperano di poter partire subito ma dobbiamo riempire i pulmini prima di mandarli via, e anche se abbiamo detto che la festa finisce alle 1 non possiamo andare su e staccare la spina, dobbiamo aspettare che la festa si spenga da sè. Alcuni ospiti si lamentano, cercano un passaggio con noi ma noi non potremo andare via fino a che la Planner non ha messo tutti sui pulman, sarà una cosa lunga anche perchè la Planner vorrebbe essere accompagnata a Sesto (io non ho idea di come arrivarci), non vuole andare all'albego da sola per via di Diane. Le dico che può dormire con me, c'è un letto in più nella mia stanza e domani con calma la portiamo a prendere la sua roba e si trasferisce dove vuole.
Parte un primo bus per la villa vicina. Quando torna si riempie veloce ma riesco a farci entrare un bellissimo asiatico con la moglie, convincendo l'autista a non separarli. Partono alle 2 circa, calcoliamo speranzosi 45 minuti,  1 ora massimo a quest'ora di notte:  in realtà ci vuole un'ora e mezzo per l'andata e ritorno.
Anche i più giovani cominciano ad arrivare in cortile stanchi, alcuni sono molto sbronzi, una ragazza è in condizioni pericolose, scalza con i piedi che fanno schifo, è accasciata sulle scale, temiamo che ruzzoli di sotto. Kara arriva con una mano piena di tacchi delle scarpe che ha raccattato in giro e l'altra di borse e pochettes. Adoro questa ragazza che sembra sempre all'altezza di tutto. Fresca come una rosa, lucida e attenta ha fatto il giro del giardino al buio per accertarsi che nessuna abbia lasciato roba in giro; sa quante persone sono rimaste in villa e dove sono, e dolcemente conduce i più restii a venire giù per essere contati in modo che il personale di sopra possa rimettere in ordine. Convince la sbronza a scendere e sdraiarsi sulla panca dell'androne dove si accascia semimorta. Se non altro non camminerà sui vetri rotti di cui landrone è cosparso insieme ai bouquet di fiori, le borse, le scarpe, le dozzine di calici e bottiglia semi vuoti. Hanno lasciato un bel casino non c'è che dire, hanno ragione a non affittare mai per matrimoni, questo era un caso speciale che conferma la regola.
Io vado su a prendermi una fetta di torta che è fantastica! L'impasto leggero della schiacciata alla Fiorentina piena e coperta di panna montata incastonata da ribes rossi, neri e bianchi, lamponi e more grandi come occhi.
Faccio i miei ringraziamenti e saluti allo staff e a quelli in cucina, poi mi procuro un bicchiere di vino bianco, e torno giù, non prima di aver avvisato tutti quelli ancora di sopra che vengano giù perchè rimarranno lì se non salgono subito sul bus quando arriva. Faccio la conta anch'io e mi pare siano esattamente quanti i posti sul pulmino ... speriamo bene. C'è un tipo simpatico un po' sbronzo, il ragazzo di quella che sta smaltendo la sbronza sulla panca, che si unisce a noi sul muretto sul bordo del piazzale, da dove controlliamo la strada per vedere quando arriva il pulmino. Ci racconta del suo lavoro, nel campo dell'ospitalità, e di come all'albergo Eden Rock li stiano trattando malissimo, rifiutandogli pare anche di dargli i piatti su cui mangiare. Dopo che hanno cancellato le 10 camere al'Le Rondini dove stiamo noi, se lo meritano di venir trattati da pellai nel posto figo... Di sicuro si sono alienati l'ospitalità facendo casino a tutte le ore, anche se il tipo simpatico dice che sono stati educati e mai disturbato... chi credere?  Arrivano 3 macchine creando false speranze ma è personale che viene ad aiutare a pulire...
Kara è l'unica che si rallegra a vedermi finalmente bere un bicchiere in relax, dice più volte che è così felice che finalmente ho smesso di lavorare, devo aver veramente fatto un po' pena. Mi rendo conto che non è usuale vedere una donna, per di più di mezza età come me, fare un lavoro come quello che ho fatto questi tre giorni.
Sono sveglia come un grillo oramai, sono le 3 passate, chiamo il numero dell'autista per sapere che fine a fatto il pulmino e vengo a sapere che i deficienti arrivati in albergo lo hanno fatto rimanere lì per un pezzo a chiamare taxi e a non so che altro e che quindi è in ritardo.
Quando finalmente arriva salgono tutti e.... ci sono 3 persone di troppo. Convinco l'autista che deve portarli via perchè non si può fare altrimenti, lui tentenna, rischia la multa o altro così per abbonirlo dico a tutti che se l'autista dice la parola Polizia tre di loro devono sparire sotto i sedili... pena la galera- e con quella l'autista si tranquillizza e partono, non prima di aver però raccogliere il sacco sbronzo e legato con la cintura di sicurezza sul sedile davanti nel caso che debba vomitare...
oi oi...
Partiamo anche noi, guido io perchè David non ne può più. Vuole che segua il pulman fino alla villa, dove gli ospiti devono prendere delle sacche, e lui vuole trovare una macchina fotografica che ha lasciato a qualcuno perchè la usasse. Anche al tipo simpatico ne era stata affidata una e lui a filmato religiosamente tutti i discorsi, così siamo tranquilli che per lo meno quel  materiale c'è.
Seguiamo il pulmino fino allo svincolo per Pontassieve, e appena la strada si raddrizza, li sorpasso, suono il clackson e CIAO! A quell'ora facciamo presto ad arrivare in albergo, portiamo su la roba davanti alla proprietaria che fa la notte e aprendo la porta ci guarda severa, ma non chiede nulla sulla terza persona con noi per cui non diciamo nulla neanche noi. Mi fiondo in bagno, mi metto i tappi e buona notte al secchio! Ce l'ho fatta, ho fatto tutto al massimo delle mie possibilità, ho fatto un buon lavoro, ANCHE se ho cannato le riprese video, ANCHE se le luci non erano dirette nella direzione giusta, ANCHE se non vengo pagata il saldo: Ho finito e per me ho finito bene.

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