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The never ending story

Creato il 03 settembre 2011 da Patrizia Poli @tartina

Come prima di lasciare Rivendell, i personaggi si soffermano a discutere col loro autore il possibile esito della vicenda, così, prima di affrontare la prova decisiva di Monte Fato, essi coinvolgono i lettori nelle loro riflessioni su se stessi come personaggi, sul genere letterario in cui si trovano inseriti, sulla qualità del mito, sul valore del lieto fine.

“I wonder”, said Frodo. “But I don’t know. And that’s the way of a real tale. Take anyone that you’re fond of. You may know, or guess, what kind of a tale it is, happy-ending or sad ending but the people in it don’t know. And you don’t want them to.”

Questo è un chiaro avvertimento al lettore: chi ha riconosciuto all’interno di The Lord of the Rings il modello della quest della fiaba, non può che essere sicuro del lieto fine della storia, ma ciò non deve impedirgli di comprendere fino in fondo le sofferenze atroci dei personaggi, i quali non sanno in quale genere di storia sono finiti e non possono prevederne la felice conclusione. Avere accettato il modello fiabesco della quest a lieto fine, non vuol dire togliere ai personaggi il loro valore umano, le loro sofferenze, il loro spessore. Forse qui Tolkien si sta davvero chiedendo se non sarebbe meglio rinunciare al lieto fine per non sminuire i personaggi, facendone dei semplici attori di funzioni fiabesche. Tolkien sceglie di rischiare. 

Il modello della quest è lo stesso per tutti i racconti, tanto da fare di essi un’unica grande storia. All’interno di questo modello i personaggi cambiano, vanno e vengono a seconda della parte assegnata loro. Tuttavia, per il breve momento in cui hanno vita - momento che si ripete a ogni riapertura di libro - essi sono persone e non personaggi, e bevono fino in fondo il calice dell’amarezza o della gioia loro imposto.

“Beren now, he never thought he was going to get that Silmaril from the iron crown in Thangorodrim, and yet he did, and that was a worse place and a blacker danger than ours. But that’s a long tale, of course, and goes on past the happiness and into grief and beyond it. And the Silmaril went on and came to Earendil. And why, sir, I never thought of that before! We’ve got - you’ve got some of the light of it in that star-glass that the lady gave you! Why to think of it, we’re in the same tale still! It’s going on. Don’t the great tales never end? “No, they never end as tales” said Frodo.  “But the people in them come, and go when their part’s ended.  Our part will end later or sooner.”

Ci corre d’obbligo ricordare qui la similitudine col successivo  “The Neverending Story” di Michael Ende.

 Sam si chiede se finirà o meno in qualche racconto scritto. Egli è sicuro di star vivendo una storia, ma non tutte le storie vengono scritte: molto eroismo rimane sconosciuto.

“Still, I wonder if we shall ever be put into songs or tales. We’re in one, of course; but I mean put into words, you know, told by the fireside, or read out of a great big book with red and black letters, years and years afterwards.”  

continua…


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