Trama: il film racconta la vita sregolata, dissoluta e lussuosissima di Jordan Belfort, soprannominato giustamente Lupo di Wall Street per il modo spregiudicato con quale si arricchiva in borsa sulle spalle dei poveri gonzi...
A scanso di equivoci, togliamoci il dente: The Wolf of Wall Street non è IL capolavoro di Martin Scorsese ma è sicuramente uno dei suoi Capolavori, senza ombra di dubbio il migliore che abbia girato da dieci anni a questa parte. Per raggiungere l'apice avrebbe dovuto essere meno supercazzola e più tragicomico, così da consacrarsi definitivamente nel mio personale Olimpo, dove regnano incontrastati Quei bravi ragazzi e Casinò, con i quali The Wolf of Wall Street ha comunque parecchi punti in comune, in primis la forsennata, psichedelica e roboante parabola di autodistruzione in cui s'imbarca il protagonista a causa innanzitutto dei suoi peccati e, secondariamente, per colpa di consiglieri e amici poco fidati. Come già ai tempi Jimmy, Henry e Asso Rothstein, anche Jordan Belfort è un lupo e su questo non ci piove, un capobranco nato che non esita a spolpare vive le sue prede per "dare da mangiare" ai suoi seguaci, un Bravo Ragazzo della finanza che consapevolmente rinuncia a controllare i suoi appetiti e si annulla in un vortice di sesso, droga e denaro; a differenza degli altri, famosissimi criminali scorsesiani, però, Jordan ha il carisma, il cervello e, soprattutto, l'indipendenza del self made man capace di vendere (per citare Ghostbusters 2) "fumo e merda" ai boccaloni che gli capitano sotto tiro senza dover temere ritorsioni da parte di qualche sanguinario e permaloso boss della mala. Jordan è il capobranco, sopra di lui c'è solo l'FBI e sotto c'è un gruppo di scimmie ammaestrate alla "fine" arte dell'eloquio e della menzogna, dei burini con vestiti firmati, dei Neanderthal che venerano solo due dèi, Jordan e il Denaro, e che prendono a sputi, insulti e schiaffi chiunque non rientri nel ristretto novero dei loro idoli (il dialogo relativo ai nani o l'incontro con Steve Madden sono scioccanti in tal senso): persone vuote, stupide e, soprattutto, incapaci ed improduttive che, grazie ad apparenze e lingua svelta, vendono il nulla a gente altrettanto idiota, il paradosso su cui è costruita la nostra società.
Scorsese si siede davanti alla macchina da presa e ci riporta fedelmente questo mondo tribale, volgare, ridicolo e a tratti aberrante, senza ergersi a giudice ma mostrando alternativamente distacco e partecipazione, lasciando allo spettatore la scelta di rimanere affascinato o disgustato dalle immagini che scorrono sullo schermo. Sfruttando tutta la sua sapienza nel campo della regia, della fotografia e del montaggio, il vecchio Martin inganna impercettibilmente i nostri occhi assecondando gli stati psicofisici del protagonista e creando alla bisogna sequenze stridenti o leggermente sfocate quando Jordan è completamente fatto, ci stordisce con pregevoli piani sequenza, ci immerge nei balli, nei canti e nella depravazione (nei riti!) senza sorvolare su nessun dettaglio, nemmeno quello più scabroso, riempie lo schermo con primi piani e mezze figure del protagonista rendendolo un Dio anche ai nostri occhi, mescola senza soluzione di continuità immagini di repertorio, cartoni animati, spot veri ed inventati in un florilegio di immagini, dialoghi e musiche praticamente ininterrotto; Scorsese ubriaca consapevolmente il suo pubblico, conscio del fatto che almeno per il 90% i risvolti "finanziari" della vicenda non verranno recepiti e passeranno in secondo piano fino a risultare ininfluenti... proprio quello su cui contava Jordan nel corso della sua attività. Il risultato sono tre ore che sembrano una, dove l'attenzione non cala nemmeno per un attimo, anche perché Scorsese realizza senza dubbio il suo film più spassoso: la sequenza dove viene mostrato l'effetto del Quaalude prima al ralenti e poi in tempo reale è esilarante ma mai come quella del confronto "mentale" tra Jordan e il banchiere svizzero, che mi ha lasciata annientata e in lacrime a ridere da sola in mezzo alla sala gremita.
E a proposito di ridere, Di Caprio è mortale. L'avevo già detto per Django Unchained, lo ripeto: Leo, io ti ho perdonato. Tu sei un grande attore e io una capra svizzera che finalmente ha aperto gli occhi, continua su questa strada e non farmi pentire di quello che ho scritto. Di Caprio è nato per il ruolo di Jordan, si annulla completamente nel personaggio e in un attimo passa dal più squallido degrado ad essere il Re del Mondo, un carismatico sobillatore di dipendenti o un'ameba che rantola giù dalle scale in una delle scene più esilaranti dell'anno. Dire che è perfetto sarebbe un eufemismo, così come sarebbe riduttivo dare tutto il merito a lui e dimenticare lo stuolo di grandiosi caratteristi e sgnacchere che lo accompagnano, lo svergognato (nel senso di coraggiosissimo e senza vergogna) Jonah Hill in primis, ma non dimentichiamo Tappetino, il cinese mangione, un irriconoscibile Jon Bernthal e tutti gli altri "soggettoni" che magari compaiono solo per pochi istanti. In un lampo di genio, che spero sia voluto, Scorsese ha utilizzato un grandissimo attore (McConaughey) per insegnare al protagonista come si recita a Wall Street e ha messo tre registi (Jon Favreau, Rob Reiner e Spike Jonze) a "dirigerlo"e cercare di frenare e regolare le sue ambizioni, per quanto inutilmente; inoltre, proprio per sottolineare la natura "pop" e a modo suo comica, caricaturale, dei personaggi rappresentati, non lesina la presenza di attori tirati fuori a forza dalle più famose serie televisive o di comici apprezzatissimi. E qui mi fermo. Ci sarebbero mille altre cose che vorrei dire ma davanti ai Capolavori tendo a perdermi inutilmente, diventando prolissa ma raffazzonata; ci sarebbero diecimila altre cose che sicuramente ho perso ma un film simile andrebbe visto perlomeno quattro o cinque volte per essere compreso e sviscerato appieno; ci saranno milioni di errori in queste mie indegne parole ma spero che da esse traspaia anche quell'Amore per Scorsese che dura fin dai miei primi passi nel meraviglioso mondo del Cinema e cazzo, questo è quello che conta. Non perdetevi assolutamente The Wolf of Wall Street, in italiano o in lingua originale, non fatevi assolutamente spaventare dalla durata o da altri futili pregiudizi perché questo è Cinema Vero, quello da vedere necessariamente in questi tempi di orrenda sciatteria.
Soocare.
Del regista Martin Scorsese (che in originale si può sentire parlare per telefono con Leonardo Di Caprio quando il suo personaggio vende le prime Penny Stocks) ho già parlato qui. Di Leonardo Di Caprio (Jordan Belfort), Matthew McConaughey (Mark Hanna), Kyle Chandler (agente Patrick Denham), Rob Reiner (Max Belfort), Jon Favreau (Manny Riskin), Jean Dujardin (Jean Jacques Saurel), P.J. Byrne (Nicky “Tappetino” Koskoff), Shea Whigham (Capitano Ted Beecham) e Spike Jonze (compare, non accreditato, nei panni di Dwayne, il “broker” che introduce Jordan al mondo delle penny stocks) ho già parlato ai rispettivi link.Jonah Hill (vero nome Jonah Hill Feldstein) interpreta Donnie Azoff. Americano, lo ricordo per film come 40 anni vergine, Suxbad: Tre menti sopra il pelo, Una notte al museo 2 – La fuga, 21 Jump Street, Django Unchained e Facciamola finita; come doppiatore, ha lavorato a film come Dragon Trainer, Megamind e l’imminente Lego Movie, oltre che per un episodio de I Simpson. Anche sceneggiatore e produttore, ha 30 anni e quattro film in uscita.
Jon Bernthal interpreta Brad. Americano, famoso per essere stato lo Shane di The Walking Dead, lo ricordo per film come World Trade Center, Una notte al museo 2 – La fuga e Il grande match, inoltre ha partecipato ad altre serie come CSI: Miami, How I Met Your Mother, Numb3rs e doppiato un episodio di Robot Chicken. Anche animatore, ha 36 anni e un film in uscita.
Ethan Suplee interpreta Toby Welch. Indimenticabile “comparsa” di moltissimi film di Kevin Smith nonché spalla di Jason Lee in My Name Is Earl, lo ricordo per l'appunto in pellicole come Generazione X, In cerca di Amy, American History X, Dogma e Clerks II. Americano, ha 37 anni e tre film in uscita.
Tra le millemila comparse che popolano la pellicola spunta anche Jake Hoffmann, figlio di Dustin, nei panni di Steve Madden (tra l'altro la scena è stata praticamente co-diretta da Steven Spielberg) e anche il vero Jordan Belford, che presenta Di Caprio alla folla sul finale. Se poi anche voi, come me, vi siete chiesti dove diavolo se l'è tirato fuori Matthew McConaughey quella sorta di rituale fatto al ristorante davanti ad un perplesso Di Caprio, sappiate che è una specie di "riscaldamento" che l'attore fa ogni volta prima di recitare. Per quanto riguarda gli attori esclusi, Amber Heard aveva fatto il provino per essere Naomi, ma alla fine il ruolo è andato all'australiana Margot Robbie; Julie Andrews era stata invece considerata per il ruolo di zia Emma mentre Ridley Scott avrebbe dovuto dirigere il film e per fortuna è finito a fare quella ciofeca di The Counselor o non avremmo avuto un simile capolavoro scorsesiano! Detto questo, se The Wolf of Wall Street vi fosse piaciuto, guardate anche Casinò, Quei bravi ragazzi, Il falò delle vanità e Wall Street. ENJOY!