E se suda c’è un motivo ben preciso (fari a parte): The Niro non si limita ad eseguire le sue canzoni ma le interpreta con mimica facciale e movimenti del corpo che aggiungono notevole intensità alla performance, le recita e le vive, forse più o meno inconsciamente raccogliendo il fardello del suo nome. Inoltre, il cantautore, nei momenti più emotivamente coinvolgenti dei suoi pezzi, si dondola, si dimena, culla la sua chitarra o a volte si accanisce con veemenza su di lei, scuote la testa rapidamente e sembra quasi pronunciare le parole con tutta la rabbia che ha in corpo, per poi tornare serafico appena il ritmo della canzone ridiventa lento. Molti dei suoi brani sono infatti caratterizzati da cambi di ritmo, a volte anche repentini, e un pezzo che inizia con un mood tranquillo e rilassato può all’improvviso diventare più veloce, potente o arrabbiato e, raggiunto così un climax, tornare poi al punto di partenza. Per questo motivo non è facile definire lo stile o il genere di tali canzoni, ma se proprio dobbiamo dare una definizione sintetica, a mio parere quella che rende meglio l’idea è “folk-rock eclettico”. Le doti esecutive sono ottime, in quanto The Niro è provvisto di una voce molto duttile che riesce a passare facilmente dai toni gravi a quelli acuti e al falsetto, e dall’angelico al feroce senza mai perdere di potenza (spesso viene paragonata a quella del compianto Jeff Buckley). Anche la tecnica chitarristica è eccellente: The Niro ha un solo strumento a disposizione e cerca di sfruttarlo al massimo per non far rimpiangere l’assenza del suo gruppo, riuscendoci benissimo in quanto il suono che riesce a creare è pieno e corposo, arricchito con assoli fingerpicking che non lasciano alcun dubbio sulla preparazione del giovane talento.
Passando in rassegna i brani eseguiti, tutti rigorosamente in lingua inglese, e che a mio parere non hanno nulla da invidiare a quelli scritti dai più quotati songwriter internazionali, il concerto inizia con “The Ship”, inedito che farà appunto parte del disco catanese. Si passa quindi a due dei migliori pezzi di Best Wishes, “In My Memory” e “He’s A Prey”. Subito dopo invece si “torna indietro” nel tempo verso il primo omonimo lavoro con “About Love and Indifference”, brano del suo esordio discografico (in quanto costituisce anche l’apertura dell’EP di debutto) caratterizzato da un intermezzo di flamenco; l’energica e urlata “Liar”, uscita anche come singolo, e la delicata “Hollywood”, sempre per restare in tema cinematografico. Si prosegue con “Night Waltz”, un pezzo finora poco conosciuto in quanto disponibile solo come download bonus di Best Wishes, ma provvidenzialmente inserito nel progetto appena registrato a Catania. Poi, è la volta di “So Different” che viene dedicata al pubblico perché, secondo le parole di The Niro, «ognuno di noi è diverso… a meno che non ci siano gemelli fra il pubblico!», e di “Mistake”, canzone che sembra provenire da un’altra epoca. Dopo due brani nuovi, “Monologue” e un altro senza titolo, che potrebbero trovare spazio nel suo prossimo album di inediti, si ritorna al passato con “Just For A Bit”, si continua con “On Our Hill”, b-side dell’EP, e con l’epica e filmica “Post Atomic Dawn” e si conclude con “London Theatre”, singolo accompagnato da un videoclip che conferma le buone doti recitative di The Niro, alle prese con una rivisitazione de “Il fantasma dell’Opera”. A questo punto il cantautore ringrazia, saluta e va via, ma ovviamente tutto il pubblico ha apprezzato e chiede il bis, e lui è ben contento di concedercene addirittura due: “Circle” e “I Wonder”. E mentre fuori piove ancora a dirotto, per giustificare il secondo e ultimo bis trova spazio per un’ultima battuta: «Posso andare avanti? Tanto nessuno ha l’ombrello, vero?».
I quattro scatti inseriti nell’articolo sono di Sebastiano Filosto (foto 2 e 3) e Andrea Grasso (foto 1 e 4).