Gli Observatory (il 16 aprile a Bologna, il 17 a Roma, il 18 a Jesi) provengono da Singapore e sono dei veterani in giro dagli anni Novanta. Per noi che seguiamo un po’ Utech Records, che aveva dedicato una sua serie di abum ad artisti dell’Estremo Oriente, alcuni nomi non sono nuovi: sul catalogo dell’etichetta troviamo infatti Leslie Low (qui voce e chitarra) col progetto Pan Gu assieme a Lasse Marhaug, oltre ad Arcn Templ con Vivian Wang, che negli Observatory si trova ai synth e alla voce. Oscilla è un disco molto più approcciabile di questi appena menzionati, se vogliamo: quattro pezzi, piuttosto lunghi a dire il vero, nei quali la band fa tesoro della sua esperienza in tour coi norvegesi MoE e si produce in un noise rock molto lento e cupo (ma assolutamente masticabile da chiunque ascolti musica indipendente, e non solo), con una sezione ritmica che pesca dalle angosce post-punk e chitarre laceranti. Low, a differenza di molte sue controparti occidentali, interpreta in modo elegante e intellegibile testi in inglese che hanno a che fare con un discorso noto ma sempre attuale (specie se uno vive nell’iperliberista Singapore, direi), cioè quello sul sistema economico attuale che opprime l’individuo: la reazione degli Observatory è di tirarsi fuori da questo “vortice”, tanto che nella title-track si finisce per menzionare Zomia, la regione del Sud-Est asiatico nella quale vivono gruppi di persone non raggiungibili da forme di controllo statale, portando avanti piccole economie di sussistenza.
Buon disco, se riesco li testo dal vivo.