LO SPELEOLOGO
di NICOLAS ICARDI
I Monks sono stati un gruppo seminale formato da soldati americani di stanza a Heidelberg in Germania.Suonavano un rock and roll furioso e primitivo, anticipando il noise rock alla Velvet Underground e il punk-rock del decennio successivo.Le loro canzoni sono fortemente satiriche ,frutto di un atteggiamento socio-politico provocatorio e il loro aspetto era uno sberleffo alla religione: erano vestiti da frati col saio e la chierica. Canzoni come "I hate you" e "Drunken Maria" sono veramente moderne sia nei testi che nella musica: grida, feedback e testi dissacratori. Come detto i cinque erano militari congedati dall’esercito americano ed una volta decisi ad intraprendere la carriera musicale cambiano il nome del gruppo passando da The Torquays ad un ben più incisivo The Monks. Furono due giovani manager tedeschi, Walther Niemann e Karl-Heinz Remy, in cerca di nuovi fenomeni musicali, a consigliare ai Torquays di cambiare ragione sociale e rifarsi il look. Da allora Gary Burger (voce e chitarra), Larry Clark (organo), Roger Johnston (batteria), Eddie Shaw (basso) e Dave Day (banjo) più che una band, divennero, insieme ai loro due manager, una vera e propria comune artistica, e visto l’acronimo scelto il passo successivo sembra inevitabile, completo sobrio rigorosamente nero con una cordicella bianca intorno al collo come cravatta ed il tipico taglio da monaco, che aveva trovato più di una qualche opposizione, iniziale, da parte di alcuni dei membri. I primi passi (dopo essersi fatti le ossa suonando nei locali che circondavano la base militare) li muovono nei locali più “in” tedeschi. Ma i Monks si vogliono affrancare dall’ondata di gruppi d’oltremanica che stanno spopolando in giro per il mondo o dalla furiosa scena garage esplosa nel loro paese natio, quindi compongono il loro primo set di cover deviate di Chuck Berry e surf-music impazzita. La voce di Gary Burger sembra quella di un folle dopo un trattamento di psicofarmaci in manicomio ed i suoi riffs di chitarra sono vere e proprie rasoiate al vetriolo. Dave Day suona il banjo elettrificato (una novità all'epoca), mentre l’organo di Larry Clark a tratti sembra uscire da una chiesa sconsacrata. La sezione ritmica, formata da Roger Johnston alle percussioni ed Eddie Shaw al basso, suona potente e violenta. Il loro esordio di fronte al grande pubblico avviene nel 1966 in alcune trasmissioni per la televisione tedesca, dove presentano il loro singolo d'esordio "Complication". Non riescono a entrare nelle classifiche di musica pop ma nonostante lo scarso successo di pubblico, pubblicano il loro secondo singolo "Cuckoo" che contiene la b-side "I Can't Get Over You". Anche questo vende pochissimo, ma realizzano ancora un terzo singolo, "Love Can Tame the Wild". Tutti i singoli sono del 1966 ed in questo stesso anno esce anche il loro unico album, "Black Monk Time" (Polydor, 1966) e' uno degli album più formidabili degli anni '60, un capolavoro se ascoltato adesso ma un flop per l'epoca. Nell'album possiamo trovare un modo di comporre, eseguire e soprattutto registrare i brani che era del tutto inusuale per le curate produzioni americane ed inglesi, dove tutto doveva suonare ben bilanciato, equilibrato, insomma perfetto. Fanno canzoni dove anche la chitarra elettrica viene suonata in modo inusuale e decisamente moderno. Si fa spesso uso del feedback e c'è l'organo da messa nera psichedelica in anticipo su Doors e Pink Floyd. Purtroppo il vinile prodotto dalla Polydor Germany non varcherà mai i confini teutonici, se non dopo più di un decennio, ed i nostri decidono all'inizio del 1967 di prendere altre strade, tre di loro (Burger, Clark e Johnston) sospinti dalle mogli tornano negli States dove torneranno ad una vita normale. Seguiti qualche anno più tardi da Eddie Shaw, che diventerà editore e pubblicherà la loro bellissima autobiografia a ricordo di quel periodo. Dave Day, invece, trascorre nove anni da eremita disperso da qualche parte nel cuore della Foresta Nera tedesca, prima di tornare a casa ed essere, sul finire del secolo, il responsabile della reunion dei 4/5 della band originale per alcune esibizioni dal vivo. Vi segnalo la pubblicazione del dvd "The Transatlantic Feedback" un documentario contenente le loro esibizioni live anni '60 e quelle più recenti che ha ricevuto svariati premi.
Da "Black Monk Time" del 1966 vi propongo 3 tracce:
“Complication”, con i suoi contrappunti vocali da surf band ubriaca, è un attacco marziale contro tutto e tutti. Contro i terroristi che nel nome di Allah compiono mutilazioni ed omicidi, contro i Vietcong, contro chi in nome di Dio manda i ragazzi in guerra a combattere.
“I Hate You”, e' un folk-rock ma reso dai Monks quasi claudicante, con la voce da delirio alcolico di Burger che declama una serie di invettive alla ragazza di cui era innamorato.
“Monk Time”, e la traccia che del garage-rock non può che essere il manifesto: tambureggiare selvaggio e chitarre sferraglianti quasi in funzione percussiva, declamazione delirante e giro psicotico d’organo.
Disco leggendario, insomma, "Black Monk Time", che ha segnato intere generazioni di musicisti, dagli anarchici Sex Pistols, agli scanzonati Ramones, dagli indemoniati Cramps, fino ad arrivare agli insospettabili Beastie Boys, anche se l'industria discografica del loro tempo ma soprattutto il pubblico non era ancora pronto per il loro entusiasmante, frastornante, selvaggio sound. Rimasto per anni quasi irreperibile, è stato da poco ristampato dalla Universal. Inutile aggiungere che, per chi se lo fosse perso in passato, è l’occasione buona per rimediare.
COMPLICATION - 1966
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I HATE YOU - 1966
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MONK TIME - 1966
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appuntamento a domenica prossima...