Magazine Cultura
C’era una volta un disco (Is This It) che aveva fatto gridare al miracolo migliaia di appassionati di musica rock sparsi per il globo. La fiamma si era accesa in ogni dove, anche nei più remoti anfratti delle terra. Sino a quando la stanza andò a fuoco (Room On Fire) e di quel miracolo non rimase che cenere o poco più. Fortunatamente il calore ha continuato a covare in qualche brace sepolta e gli Strokes sono ancora qui tra noi.I tre dischi che seguirono il primo (e unico) capolavoro del 2001 avevano perso qualcosa per strada: un po' di freschezza, inventiva e capacità di riaccendere gli entusiasmi e, nonostante qualche buona canzone e l’indubbia classe dei cinque newyorkesi, le promesse non sono state mantenute sino in fondo.Probabilmente se non ci fosse stato Is This It i tre capitoli successivi avrebbero guadagnato qualche punticino in più, ma il termine di paragone è quel disco; non si può fare altrimenti. Agli Strokes è capitata, più o meno, la stessa sorte dei Killers: un gran botto iniziale in grado di garantire l’eternità e una serie di discreti album, con una leggera impennata d’orgoglio in corrispondenza delle ultime prove.Le similitudini con la band di Las Vegas non finiscono qui: il pop rock sintetico dal retrogusto anni 80 di questo nuovo album degli Strokes non è troppo distante dall’habitat naturale degli “assassini.” Qui, però, c’è più sostanza e consistenza e “Comedown Machine” è un disco che cresce in modo anomalo e sorprendente con gli ascolti. Già al terzo passaggio sotto il laser del lettore è in grado di farti saltare giù dalla sedia. Al quarto ascolto i tre dischetti della terra di mezzo (Room on Fire, First Impressions of Earth e Angles) sono già spariti nel nulla.L’inizio promette e disorienta al contempo con la pop dance di Tap Out preceduta da una chitarra fuorviante che in una frazione di secondo scarica la sua elettricità e svanisce. Già in questo primo brano, decorato dal falsetto di un Julian Casablancas in splendida forma, si capisce che con Comedown Machine gli Strokes hanno cambiato pagina, vesti e spacciatori.Con il secondo brano arriva il primo vero gioiello del disco: All The Time è grande indie rock come gli Strokes non riuscivano più a fare da tempo immemore. La successiva One Way Trigger, scelta come singolo apripista, è assolutamente irresistibile con il suo ritmo dance, un po’ new wave, molto anni 80 e ancora il falsetto di Casablancas che svetta su tutto.Nel prosieguo della scaletta troviamo l’ottima Welcome To Japan che si muove su ritmi funk ed è portatrice sana di un buon refrain. Subito dopo è la volta di 80’s Comedown Machine, lenta, sghemba, con una melodia sorniona che si muove come una barca sulle acque placide del laghetto di Central Park e una tastierina dalla quale fuoriescono suoni adatti ad accompagnare gli schiamazzi dei bambini nel luna park.Poi riappare il rock; 50/50 è punkeggiante, tirata e grintosa e ci sta benissimo, una volta scesi dalla barchetta.Già a questo punto Comedown Machine ha fatto fuori tre dei quattro fratelli maggiori, senza nessun dubbio. Ma ci sono altre cose interessanti in questo disco rosso: il piacevole indie-new wave di Partners in Crime; la soffice e gommosa Chances; Happy Endings più ritmata ed elettrica e, soprattutto, la traccia conclusiva, Call it Fate Call It Karma, soft e lo-fi, con voce filtrata e suoni ovattati, racchiude una melodia splendida e rappresenta, per quanto mi riguarda, una delle vette più alte del disco.Questo è il loro miglior album degli Strokes dai tempi di Is This It…Tracklist:
01.Tap Out
02.All The Time
03.One Way Trigger
04.Welcome To Japan
05.80's Comedown Machine
06.50/50
07.Slow Animals
08.Partners In Crime
09.Chances
10.Happy Endings
11.Call It Fate, Call It Karma
RCA - Sony - 2013
Formazione:
Julian Casablancas - voce
Albert Hammond Jr. - chitarra
Nick Valensi - chitarra
Fabrizio Moretti - basso
Nikolai Fraiture - basso
http://www.thestrokes.com/us/home
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Gli altri dischi degli Strokes:
Is This It - 2001
Room On Fire - 2003
First Impressions of Earth - 2006
Angles - 2011
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