Una Voce, che è personaggio e mistero risolto al termine dell’intreccio; una voce che è quella del narratore onnisciente che si esprime per frasi apodittiche e trancianti; le voci della pletora di personaggi che affollano le pagine e un’ultima voce (di Johnatan Hickman), che parla nelle note poste in chiusura dell’opera, che ha un ruolo tutto particolare su cui varrà la pena soffermarsi.
Ognuna di queste voci ha un obiettivo e segue una strategia; usa il linguaggio e propone affermazioni sull’utilizzo che le altre ne fanno.
Ma in realtà, noi lettori possiamo applicare le riflessioni di ciascuna all’utilizzo che essa stessa ne fa.
E, alla fine, questo è ciò che resta.
Un confine sottile: il lettore cooptato
Una storia definisce uno spazio, diciamo un dominio narrativo, rispetto al quale il lettore è un osservatore esterno: pensiamo a un pianeta e a una sonda esplorativa che gli orbiti intorno (mi raccomando: è un’immagine, non un modello analitico). Leggendo, il lettore acquisisce l’opera; cercando di capire, si avventura in essa: in questa fase, opera e lettore interagiscono e qui nasce l’interpretazione (che quindi è un’entità distinta dall’opera).
Coinvolgimento significa partecipazione; partecipazione significa fare parte di.
Torniamo all’immagine iniziale: da una parte il mondo dell’opera, dall’altra il lettore che sonda e inizia a ragionare. Abbiamo due termini dai ruoli distinti: quello dell’opera sembra sostanzialmente passivo, come fosse un oggetto a completa disposizione del lettore, che può farne e trarne ciò che vuole. Il lettore sembra cioè in grado di fagocitare l’opera nel proprio mondo e sistemarla in un qualche punto della propria enciclopedia di riferimento.
A meno che l’opera non proponga una propria mossa in questo gioco.
Il narratore onnisciente di The Nightly News parla al lettore.
Come l’aragosta di cui raccontava Stefano Benni in Bar Sport, lo fa per salvarsi, il che vuol dire per tentare di sfuggire all’arbitrio interpretativo del lettore.
Tornando all’immagine sopra proposta, l’atto di rivolgersi direttamente al lettore dalla pagina corrisponde al tentativo dell’opera di estendere il proprio dominio narrativo in modo da includerlo, ovvero trascinarlo dentro la storia. È una tecnica largamente utilizzata in lavori di saggistica e divulgazione, per carpire attenzione, stimolare il coinvolgimento, così che risultino avvincenti anche durante l’esposizione di ragionamenti complessi.
Corrisponde a guardare l’interlocutore negli occhi e dire: “Sto parlando proprio con te!”.
O, addirittura: “Sto parlando proprio di te”.
E certo The Nightly News intende parlare del lettore, del suo mondo.
Il narratore onnisciente di The Nightly News interroga il lettore e lo inonda di sentenze, aforismi, dati, che riempiono commenti in didascalia e inserti, testuali e grafici. Tutte queste informazioni sono riferite al mondo reale, quello a cui appartiene il lettore. Tenore dei commenti e selezione delle notizie sono tali da alimentare tensione e impatto emotivo delle vicende e rafforzare l’idea che il contesto in cui è sviluppata la storia sia la realtà. La realtà vera, quella che magari al lettore resta nascosta da un velo, velo di cui vengono esposte origine e composizione.
L’uso dell’invocazione diretta e la commistione fra gli elementi di realtà e quelli della costruzione narrativa creano un ambiente ibrido in cui il lettore, trascinato a viva forza, diventa pseudo personaggio, e istintivamente utilizza quegli elementi di realtà come riferimento e base per decidere l’atteggiamento nei confronti degli eventi messi in scena.
Tutto è caotico, frammentato e in questo caos ecco le voci a offrire una guida.
Ma, oltre che di parole, The Nightly News abbonda di eventi.
Il lettore si confronta con una sequenza di omicidi di giornalisti a opera di un gruppo organizzato da un personaggio misterioso, che si cela sotto lo pseudonimo “La Voce”. Il gruppo di assassini, indicati dai media come “gli adepti del culto della Voce”, è costituito di persone la cui vita è stata distrutta da inchieste giornalistiche, a volte non documentate e costruite semplicemente per raggiungere la massima diffusione.
La distorsione delle loro vicende è un dato di fatto e tiene (punto unico in tutto il racconto) ferma la differenza fra realtà e interpretazione. In generale, i giornalisti sono mostrati collusi col potere (politico ed economico) e convinti di avere una missione di guida che nasce dalla accettazione della disuguaglianza e risulta nell’espropriazione della libertà di scelta. Potere politico ed economico sono assunti complici nel generare ricchezza sfruttando e ingannando le persone che non fanno parte dei propri circuiti e utilizzando i mezzi di comunicazione come strumenti di condizionamento. Notizie, statistiche e sondaggi citati sono scelti in modo da confermare la realtà della scenario (la realtà, non la verosimiglianza: questa distinzione cade nel momento in cui sono inseriti come elementi all’interno della narrazione). I poteri economici, politici e di informazione e le persone che vi partecipano sono quindi definiti come entità antidemocratiche, autoreferenziali ed esclusive.
Tutto è vanità
The Nightly News racconta quindi una ribellione che si nutre del desiderio di vendetta di singoli individui contro un sistema di potere consolidato, onnisciente e senza possibilità di riforma. Le vicende dei vari personaggi e le notizie extranarrative fornite sono tali da indurre nel lettore comprensione nei confronti dei moventi del Culto. Di più: sulla tavola abbiamo pensieri, tentazioni e desideri largamente diffusi: “è impossibile cambiare, bisogna iniziare a distruggere“. È in fondo l’idea che aleggia ai confini della propaganda dei movimenti populisti di successo: delegittimare tutto per poter eliminare tutto (e sostituire il proprio potere, ovviamente illuminato, a quello rimosso, ovviamente marcio).
La costruzione dell’intreccio evita gli intercalari narrativi e i passaggi causali, che l’avrebbero ricondotto nella tipologia del mystery, dell’hard-boiled o dell’action, e sfrutta una messa in scena sostanzialmente basata su dialoghi e monologhi che espongono in maniera martellante i punti sopra elencati.
L’impostazione grafica rafforza l’atmosfera oppressiva usando largamente primi piani, “camera looking” nei monologhi e appiattendo lo spazio su due dimensioni, grazie anche all’uso dei colori. Ogni elemento contribuisce cioè a rendere ambiguo il confine fra opera e lettore. In questo senso, siamo quindi di fronte a un’opera a lunghi tratti didascalica, che implementa un modello complottista.
Si badi: non abbiamo un intreccio che sfrutta meccanismi di paranoia, mostrando la scoperta del complotto, ovvero della vera essenza del mondo (alcune opere di Philip Dick sono esemplari di questo approccio, che alla fine è gnosticheggiante). Quel complotto, quella vera essenza sono l’assunzione di partenza; l’io narrante, i membri del sistema di potere e la Voce lo assumono come base data per ogni ragionamento.
Detto altrimenti, non abbiamo personaggi paranoici, ma paranoia realizzata come fondazione della vicenda. Lo scioglimento conferma in maniera lampante questa interpretazione: lo stesso Culto della Voce è parte del complotto e, al termine della sequenza di scatole cinesi (media, potere politico, potere economico, eccetera eccetera, che concorrono nella manipolazione degli individui), troviamo, semplicemente, il nulla.
Ed è proprio questo vuoto finale, che di per sé indurrebbe pura frustrazione nel lettore che avesse affrontato l’opera considerandola non realistica, a spiegare la ricerca della confusione realtà/racconto: solo nella realtà, infatti, può essere giustificato/accettato un simile scioglimento. Come noto, mentre un racconto d’invenzione richiede verosimiglianza, la realtà semplicemente accade. Il fatto è che, dopo lo svelamento dell’identità della Voce, il testo ha già espresso tutto, l’ultimo stimolo essendo quello di considerare che a identità di mezzi corrisponde identità di principi e conseguenze. La storia ha semplicemente bisogno di una scena dove mettere la parola “fine” e interrompere la narrazione.
Al termine, non rimane più alcun grande disegno, bensì la noia come principio motore: come gli dei si divertivano con i mortali, così i potenti giocano con i comuni cittadini e la società.
Presidio dell’interpretazione ortodossa
La densità di stimoli delle tavole (ottenuta per accumulo di notizie e comunicazione a discapito di passaggi narrativi per così dire neutri) ha alcuni effetti diretti. Il primo è un lungo tempo di lettura; il secondo la saturazione del lettore che sia stato attratto nel dominio del racconto; il terzo, che si realizza nel caso si superi la fase di saturazione, è di indurre il lettore a confrontarsi criticamente con le idee che dominano dall’opera.
È in questo terzo caso che entra in gioco l’apparato di note accluse in coda al testo. Note che non solo illustrano alcuni passaggi e fonti della fase compositiva, ma propongono interpretazioni del testo.
Queste note non sono quindi da considerarsi parte del racconto, ma dei commenti di Hickman esterni all’opera, il cui fine implicito è guidare la lettura in nome di una sorta di interpretazione autentica garantita dall’autore.
In questo modo costituiscono un presidio interpretativo la cui esistenza è coerente con lo spirito del racconto: tutto è manipolazione del pensiero per controllare la visione del mondo degli individui e queste note sono l’estremo tentativo di manipolazione, da parte dell’autore, per assicurarsi che il lettore abbia dell’opera la visione che egli vuole.
Abbiamo parlato di:
The Nightly News
Jonathan Hichman
Traduzione di Aurelio Pasini
Panini Comics, 2012
176 pagine, brossurato, colore – 19,00 €
ISBN: 9788863042900
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