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"The Ward - Il reparto" di John Carpenter

Creato il 30 aprile 2011 da Luca Ottocento


Buttando giù qualche riga su questo film che ho visto a fine novembre a Torino e proponendovi il trailer italiano, poco meno di un mese fa vi avevo promesso che avrei scritto qualcos'altro sull'ultima opera di Carpenter in occasione della sua uscita nei cinema italiani. Dopo la seconda visione, il mio giudizio sul film non è cambiato: The Ward - Il reparto è un ottimo b-movie che segue con perseveranza (e classe) i più tradizionali codici del genere horror. 

La storia, come da copione,  è essenziale e certo non delle più originali. Nel 1966 una ragazza (Amber Heard), dopo essere stata trovata dalla polizia nei pressi di una casa cui ha dato fuoco, viene portata in un reparto isolato e per sole donne di un ospedale psichiatrico. All’interno della sinistra struttura, una presenza misteriosa comincia ad uccidere una dopo l’altra tutte le ragazze ospiti del reparto. Fino al bel colpo di scena finale, che fa letteralmente sobbalzare dalla poltrona.

Con una messa in scena orgogliosamente minimalista, che rifugge dagli eccessi splatter e dai movimenti accelerati della macchina da presa tipici di un certo filone horror contemporaneo fracassone e poco incisivo, il sessantatreenne cineasta nordamericano tiene incollato allo schermo lo spettatore per l’intera durata della pellicola (poco meno di un’ora e mezza, la durata ideale per film di questo tipo). È evidente lo spirito ludico alla base di questa operazione che piuttosto esplicitamente si configura come un richiamo nostalgico alle atmosfere della grande stagione horror statunitense di fine anni settanta-inizio anni ottanta, di cui naturalmente Carpenter fu uno dei grandi protagonisti con film come Halloween (1978), Fog (1980), Christine, la macchina infernale (1983), ma soprattutto con quel riuscitissimo incrocio tra fantascienza e horror che è La Cosa (1982). The Ward – Il reparto, infatti, è un divertissment d’autore senza troppe pretese che si sviluppa però con indubbio stile e un apprezzabile grado di imprevedibilità. Costruita impeccabilmente, la pellicola propone una vera e propria lezione di regia che si alimenta di suggestivi carrelli, movimenti lenti di avvicinamento ai personaggi della macchina da presa e una innumerevole serie di dissolvenze che sul piano linguistico si sposano perfettamente con il carattere della storia narrata e che, con il senno di poi, potrebbero in realtà suggerire ad un occhio esperto e analitico la natura dell’intrigo alla base del film ben prima del tradizionale finale esplicativo. Buono il cast, dai caratteristi che interpretano il personale ospedaliero fino alle giovani e attraenti attrici principali. Consigliato agli amanti dei solidi, affascinanti, forse anche un po’ ingenui, horror di qualche decade fa.Articolo pubblicato su Cinemartmagazine


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