Si potrebbe dire che di libri, film e serie tv sui vampiri ne abbiamo fin sopra i capelli, è vero, ma di buone storie di vampiri non se ne hanno mai abbastanza. E’ questa la prospettiva, o forse l’augurio, che facciamo vedendo il pilota di questo The Strain, serie tv usa partita appena due giorni fa su FX. Ovvio che a dare un minimo di fiducia iniziale a questa serie appena iniziata, non possono essere che i nomi che gli ruotano attorno: in questo caso parliamo di un nome solo, Guillermo Del Toro. Il regista, infatti, partendo dalla trilogia di romanzi scritta a quattro mani con Chuck Hogan (inizialmente pensata come una serie, poi abortita al terzo libro) crea questa serie tv a base vampiresca fondendo l’immaginario tradizionale del succhiasangue a quello moderno in stile Blade, aggiungendo al tutto una nota investigativa in stile CSI.
Protagonista della serie è Ephraim Goodweather, medico a capo del centro per il controllo malattie, che fuori dal lavoro vive un rapporto traballante con la moglie. I fatti iniziano quando un aereo proveniente da Berlino atterra al JFK di New York. Al suo interno c’è il silenzio e si pensa a un attacco terroristico. Ephraim convince la polizia che potrebbe trattarsi di un’epidemia ed entra per primo: nell’aereo tutti i passeggeri sono morti, fatto salvo per quattro superstiti. Nel cargo, inoltre, viene trovata un enorme “armadio” con strane incisioni e pieno di terra, che misteriosamente qualche ora dopo sparisce. In tutto questo un anziano armeno si presenta in aeroporto con una spada e sembra sapere molto bene cosa sta per accadere.
Questa in soldoni la trama dell’episodio pilota, scritta e diretta dallo stesso Del Toro. La scena iniziale con l’aereo in volo ci rimanda con la memoria a tempi lontani, fino a scoprire che a dare un grande contributo alla scrittura di Del Toro è intervenuto anche Carlton Cuse, precedentemente sceneggiatore di Lost. I riferimenti al Dracula di Bram Stocker, poi, sono ovvi (la barra piena di terra, l’attraversamento del ponte, il vecchio saggio che consiglia di “tagliare teste”), ma attenzione: Del Toro ha il chiaro intento di modernizzare il mito vampiresco, senza perdere quel fascino legato al mito originale. Dimenticatevi quindi i denti aguzzi e gli affascinanti vampiri di certi film. Guillermo tenta di spiegare il vampirismo come un virus dilagante, nel quale i vampirizzati sono “dominati” da una sorta di batterio parassita.Sarà una serie degna del nome del suo creatore? Lo scopriremo solo alla fine dei 13 episodi di questa prima stagione, temo, visto che dal pilot è difficile giudicare una serie che può avere decine di risvolti. Il finale del primo episodio, però, ci mette già in allerta, presentandoci la possibilità di una vera e propria apocalisse sull’isola di Manhattan.