Un buon lavoro di Bruce Robinson riesce a restituire bene, con calore e passione il clime della Puerto Rico del 1960.
The Rum Diary ha dentro il rum, i combattimenti dei galli, lo sfruttamento, la ribellione e naturalmente Johnny Depp e Amber Heard.
Kemp è un giornalista non proprio di successo che finisce a Puerto Rico per lavorare in un giornale che sta quasi chiudendo.
Qui entra in contatto con colleghi molto particolari, dal suo direttore, a Sala che guida una vecchia 500 e aleva un gallo da combattimento, a Moberg, alcolizzato e drogato freelance.
Ma soprattutto incontra la splendida Chenault, fidanzata con un ricco imprenditore che lo tira fuori dagli impicci in un paio di occasioni.
E Kemp deve ambientarsi e capire il nuovo mondo, le sue regole. Non ci metterà molto a schierarsi dalla parte dei deboli e cacciarsi nei guai.
Davvero il film è ben fatto, l’ambientazione ci porta in quel posto e in quegli anni, sembra quasi di sentire l’odore del rum ed il puzzo dei lerci bar di Puerto Rico.
Non mancano i simboli rappresentativi.
Il rum, appunto, ma poi anche i combattimenti dei galli o i bowling e gli alberghi per turisti in una città che si è piegata al volere del dollaro.
L’astrusa immagine della palla da bowling che distrugge i birilli/bottiglie di rum è il simbolo perfetto.
E poi c’è la corruzione delle istituzioni e della polizia e proprio contro questo il bel Johnny Depp (sempre convincente anche in ruoli sporchi come questo) prova a lottare con scarse speranze.
Splendido il personaggio di Giovanni Ribisi, lercio, ubriaco, drogato, apparentemente senza regole e senza pudore ma con un fondo di onestà rimasto nascosto.
Già l’idea che si occupi giornalisticamente del settore crimini e religione è una genialata.
E ancora irresistibile è Amber Heard, bionda, elegante, tentatrice ma con un fondo di insoddisfazione e di schifo per il mondo cui appartiene.
Buono il messaggio, buona la storia, buone anche le inquadrature, spesso composte su più piani come attenti ritratti.
Quello che mi sarebbe piaciuto sentire un po’ di più sarebbe stata un po’ di musica locale, che avrebbe dato ulteriore fascino allo sfondo su cui si muove una storia comunque coinvolgente.