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The Visit (di M. Night Shyamalan, 2015)

Creato il 01 dicembre 2015 da Frank_romantico @Combinazione_C
The Visit (di M. Night Shyamalan, 2015)
Pollice: giù
No, vabbè, basta. 'Ché io lo vado dicendo da Il Sesto Senso che M. Night Shyamalan (per me sempre e per sempre Shallalalalà) è un bluff, uno che non meriterebbe di scrivere neanche il filmino di una prima comunione e non perché non sappia girare, anzi. Perché di bei film Shallalalalà ne ha fatti: almeno uno, quel The Village tanto bistrattato da essere per me un vero e proprio capolavoro, ma anche tutta la prima parte di Signs o, in un certo senso, Unbreakable. Il problema, forse, sta nel fatto che vuole osare troppo, vuole metterci troppa roba, troppe ispirazioni in quello che fa, non mantenendo poi il controllo sulla propria forza immaginifica. Come fosse un bambino. A me M. Night Shyamalan sembra sempre quel nerd innamoratissimo del suo lavoro che prova a buttare nei propri film tutto il bagaglio culturale che possiede e, alla fine, si confonde da solo. Un po' come succede in The Visit, l'ultima sua fatica. Che poi non è altro, formalmente, che un minestrone di tanto cinema horror dagli anni '80 ad oggi. E benché io non me la senta di dire che si tratta di una cagata, non posso di certo affermare che mi sia piaciuto, né che sia un film riuscito. 
Loretta è la madre di due ragazzini, Rebecca e Tyler ed è una donna separata, abbandonata dal proprio marito. Una situazione famigliare difficile, aggravata dal fatto che tra Loretta e i suoi genitori non corre buon sangue: lei non vede i nonni dei suoi figli da quindici anni. Però, dopo tanto tempo, i vecchi hanno scritto a Loretta, chiedendo di poter conoscere i loro nipoti e di passare un po' di tempo con loro. Per questo Rebecca e Tyler decidono di trasferirsi per una settimana in Pennsylvania. Peccato solo che la convivenza si riveli subito problematica: i vecchi John e Doris si comportano in maniera strana, soprattutto dopo le 9.30 di sera.
The Visit (di M. Night Shyamalan, 2015)
The Visit è girato con la tecnica del finto documentario. M. Night Shyamalan arriva tardi "sul pezzo" e propone un film nato vecchio - dal punto di vista stilistico - che, come altri recensori hanno detto, si porta appresso tutti i difetti di questo genere ormai inflazionato. E allora, camera a mano sempre accesa, noi spettatori ci ritroviamo con questo racconto di viaggio, storia di formazione raccontata da un'adolescente e da suo fratello più piccolo di contrappunto, che si tramuterà in un viaggio nell'orrore, alla faccia di chi ancora si ostina a dire che non era quello l'intento del regista. Non era quello un corno. Shallalalalà vuole girare e gira proprio un film horror, certamente infondendolo della propria filosofia artistica/di vita, ma che ha come scopo principale quello di spaventare, di far paura. Altrimenti non si spiegherebbero i continui jump scare, l'intenzione di suscitare tensione narrativa o il tipico utilizzo delle location nei film dell'orrore, sfruttando gli spazi stretti, le cantine o i capanni, il buio e i corridoi o le porte che sbattono. Che poi ovviamente ci siano sotto trame o neanche tanto velate metafore che portano avanti temi etico-mistico-religiosi, mi pare ovvio, altrimenti non staremmo parlando di Shyamalan. Ma alla fine The Visit non è un mockumentary, sembra quasi la critica/presa per i fondelli del genere di cui vorrebbe mettere in luce tutti i controsensi, ma che alla fine negli stessi si perde, mentre le riprese con la camera a mano diventano l'anima di un film che poi, però, ha persino un montaggio interno. Bah.
The Visit (di M. Night Shyamalan, 2015)
In compenso The Visit accumula tutte quelle ispirazioni (e cliché) di tanto cinema horror se non di tutto (il cinema horror), prendendo la classica ambientazione isolata della provincia americana, fondendola agli interni della classica magione di campagna, disseminando la messa in scena dei soliti e già citati jump scare con una spruzzatina di weird e molte scene alla j-horror, che ormai non possono mancare. Il solito tema della spaventosa vecchiaia, quello della follia ai limiti della possessione demoniaca e poi i bambini, che se non fanno paura sono le "vittime" ideali. In un certo senso filtrare attraverso gli occhi di bambini una storia tanto strana e complessa è stata una mossa riuscita, credo una delle poche: si viene subito catapultati in un'ambientazione da fiaba dark che mette davvero ansia e poi la mitiga con momenti da commedia nera fino a voler suscitare la risata, esorcizzando il terrore atavico che ci portiamo dentro. Che i vecchi siano gli antagonisti poi, accresce un certo senso di solitudine e impotenza dei protagonisti, quasi a descrivere l'ineluttabilità di un destino che però, in puro stile Shallalalà, viene capovolto. Purtroppo però, a mio parere, questo non basta, perché per la maggior parte del tempo The Visit è un film noioso - essendo basato su meccanismi risaputi - persino catatonico, senza un vero guizzo, in cui persino i salti sulla sedia sono talmente prevedibili da non funzionare. E quando non annoia e riesce a creare una tensione palpabile, quest'ultima viene rovinata da trovate per me imbarazzanti (i pannoloni sporchi) o insensate (i tentativi di suicidio?) fino ad arrivare ad un finale basato sul non sense più totale, di azioni e reazioni, dopo una costruzione psicologica degna di nota.
The Visit (di M. Night Shyamalan, 2015)
A nulla vale poi il solito twist alla Shyamalan, secondo me gestito benissimo poiché non il classico twist alla Shyamalan, la dimostrazione dell'effetto che può avere un colpo di scena quando fa tornare tutto e non è campato per aria. Ecco cosa succede quando uno che ha basato i twist sulla presa per i fondelli dello spettatore (The Sixth Sense) finalmente si decide a non usare trucchetti. Peccato che poi non mantenga le aspettative e ridiventi il solito Shallalalalà.  Che poi, se il film si fosse fermato lì dove era naturale che dovesse terminare, forse adesso starei parlando di un'opera sufficiente. E invece no, perché oltre alla solita menata "morale" che pretende di palesare ciò che era facilmente intuibile durante tutto il film, trattando lo spettatore come un idiota, c'è l'incongruenza psicologica che non vi spiattello per non rovinarvi il finale, ma che è lì e mi sembra strano nessuno se ne sia accorto. E non venitemi a dire che non ci si può aspettare verosimiglianza psicologica in un film del genere, poiché The Visit tenta più volte l'introspezione e ci costruisce sopra un'intera, bellissima scena.
La morale, in un film del genere, mi sta bene. I tocchi da favola sono evidenti e ogni favola che si rispetti porta con se una morale. Ma se la necessità di farla mette in dubbio il racconto stesso, allora mi viene da credere che l'autore non si sia sforzato abbastanza, non sia andato abbastanza a fondo. Ben altri risultati aveva ottenuto, con intenti simili, ad esempio Guillermo del Toro con il suo Labirinto del Fauno. Shyamalan invece mi sembra tenda, come al solito, a voler mettere troppo, a voler riempire il film fino a fargli perdere i lineamenti, e mi chiedo cosa sarebbe stato di The Visit se a scriverlo fosse stato un altro. Perché poi, quando si tratta di dirigere, a me M. Night piaciucchia pure e infatti resta una sorta di inquietudine dopo aver guardato il film, una sorta di paura istintiva attaccata al cuore. Ma a me, personalmente, non basta.  Quindi ancora una volta mi chiedo cosa voglia dire per Shyamalan fare cinema e perché si ostini a sceneggiare quando è evidente che con la penna in mano valga molto meno che con la MDP sulle spalle, ammesso che non si faccia prendere la mano. 
The Visit (di M. Night Shyamalan, 2015)

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