“Noi discendiamo da una ininterrotta catena di generazioni di assassini, il cui amore per uccidere era nel loro sangue come, forse, è anche nel nostro”. È quasi una dichiarazione d’intenti quella che apre il quarto album dei The Secret, il secondo a uscire per Southern Lord dopo il sorprendente Solve Et Coagula di un paio di anni fa. E con la citazione freudiana – che compare anche all’inizio de “Lo strano vizio della signora Wardh” di Sergio Martino, uno dei capolavori del giallo all’italiana – la band triestina sembra volersi arrendere all’ineluttabilità delle cose, a un destino di rabbia e violenza per tutta l’umanità, dimenticata da Dio: tanto vale lasciarsi trasportare dalla nera corrente e diventare i cantori di questa età oscura. Agnus Dei è la perfetta colonna sonora dei tempi che corrono, è il suono della rabbia e dell’istinto omicida che si scatena, minaccioso, stordente, fragoroso. Kurt Ballou produce, la radice è l’hardcore più furioso, quello vicino al crust e al grind, e a differenza dei compagni di etichetta Black Breath, che assieme ai The Secret sono uno dei gruppi di punta di una Southern Lord sempre più vicina a questi suoni, Agnus Dei si bagna, anzi s’immerge, nell’abisso del black metal, ricreando un mood efficace che trasuda rabbia e malvagità. Se i primi quattro brani sono un micidiale assalto senza compromessi, vere e proprie schegge di nerissimo hardcore tirato a rotta di collo (e constatare come il nuovo batterista Tommaso Corte sia l’uomo giusto), è con “Post Mortem Nihil Est” che l’atmosfera sinistra e luciferina comincia a farsi strada nel disco. Il tempo rallenta e gli arpeggi spettrali di Michael Bertoldini ora puzzano di zolfo e tenebre: è l’inizio della discesa verso un pozzo senza fondo, che trova il suo acme nell’immensa “Heretic Temple”, quando la blackness deflagra in tutta la sua putredine, un po’ come succedeva in Solve Et Coagula con la mefitica “Bell Of Urgency”. E non si pensi a un qualche cedimento o calo di tensione (anche perché nella seconda parte le bordate non mancano), piuttosto a un ampliamento della tavolozza cromatica: seicentosessantasei sfumature di nero, che non fanno che aggiungere carne al fuoco. Quello della rabbia dei The Secret, una band in stato di grazia.
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