Magazine Cinema
"We accept the love we think we deserve."
Sulla carta, The Perks of being a Wallflower non prometteva di regalare particolari soddisfazioni: lasciare che Stephen Chbosky, autore dell'omonimo romanzo tradotto in Italia col titolo "Ragazzo da Parete", sceneggiasse e addirittura dirigesse la trasposizione cinematografica della sua creatura non sembrava una scelta particolarmente oculata, data l'inevitabile influenza esercitata dal testo e il fallimentare risultato registrato da altri colleghi ( David Nicholls e il suo One Day il più recente), per non parlare del tentativo di proporre il puro e semplice racconto di un'adolescenza travagliata ad un pubblico di giovani che distratto dalle tantissime saghe young adult affermatesi negli ultimi anni non sembra troppo ben disposta a leggere Salinger o a recuperare i lavori di John Hughes; Noi Siamo Infinito( questo il tremendo titolo italiano, con buona pace della citazione da cui è tratto) riesce però a mescolare il sapore nostalgico per un tipo di cinema che sembrava aver fatto ormai il suo tempo coi colori di una storia triste e amara gestita con delicatezza e grazia pronta a entrarti nel cuore e crescerti dentro, scrutandoti come uno specchio in cerca di memorie e sentimenti che pensavi di aver chiuso per sempre in un cassetto e che invece nel bene e nel male non ti lasceranno mai.
La vita del quindicenne Charlie Kelmeckis è prigioniera di una sequenza di flash e blackout che portano con sé misteriosi traumi repressi, ma mettendo da parte la silenziosa disperazione discendente dalle ombre della sua infanzia a rendere speciale questo solitario ragazzo di provincia è il suo essere prima di tutto un adolescente come tanti, timido e introverso, perso nella spietata e vendicativa giungla del primo anno delle superiori; per alcuni fortunati ripensare a quegli anni significa ricordare piacevolmente e con un pizzico di rimpianto il periodo più bello della vita, ma per molti altri si tratta piuttosto di fare i conti con la memoria di una sgradevole sensazione di impotenza e inadeguatezza, il bisogno di essere accettati nel pressante microcosmo scolastico per appagare il bisogno di appartenere a qualcosa o a qualcuno, le liti per motivi futili che potevano tagliare un'amicizia e riportarti subito contro la parete, a fare tappezzeria e a osservare in silenzio l'architettura della stanza e i suoi abitanti.
A sostenere Charlie lungo il percorso ci sono Patrick e la sorellastra Sam, outsider affamati della vita che non si lasciano intimorire dalla scoperta del nuovo, ma che dietro la maschera di una personalità fortissima non nascondono ferite meno profonde di quelle di altri coetanei: insieme a quegli amici che tutti avremmo voluto incontrare Charlie attraversa i corridoi della scuola portando sullo schermo argomenti scomodi e spinosi, come la scoperta del sesso e dell'amore, la depressione e il suicidio, l'omosessualità e l'uso di droghe: suggellato da una sequenza vibrante e liberatoria tutta costruita sulle note dell'immortale Heroes di David Bowie, il legame con Christiane F. e i ragazzi dello Zoo di Berlino è evidente e neppure troppo velato, ma la crudezza del film di Uli Edel del 1981 rimane indietro lasciando il posto a una regia discreta e mai pressante anche nei momenti più drammatici, decisa a proteggere i suoi ragazzi da una messa in scena brutale senza però eclissare il peso dei temi trattati.
Oltre che dallo spirito autentico e appassionato dei personaggi luminosissimi nelle prove di un'inedita Emma Watson, un finalmente convincente Logan Lerman e soprattutto un perfetto Ezra Miller nel complesso e sfaccettato ruolo di Patrick il fascino di The Perks è senza dubbio catalizzato dalle attenzioni, irresistibili agli occhi degli adulti più che a quelli dei giovanissimi, per quegli anni 90' in fondo non tanto lontani nel tempo ma eppure distanti anni luce dalla quotidianità e dalle tecnologie odierne: la classe degli anni 00' guarderà al walkman come mera archeologia per esaltare le gioie dell'iPod, ma i nati qualche anno prima non avranno dimenticato l'emozione di registrare su cassetta la propria compilation per regalarla a una persona importante, né la soddisfazione provata per aver scovato il titolo di una canzone ascoltata in radio per caso in un mondo privo di youtube e wikipedia.
"I know these will all be stories someday. And our pictures will become old photographs. We'll all become somebody's mom or dad. But right now these moments are not stories. This is happening, I am here and I am looking at her. And she is so beautiful. I can see it. This one moment when you know you're not a sad story. You are alive, and you stand up and see the lights on the buildings and everything that makes you wonder. And you're listening to that song and that drive with the people you love most in this world. And in this moment I swear, we are infinite."
Col sostegno di una colonna sonora impeccabile che riporta in Hit Parade Smiths e Sonic Youth, The Perks of Being A Wallflower è un piccolo grande film che non pretende di proporre un soggetto inedito o particolarmente originale, ma che nel raccontare come un libro aperto timori speranze e paure di una gioventù tanto familiare diviene incantevole e imprescindibile: se avessimo incontrato lungo la strada amici pronti a darci l'amore che meritavamo e a donarci un frammento d'infinito senza chiedere niente in cambio, sarebbe stato tutto più semplice.
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