Magazine Diario personale

The Taking of Deborah Logan

Da Bloody Ivy

THE taking of Deborah Logan

La storia, inizia con la studentessa di medicina Mia Hu, che per realizzare un documentario sull’Alzheimer, assieme alla sua troupe, si reca ad Exuma, Virginia, per incontrare Deborah Logan, colpita dal morbo allo stadio iniziale e sua figlia Sarah.
E’ mockumentary  per renderlo più credibile, e a parte per qualche scena buia di troppo, ormai un cliché nei mockumentary horror, mi sembra una scelta ben indovinata.

The Taking of Deborah Logan – regista Adam Robitel – attori principali Jill Larson, Anne Ramsay, Michelle Ang, Ryan Cutrona   – anno d’uscita 2014 – horror – USA – 90′

Il trailerè un red band trailer in parole povere vietato ai minori per scene di violenza esplicita e nudità. Non ho colto i motivi della censura, ma evidentemente ho una sensibilità per queste cose tutta mia.

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La domanda che aleggia durante tutta la visione di The Taking of Deborah Logan è: ma è la malattia mentale degenerativa che la sta trasformando così o è anche posseduta? E’ vera la seconda ipotesi, come già di per sé suggerisce il titolo, ma l’evidente certezza la si acquisisce solo nell’ultima parte del film.
Questa non è una vera e propria recensione, ce ne saranno già tante, è’ un procedere cercando gli indizi della possessione sempre più palesi mano a mano che si va avanti con il film. Però quanto segue va letto solo se lo avete già visto o se siete soliti visionare con attenzione l’indice degli argomenti e le ultime pagine prima di iniziare a leggere il libro.

Achtung Spoiler!!!

Mi è piaciuto! Per la costante e delicata osmosi fra malattia e possessione, velata e ambigua, il cui contrasto esplode solo alla fine, con le scene esagerate ma obbligatorie, perché sennò che film horror sarebbe stato?

La trama non è delle più originali, c’è lo spirito maligno, di un uomo, un assassino spietato che da vivo si era votato al demone, e da spirito prende possesso di un corpo (quello di Debora Logan che lo uccise per fermare i suoi riti di sangue) dal suo interno riuscendo in determinati momenti (che i medici classificano come crisi dovute all’Alzeihmer) a parlare e a muoversi attraverso di esso, senza che il posseduto possa fare nulla o quasi per evitarlo.
“Quasi nulla” perché nel finale Sarah la esorta “Mom Mom fight him – combattilo” e sembra riuscirci.

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Mi ha coinvolto la tematica della malattia mentale degenerativa, così comune comune ai giorni nostri e che quindi chi in un modo chi nell’altro tutti conosciamo, e l’accostamento con la possessione.
Il chiedersi di punto in bianco angosciati “Cosa sto facendo qui? Dove stavo andando? Come faccio a tornare a casa?“, non sapendo quando e se la memoria e la lucidità torneranno o, dopo la perdita di coscienza di sé, il ritorno, senza ricordi di quanto è accaduto, o di come ci si è comportati nei momenti di “vuoto”, sono angoscianti esperienze, che appartengono al quadro clinico delle malattie mentali degenerative come ai momenti di possessione.
E poi ne consiglio la visione per l’exploit di Jill Larson che impersona meravigliosamente sia Deb malata che Deb posseduta, facendo commuovere in un ruolo e inquietare nell’altro.

Non c’è nulla di religioso nel film, compare per qualche istante un prete ma solo per farci una figura barbina, Sarah disperata gli chiede aiuto e si sente rispondere che gli esorcismi sono cose da fantascienza. 

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Fin dall’inizio Deborah lascia trasparire la fragilità tipica delle persone segnate dalla malattia e chiede di non essere sfruttata o presa in giro nel documentario. Mia esordisce con una bugia e immediatamente i tratti del viso di Deb si irrigidiscono come se lo avesse capito. Indizio? Labile ed ambiguo come il primo dovrebbe essere ma accettabile, perché uno dei segni distintivi di chi è sotto influenze malefiche (cito le indicazioni del rituale romano), è la capacità di scoprire cose lontane ed occulte (e allora Padre Pio? e il mio amico che sentiva sempre quando il giorno dopo l’avrebbero interrogato? e tutti gli studi  che stanno facendo su telepatia e premonizioni? Sì certo, ma in questo post racconto di come mi sono divertita a scoprire indizi di possessione in un film horror, tutto qua). Cambiamento repentino d’umore dovuto alla malattia? Anche, sicuramente. Quasi tutti gli indizi nel film sono riconducibili sia alla malattia che alla possessione.

Iniziano le riprese per il documentario, e Deborah mostra di essere una signora elegante, educata, in perfetto stile bon ton, anche se, dimentica cose  del suo passato, come d’altronde il decorso normale della malattia prevede. Deb lo sa che, il suo male si può cercare di rallentare, ma non curare.
Dall’intervista con la dottoressa si viene a sapere che Deborah soffre di deterioramento cognitivo lieve ossia è allo stadio iniziale dell’Alzeihmer.

I fatti si fanno mano a mano più incomprensibili. Il ragazzo la sta riprendendo in giardino, ad una certa distanza, mentre è inginocchiata, intenta a scavare e poi con un serpente nero fra le mani; si distrae per un secondo e se la ritrova davanti, facendolo sobbalzare. Indizio? Magari si è distratto per un tempo più lungo di quanto ha percepito, o forse no,  perché nelle possessioni diaboliche è spesso presente un’agilità anomala, non adatta all’età o a quel fisico.

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Nel mentre vengono istallate le telecamere per la casa la si scorge, ripresa da queste,  vagare e sparire in modo anormale. Indizio? Beh, forse qualche passaggio dei suoi spostamenti può esserci sfuggito, ma il dubbio resta.
Scoppi di rabbia, agitazione scomposta, accuse di furto della vanghetta per il giardino poi ritrovata nel freezer (tipico per questi  malati), timori ossessivi che ci sia qualcuno in giardino, atti di autolesionismo.

Dai nuovi  esami emerge che, Deb si è stranamente e improvvisamente aggravata. Sarebbero dovuti passare 2 o 3 anni per arrivare allo stadio intermedio della malattia, e invece ci si trova già. Le malattie che non rispondono alle cure o con andamento anomalo rientrano negli indizi di possessione. Che i medici nelle loro diagnosi iniziali si siano sbagliati sembra anche più probabile.

Uscita dall’ospedale Deb si scusa con i ragazzi della troupe per i comportamenti avuti con loro, perché quella non era lei, dice; capita, con l’Alzeihmer, ma succede anche con la possessione.
Nei suoi disegni la figura nera fuori in giardino si avvicina sempre di più, ma questo mi sembra un espediente horror visto e rivisto in altri film, una minestra riscaldata e quindi tralascio.

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Dialoga con chi vede (solo lei) nello specchio, ed è un classico fra i malati di demenza, anche più inquietante di qualsiasi indizio demoniaco. Il punto è proprio questo: cosa è più tremenda, la malattia mentale o la possessione?
Un lampadario che dondola come se Deb fosse al piano di sopra a fare chissà cosa e invece la si vede vagare per il pian terreno; troppo scontato in un horror per trovarlo inquietante.

L’episodio di levitazione (beh un indizio di possessione coi fiocchi) viene raccontato alla dottoressa  per telefono e ovviamente questa, perplessa,  può solo promettere di aumentarle le medicine.
Altre crisi con atti violenti (come succede nelle malattie mentali ma anche nei disturbi diabolici) e alterazione della voce che a volte non sembra più la sua, ed è dura, maschile, metallica (nelle possessioni il cambio della voce è quasi d’uopo ma può rientrare in diverse patologie e nei disturbi della personalità); le appaiono sulla schiena inspiegabili (ma che potrebbero avere cause naturali) eruzioni cutanee,  di cui non  se ne viene a capo; finestre che si spalancano da sole (o per un improvviso spiffero di vento?), serpenti neri trovati in casa.

Tende ad ingoiare piccoli oggetti e può capitare in queste malattie degenerative mentali ma anche a vomitare terra e lombrichi belli grossi e vivi (indizio? Espellere cose strane è tipico indizio ma di liberazione, nei casi di possessione, e poi chissà, magari avrebbe potuto recarsi in giardino di nascosto e in qualche modo ingoiarli vivi…).

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La si trova di notte in soffitta seduta al centralino telefonico a cui lavorava da giovane.
Con la sua voce piange e chiede aiuto ma subito dopo inizia a ringhiare e a dire frasi misteriose in francese “il serpente eterno ti libererà bambina, sarai la mia quinta, ti purificherò nel fiume” con voce cavernosa, come fosse di un’altra persona. Parlare lingue sconosciute è un indizio e il serpente eterno ricorda il serpente antico biblico (“… il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli...”), ma chiunque può imparare qualche frase in francese pur non sapendolo veramente parlare.

Sarah indaga sul numero che al centralino cercava insistentemente di chiamare e risulta essere quello di un pediatra locale, francese di origine, un killer, affetto da un terribile, incurabile morbo, che aveva pensato di fare un patto con un demone, sacrificandogli quattro ragazze con dei rituali di sangue (tipici dei monacan che avevano come simbolo un serpente nero), sperando di ottenerne in cambio l’immortalità.
Per completare il rituale gli sarebbero servite 5 vittime ma scomparve prima (in realtà fu ucciso da Deb che temeva prendesse sua figlia, e seppellito nel giardino) e quindi il rituale fu interrotto.

Riportata all’ospedale, il cambio di voce, l’alterazione di sè, il sentirsi come se nel proprio corpo vi sia qualcun altro viene interpretato dai medici come uno sdoppiamento della personalità. Lo spettatore invece non ha dubbi sul fatto che sia posseduta e attende solo che anche in ospedale se ne accorgano. E infatti da lì a poco Deb o meglio “l’inquilino” dentro di lei si scatena.

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Sara si rivolge al professore di antropologia che all’epoca aveva studiato il caso del pediatra killer per saperne di più. L’antropologo lo definisce un parassita spirituale, come ce ne sono in migliaia di culture e religioni del mondo, parla di una credenza universale e presente dovunque e da sempre. Per liberare una persona che ne è colpita bisogna bruciare il cadavere, l’oggetto maleficiato. Continua a spiegare di come si supponga che un animo debole sia più suscettibile all’invasione di entità rancorose sempre alla ricerca di un corpo ospite; i ragazzi ancora molto giovani e i vecchi sono i più vulnerabili così i malati e gli infermi.
Sarah cerca i resti del pediatra killer in giardino, tenta di bruciarli ma viene chiamata dall’ospedale. Sua madre ha tentato di nuovo di lasciare la struttura, stavolta riuscendoci e portandosi con sé una bambina da usare come la quinta vittima per terminare il rituale. Deb è ormai costantemente posseduta.

Sarah la raggiunge e cerca di sederla perché si indebolisca anche l’intruso e quindi brucia i resti. Dall’espressione di Deb sembra liberata (davvero basta solo bruciare qualcosa? nessuna preghiera, nessun sacramentale, nessun segno sacro, né una spruzzatina con l’acqua benedetta, insomma come la pietra miliare di tutti i film sulla possessione “l’esorcista” ci ha abituato…).

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Nel finale c’è l’intervista TV della bambina rapita da Deb e il suo sorrisetto inquietante fa capire che il parassita spirituale non è andato distrutto ma si è solo trasferito in un altro ospite. Ottimo! Non deve esserci l’happy ending in un horror, e il finale non deve tranquillizzare ma continuare a tenerti sulle spine.

In effetti è un film sconsigliato a chi ama le commedie allegre, rilassanti e con bel finale.

Mi sono divertita a cercare nel film i segni di possessione che all’inizio e presi singolarmente avevano solo un valore ambiguo ed indicativo ma insieme servono a convincere che Deborah non è solo malata. Ma demenza degenerativa o possessione demoniaca poco importa anzi, forse spaventa meno la seconda da cui ci si può liberare; combatti con il demone, e lo puoi vincere, l’Alzheimer no.

Gli indizi che fanno pensare ad una possessione sconcertano, ma non sono più tremendi di quelli che si ritrovano nella malattia mentale.
Non c’è la solita tecnica di contrapporre scienza e soprannaturale, nel  film la degenerazione cerebrale e la possessione vanno a braccetto. Gli indizi che si trovano in Deb possono essere sintomi psichiatrici come della possessione e si resta in bilico.

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L’ho trovato un film carico di sofferenza; già la malattia è un peso e un dolore di per sé se poi arrivano in aggiunta ossessioni, vessazioni e completa possessione diabolica allora c’è l’amplein dell’orrore. Ma il demone non è onnipotente, ci si può liberare e Deb lo fa, solo che resta malata e di Alzeihmer.
Mi ha colpito perché l’orrore della possessione è che la persona posseduta si trova paralizzata, presa (the taking) e il suo comportamento e il suo modo di parlare non sono controllati di essa stessa ma dallo spirito che è in lei però, ci si può liberare; anche da sintomi psichiatrici che alla possessione somigliano, stati morbosi, stato d’animo delirante, allucinazioni, la profonda angoscia degli stati depressivi, ci si può liberare. Di una malattia degenerativa come l’Alzeihmer no.
Quindi alla fin fine, the taking of Deborah Logan, ma chi o cosa è che veramente ha preso Deborah Logan?

Bloody Ivy

 un modo per vederlo in streaming QUI


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