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La saga di "Twilight" davvero sta contagiando molti sottotesti filmici odierni, ultimo dei quali è senza dubbio "The Moth Diaries", di quella Mary Harron che avevamo trovato (sciaguratamente) dietro la macchina da presa di "American Psycho" (2000), riduzione spenta e amorfa del ben più potente testo di Ellis. La Harron qui tenta di rivitalizzare il sottogenere gothic-horror, in un modo che con il perturbante e con il gotico non ha nulla a che vedere, e soprattutto nulla ha che vedere con qualsivoglia "rivitalizzazione" delle suddette categorie estetiche. Al contrario la Harron produce una specie di risciacquatura di piatti, cercando di darle un'apparenza interessante, ammiccante, che comunque risciacquatura rimane. Non basta una citazione, veloce, insipida del racconto "Carmilla" (1872) di Sheridan Le Fanu, per dare spessore a una storia vuota e insapore come questa. Ma non sono solo quelli appena menzionati i problemi di "The Moth Diaries". Il vero problema è la focalizzazione della storia sul narcisismo adolescenziale visto in chiave femminile. Un tema simile è già di per sè più che arduo se non si manovra con mano salda la psicologia dei personaggi e non la si sa rendere in modo autentico ed espressivamente vitale. Viene in mente, a proposito di resa filmica delle tematiche narcisistiche (il rispecchiamento identitario, la fusionalità, l'immaginario adolescenziale, etc.), il memorabile "Heavenly Creatures" (1994) di Peter Jackson con quella giovane e splendida Kate Winslet contrapposta all'alterità sofferta di una intensa Melanie Lynskey. La Harrion si pone agli antipodi di un modo tale di fare cinema: spegne la luce su ogni spunto dello script che le permetterebbe di far alzare in volo veramente quella farfalla che ci mostra nei titoli di testa. Qui ci troviamo di fronte a rimandi leggermente, velatamente narcisistico-lesbici, mai davvero sviluppati e pensati. Ma, come si suol dire, no pensiero no party. E infatti l'esito finale è piattissimo, smisuratamente piatto e inconsistente. Non parliamo, poi, di come viene trattato il tema della sessualità adolescenziale, cioè non trattato, o meglio reso opaco e orbitalmente marginale, quando invece tale tema è proprio il cuore pulsante di ogni transito adolescenziale, gotico o non gotico che sia. Dove diavolo è finito David Lynch? La Harron ha mai, per puro caso, dato un solo sguardo a "Twin Peaks?" Sa chi è Laura Palmer? Le vaghissime scene di amplesso che ci mostra sono statuarie e immote come il lago Baikal ghiacciato in inverno. La triade Rebecca, Lucy, Ernessa è sempre sfocata, dinamicamente non credibile sul piano narrativo, televisiva nei dialoghi, afona nell'espressione di emozioni potenti, quali appunto la gelosia in adolescenza, vero cardine basilare di quel periodo dell'esistenza di ciascuno di noi. Il Perturbante non alligna in alcuna inquadratura, ed è depositato in modo tombale, per così dire, nel personaggio del professor Davies (Scott Speedman), laddove la spettrale Ernessa diventa invece la caricatura di una ragazza demoniaca che non convince per niente. Il film inoltre non presenta picchi adrenalinici di sorta, anzi, tende a far assopire lo spettatore in molti punti e a far rimpiangere i libri di Hoffmann e Le Fanu, oppure tutta la tradizione letteraria ossianica anglosassone. Effettistica, musiche e fotografia emergono diafani come tutta la costruzione narrativa generale, e non incidono di una virgola sulla gestalt complessiva del prodotto. "The Moth Diaries" è un film che si fa velocemente dimenticare. Per fortuna. Da evitare.
Regia: Mary Harron Soggetto e Sceneggiatura: Mary Harron, Rachel Klein Fotografia: Declan Quinn Montaggio: Andrew Marcus Musiche: Lesley Arber Cast: Lily Cole, Scott Speedman, Sarah Bolger, Sarah Gadon, Valerie Tian, Judy Parfitt, Melissa Farman, Anne Day-Jones Nazione: Canada, Irlanda Produzione: Alliance Films, Edward R. Pressman Film, Irish Film Board, Media Productions Max Durata: 82 min.
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