The shrine – il diavolo è nel bosco

Creato il 12 ottobre 2011 da Soloparolesparse

The shrine è l’ennesima storia di fattacci che succedono in un paesino sperduto dell’est europeo (questa volta siamo in Albania). Fattacci di cui tutto il paese è a conoscenza e lo sprovveduto visitatore straniero è inevitabile vittima.
Roba che succede dai tempi di Dracula.

Un ragazzo scompare durante un viaggio in Europa e la polizia non sembra intenzionata ad indagare troppo.
Così tocca alla giornalista Carmen ed alla collega Sara partire per l’Albania per chiarire i fatti, portandosi dietro per buon conto il fidanzato di Carmen con la scusa che fa le foto.

Si ritrovano in un paese dove la popolazione è succube di un prete decisamente estremista che si diletta, col beneplacito di tutti, a sacrificare i passanti piantandogli una maschera dotata di doppio pugnale in faccia e fissandola proprio negli occhi.
Vi racconto del sacrificio perchè nel film è tutto chiaro fin dall’inizio.

The shrine non racconta molto di nuovo rispetto ad altre pellicole del genere sebbena Jon Knautz faccia comunque un buon lavoro.

C’è una nebbia nel bosco che nasconde qualcosa (ogni riferimento a John Carpenter è puramente casuale), poi c’è la comunita chiusa (e ferma all’800), il sacrificio, il demonio, il mistero.
Tutto quello che film del genere ci hanno abituato a vedere.

La tensione è però scarsa e tutto poggia su base molto classica. Quanti film della Hammer negli anni ’50 hanno un’ambientazione simile?
E mettiamoci pure uno spunto di partenza poco credibile. La ragazza parte per l’Albania seguendo le indicazioni di un diario a cui la polizia non ha dato nessun seguito e fa centro al primo colpo.

Il finale è però molto buono e concentra in sè anche tutto l’horror presente nel film.
Poco ma ottimamente realizzato col sempre splendido make up e senza grossi effetti speciali.
Ed il finale è buono anche per le sequenze che si susseguono… e qui ci spostiamo su un classico (più o meno) esorcismo.

Le interpretazioni?
Cindy Sampson e Meghan Heffern sono due belle gnocche (e la prima apre il film con una sequenza sotto la doccia assolutamente inutile ma gradita) che però non regalano molto valore aggiunto.
Stesso discorso per i protagonisti maschili, Trevor Matthews e Aaron Ashmore, due figoni esagerati vagamente fuori ruolo, soprattutto il primo.

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