Sulla soglia dei 50 Johnny Depp continua a sformare ottime interpretazioni di sé e dei suoi mille alter-ego.
Se mi si chiede di andare al cinema spesso e volentieri dico “ok..posso decidere io?” Egoista penserete voi,ma fidatevi quando vi dico che il guadagno del film non fa per me uno spunto di riflessione sul vederlo, piuttosto il contrario. Quando mi si è chiesto vediamo The rum diary, prima ho controllato attori, recensioni e trama e dopo aver capito che era mezzo sconosciuto ho detto “SI molto volentieri“. Tralasciando il fatto che per tutto il giorno a chiunque me lo chiedesse io rispondevo vado a vedere The rum party, gioco di parole e di concetti non so me lo facevano sentire più comprensibile, arriviamo al cinema, entriamo in sala e penso “ma ci saranno scazzottate? ci scapperà il morto?oddio ma il vicino di sedia parlerà per tutto il film?” Invece dovevo solo preoccuparmi che la mia amica non perdesse l’ennesimo bracciale anello o cellulare sotto le poltrone della sala, ma questa è un’altra storia.
Dopo appena 15 minuti di trailer dei prossimi film in uscita (ma il trailer di Dark shadows di Tim Burton nessuno lo passa mai??) inizia il film e già capisco che questo film avrebbe fatto al caso mio.
In The rum diary Johnny Depp interpreta Paul Kemp un giornalista venuto da New York per scrivere su un quotidiano sull’orlo del fallimento di Puerto Rico. Cosa si capisce immediatamente di lui? Grande disordinato, ottimo bugiardo, ma soprattutto incontenibile bevitore. Kemp inizia un sodalizio di odio e amore con il sole il rum e i suoi sgangherati amici che lo seguiranno in imprese assurde. Mi chiedo come mai la critica non lo abbia neanche preso in considerazione questo film? L’interpretrazione dei suoi attori era magistrale e le idee ottime. C’era tutto ciò che ci si può aspettare in un film, umorismo, curiosità, attesa e finale amaro com’è giusto che sia.
Critici ma dove stavate mentre il film era nelle sale? Ah si ovviamente mi sono già risposta da sola. Tutti attendevano l’arrivo di film apocalittici come Battleship o peggio Titanic 3D (ma se uno il film l’ha già visto 15 anni fa quando Leonardo Di Caprio aveva ancora un visino piccino e Kate Winslet una rotondità normale per le mode dell’epoca che è tutto sto clamore verso lo stesso identico film?)
The rum diary è un film onirico e sognatore in cui si vuole rivivere ancora una volta il sogno americano della libertà e del costruirsi un sé attraverso le proprie forze e i propri ideali. E che male c’è direi io, specie in questo periodo in cui sembra che il solo lusso possibile sia riuscire a dire Ho un lavoro e me lo tengo stretto! Ma in definitiva chi è veramente felice della propria vita?
Guardiamoci indietro di qualche anno e siamo sinceri con noi stessi, avremmo mai pensato di indossare tutti i giorni una maschera di noi stessi e apparire per quello che non siamo realmente? Mettetemi davanti ad un foglio bianco e una macchina fotografica al collo in questo modo si che potrei essere felice. Datemi un cartellino da timbrare e sarò come la massa.
Il sogno di una vita diversa qualcuno lo ha avuto e perché non possono averlo tutti?
Consiglio il film solo ai sognatori a quelli che non controllano la qualità dei dialoghi e la bellezza o meno degli attori. Consiglio il film a quelli che credono ancora che i film devono far anche immaginare una vita diversa e non solo guardare alla realtà.
Consiglio il film a chi a 18 anni leggeva Kerouac con la voglia di salire in macchina e cominciare il viaggio senza mai pensare alla meta. Consiglio il film a quelli che credono davvero che la felicità si possa trovare dietro una pagina bianca su cui iniziare a scrivere “Caro lettore guardami sono il tuo alte-ego….”.
Consiglio il film a quelli che amano leggere a 30 anni Mafalda non ridendo per quello che dice, ma arrabbiandosi per la verità delle sue parole.
Consiglio il film a quellic he non vogliono essere consigliati, ma a cui piace sbagliare senza problemi.