- Anno: 2015
- Durata: 94'
- Distribuzione: Universal Pictures
- Genere: Horror
- Nazionalita: USA
- Regia: M. Night Shyamalan
- Data di uscita: 26-November-2015
Sinossi: Una madre separata lascia i suoi due figli, Becca e Tyler, alle cure dei nonni per una settimana. La coppia di anziani vive isolata in una fattoria della Pennsylvania e, a causa di un vecchio dissapore con la figlia, non ha mai avuto l’occasione di conoscere i due nipotini. Becca, appassionata di regia, vede nella breve vacanza l’occasione per girare un documentario sulla madre e il piccolo Tyler, seppure riluttante, decide di darle una mano. Sulle prime tutto sembra tranquillo, se non fosse per la strana regola imposta ai due di non uscire dalla propria stanza dopo le nove e mezza di sera. Ma, poiché dire a due bambini di non fare una cosa equivale a un chiaro invito a farla, Becca e Tyler si rendono presto conto di alcuni strani comportamenti dei nonni di cui faticano a convincere la madre, nel frattempo in crociera con il suo nuovo fidanzato. Fino a quando una scoperta inquietante convincerà anche la donna del reale pericolo che potrebbero correre i suoi figli.
Recensione: Sembrava un regista ormai completamente allo sbando M. Night Shyamalan. Se i sonori flop de L’ultimo dominatore dell’aria e del francamente inguardabile After Earth non fossero stati abbastanza, ci pensava l’incursione dell’autore indiano nella serialità televisiva con il pessimo Wayward Pines (prontamente cancellato dalla Fox) ad affossare una carriera partita in pompa magna con gli ottimi Il sesto senso e Unbreakable, due capolavori indiscussi nel ridefinire le regole del perturbante attraverso un uso intelligentissimo del colpo di scena finale. A risollevarne le sorti arriva Jason Blum, demiurgo dell’horror low budget e produttore, con la sua Blumhouse, di Paranormal Activity, Sinister e La notte del giudizio, ossia alcuni tra i migliori esempi di cosa faccia paura oggi al cinema. Da Blum Shyamalan prende in prestito la struttura del found footage e, di conseguenza, alcuni importanti limiti strutturali che, fungendo da paletti semantici ancor prima che tecnici, impediscono all’immaginazione (talvolta tendente al ridicolo involontario) dell’autore di deragliare oltre i confini del genere. L’etica del less is more gli fa evidentemente un gran bene e ne conferma l’abilità di un tempo nel costruire meccanismi che, partendo da suggestioni anche minime, riescono a precipitare lo spettatore in un clima di angoscia crescente.
La scelta di dotare la regista in erba Becca di strumentazioni semiprofessionali permette inoltre a Shyamalan di produrre immagini tecnicamente superiori alla media dei found footage (niente bianco e nero o immagini tremolanti per intenderci) e di giocare con il concetto di “fuori campo” aumentando il portato di inquietudine senza mai perdere di vista l’elemento squisitamente metacinematografico ben insito nella storia. L’altra felice intuizione di The Visit risiede poi nello sposare il punto di vista bambino non solo sul piano fisico, ma anche e soprattutto in termini psicologici. In tal modo la scoperta progressiva di una realtà che sfocia ben presto nell’incubo viene mostrata con lo stesso mix di ilarità e paura con cui potrebbe viverla un ragazzino in cui la percezione del rischio non sia ancora perfettamente definita. Così Shyamalan riporta l’orrore alla sua matrice più ancestrale e meno mediata (durante la visione viene da pensare più di una volta a una rilettura di certi topoi fiabeschi à la Hänsel e Gretel) e, al contempo, mina dall’interno l’istituzione della famiglia americana old style, forse l’ultimo baluardo di sicurezza domestica in una società ormai tristemente avvezza all’idea che il pericolo possa annidarsi ovunque.
Per il resto The Visit gioca abilmente con i luoghi comuni dell’horror di stampo classico, dallo score al font rosso sangue utilizzato per scandire i giorni della settimana, fino alla stessa casa dei nonni, contenitore ideale di tutti gli ambienti in cui da bambini ci saremmo guardati bene dall’entrare, cantina e fienile compresi. Ovvio che un film del genere funzioni anche in virtù della bravura del suo cast, come gli attori chiamati a interpretare i nonni (Deanna Dunagan e Peter McRobbie), moderni American Gothic perfetti nel loro incarnare le ambiguità e i lati più oscuri della provincia americana. Ma sono i due giovani protagonisti – in particolare il più piccolo Ed Oxenbould – a impressionare maggiormente per la loro capacità di miscelare humour e attimi di sincera paura con la misura che ci si aspetterebbe solo da attori ben più navigati.
In definitiva The Visit – forse anche in virtù del basso livello di aspettative di cui era investito – è un piccolo film che fa il suo onesto lavoro garantendo un’ora e mezzo di piacevoli spaventi e dita ben piantate sui braccioli della sedia e che, sebbene non aggiunga nulla di particolarmente nuovo né al genere in sé nè, tanto meno, al percorso autoriale di M. Night Shyamalan, ha se non altro il merito di rilanciarne una carriera in caduta libera ormai da troppi anni.
Fabio Giusti