Certo, potremmo puntare più volte l’indice nei confronti dell’opera di Øvredal, tuttavia si tratta di questioni lanacaprinesche sulle quali si deve soprassedere perché, cazzo!, questo film ci mostra dei troll grandi quanto palazzi, troll brutti e puzzolenti, troll che mangiano pecore, troll che sgranocchiano esseri umani, troll che distruggono, dormono e scoreggiano… in una parola: una figata! Grazie ad una mission più leggera e scanzonata rispetto ad altri docu-fake a loro modo comunque meritevoli (mi riferisco a streghe nel bosco e simil-zombi spagnoli), The Troll Hunter (2010) conquista con facilità irrisoria l’attenzione di chi guarda grazie all’oggetto preso in esame che gira al largo del classico bestiario fantastico, soprattutto per noi popolazioni latine, suscitando curiosità verso questi Gremlins troppo cresciuti e riducendoci a bambini che vogliono sapere appesi alle labbra di un cantastorie armato di cannone fotonico Ghostbusters-style, come nelle favole: e poi che succede? E poi, e poi?. E questo cantore è tratteggiato nel modo migliore, duro e silenzioso – ricordate il James Wood di Vampires (1998), beh spero di sì! –, un uomo ubicato nel luogo giusto alla circostanza adeguata ma scevro di supereroismi a stelle e strisce, insomma: un grande, d’altronde come definire un tizio così che per attirare uno dei bruti spara dall’altoparlante della sua jeep canzoni religiose, perché, va ricordato, i troll fiutano l’odore di chi crede in Dio (genialata)?
Personaggio azzeccato in pieno dunque, ed anche il contenitore mockumentary, a conti fatti, appare soddisfacente per la capacità che ha di non esplicitare troppo i contenuti e per offrire scampoli di leggera tensione quando le riprese si fanno concitate.
E poi c’è da sottolineare che le ambientazioni sono davvero da favola (il tutto è stato girato tra i fiordi disseminati sul versante atlantico della Norvegia) grazie a scenari incontaminati di cristallina bellezza che hanno messo a dura prova gli attori a causa del rigido clima.
All’insegna della doppia D: difettoso e divertente, ma è convinzione di chi scrive che alla fine prevarrà la seconda caratteristica, e tanto.