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La trama (con parole mie): Chris Cleek e la sua famiglia sono un esempio della perfetta provincia americana.
Lui si muove nei meandri degli affari immobiliari, la moglie Belle fa da casalinga modello pronta a non parlare troppo, Peggy è la tipica adolescente un pò chiusa ma molto brava a scuola, Brian l'uomo di casa ed il prediletto di papà e Darlin' la più piccola, innocente e vivace.
Un giorno, mentre Chris è a caccia, scopre che una donna vive alla stregua di un animale selvaggio nella foresta, senza saper parlare o avere un'idea di cosa sia una società "perbene": così, decide di catturarla e tenerla imprigionata nella sua cantina in modo da educarla progressivamente agli usi che si convengono nel nostro mondo.
Complice un segreto di Peggy, però, questo incontro/scontro con la Natura non andrà proprio come l'uomo si aspetta.
Ci sono momenti, nel corso delle nostre vite, in cui l'istinto viene lasciato libero, esplodendo in una cascata di sensazioni, più che di sentimenti, in grado di riempirci e svuotarci ad un tempo, far correre al massimo quel brivido che passa lungo la nostra spina dorsale prima di fermarsi alla base della testa, drizzandoci i peli sulla nuca: momenti come il primo morso di un pasto atteso, un orgasmo che non si riesce più a contenere, l'ultimo sorso di una bibita gelata nel pieno di un pomeriggio estivo, la fatica piacevole alla fine di un allenamento, "una bella cagata", come direbbe il vecchio che Vinz, Hubert e Said incontrano nel bagno pubblico de L'odio.
L'escalation finale di The woman può essere paragonabile, cinematograficamente parlando, a quella sensazione di piacere viscerale di cui i momenti appena accennati sono esempi lampanti.
E non solo.
Perchè dal primo all'ultimo minuto, la pellicola di Lucky McKee trasuda questo anelito oltre i limiti, e per lo stesso si batte, con le unghie e con i denti - soprattutto questi ultimi - per poter continuare a liberare il suo grido, a mostrare che c'è un cuore che batte, un respiro che brama l'affanno, mani pronte ad affondare nella terra e nella carne, un ventre pronto ad accogliere una nuova vita.
Dal primo all'ultimo minuto, The woman si mostra come una delle opere più femministe e toste dai tempi di Lezioni di piano e Holy smoke, e nella lotta estrema e terribile che vede contrapposta la Natura della prigioniera e la "buona" società del suo carceriere mostra - con grande intelligenza, oltre ad una forza assolutamente materiale - tutto l'orgoglio e la passione che il "sesso debole" ha messo in migliaia di anni di storia e continua ogni giorno a porre come baluardo a fronte di un maschilismo bieco e violento, che consuma nel sesso - o nel desiderio dello stesso - tutta la sua acredine e la gelosia verso quella che è, a tutti gli effetti, la creatura che più si avvicina alla perfezione che esista al mondo.
Incarnando la passione selvaggia dell'istinto primordiale per eccellenza - quello dell'essere madre, oltre che donna -, la protagonista - una strepitosa Pollyanna McIntosh -, così come Peggy e Belle, conduce lo spettatore attraverso un viaggio terrificante nella mente di Chris - menzione anche per Sean Bridgers, alle prese con un personaggio decisamente scomodo e non facile - e di suo figlio Brian, esporando territori che passano dalle parti di Haneke per giungere all'escalation gore conclusiva, narrata splendidamente e resa - nonostante l'inequivocabile violenza - un atto di emancipazione straordinario più di cuore che non di pancia.
Ma di pancia e solo di pancia ci si dovrebbe perdere nella visione di questo sorprendente film - uno dei migliori nel suo genere degli ultimi anni, simbolo di una finalmente più presente sugli schermi, pur se non italiani, corrente di horror autoriale -, lasciandosi cullare dalla clamorosa colonna sonora e da una vicenda in parte già sentita ma mai portata sullo schermo - specialmente da un regista di sesso maschile - con questo coraggio e questa forza.
A prescindere dalla naturale inclinazione a parteggiare per la prigioniera, resta evidente quanto coinvolgente riesca a rendere lo script McKee, scegliendo di non cadere nel facile ed eccessivo ricorso alla violenza sbattuta in faccia all'audience - anzi, spesso e volentieri giocando d'astuzia e sottrazione per mostrare il meno possibile, o lasciare allo spettatore il disagio di immaginare - per prendere il largo con un finale letteralmente esplosivo, legato a doppio filo a quella sensazione di liberazione - profondamente fisica, ma non solo - di cui parlavo sopra: e la chiusura, se vogliamo forse perfino troppo simbolica, pare la conclusione perfetta di una battaglia che vede la protagonista scontrarsi non soltanto con l'Uomo, ma anche con chi se ne rende vittima e nell'accettazione della sua condizione involontariamente complice - il faccia a faccia finale con Belle ha la stessa intensità di quelli con Brian e Chris -.
Vorrei, onestamente, essere in grado di rendere tutta la prorompente fisicità di questo lavoro, ma forse l'ideale sarebbe che a parlarne fosse proprio una donna, con la pulsante sensibilità di cui noi dell'altra metà del cielo saremo sempre sprovvisti: perchè questo film è una vera forza della natura, un concentrato di istinti e voglia di vivere una libertà ancestrale, e crescere nel proprio ventre quella del futuro.
E nessuno più di una Donna è in grado di comprendere e decifrare questi sentimenti confusi alle sensazioni.
MrFord
"And the thing that gets to me
is you'll never really see
and the thing that freaks me out
is I'll always be in doubt.
It is a lovely thing that we have
it is a lovely thing that we
it is a lovely thing, the animal
the animal instinct."
The Cranberries - "Animal instinct" -
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