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Hammer is back! L'amata casa di produzione della grande stagione britannica dei Dracula e Frankenstein, di Christopher Lee e Peter Cushing, è rinata e co-produce un buon film di fantasmi, “The Woman in Black”, diretto da James Watkins e interpretato da Daniel Radcliffe, ex Harry Potter. La sceneggiatura è di Jane Goldman, dal romanzo di Susan Hill già portato sul teleschermo in un film tv del 1989. Per la verità non è la prima volta che la Hammer tenta di tornare alla ribalta dopo la bancarotta nei primi anni '80. Ma stavolta la partenza è sicura, e possiamo sperare che sia la volta buona.
A vedere “The Woman in Black” salgono di continuo agli occhi memorie filmiche. Una - sciocco, ma inevitabile - sono proprio i film di Harry Potter, innestati anche dall'inglesità di ambienti e fisionomie (ma quel treno che corre nella campagna inglese ripreso in familiari prese dall'elicottero non è l'Hogwarts Express!). La seconda - più giustificata - sono proprio i film della tradizione Hammer.
Che fondamentalmente qui non si ritrova (ma sono passati trent'anni, e anche se la Hammer avesse continuato a produrre durante tutto questo tempo il suo stile sarebbe cambiato). Vero che troviamo all'inizio una locanda molto hammeriana, dove il protagonista entrando viene accolto dall'ostilità impaurita dei villici; e anche l'ingresso di Daniel Radcliffe nella haunted house è classica Hammer, con quell'inquadratura angolata dall'alto.
Ma la fotografia è completamente diversa, alla nitidezza della Hammer sostituisce la compattezza brumosa del cinema contemporaneo, con una luce più soffusa e una tavolozza di colori del tutto differente. Sul piano del contenuto, l'horror fisico e quasi positivista della Hammer frequentò poco o punto i territori nebbiosi delle storie di fantasmi. I mostri Hammer erano corporei, erano vampiri, mummie, creature di Frankenstein, uomini lupo o la Gorgone.
Ambientato nel primo Novecento, “The Woman in Black” è una ghost story molto tradizionale, senza grandi sorprese sul piano del racconto, ma assai ben realizzata (forse alcuni soprassalti sono un po' cheap – ma funzionano!). Chi non l'apprezzerà non si è mai seduto in poltrona di notte con un volume di M.R. James o di Sheridan LeFanu o di Algernon Blackwood o di E.F. Benson, per levare nervosamente lo sguardo al minimo piccolo rumore che risuona in casa. Il suo concetto di un intero villaggio terrorizzato da un fantasma vendicativo che costringe gli abitanti (qui, i bambini) a uccidersi ricorda moltissimo “Operazione paura” del nostro Mario Bava. Molto atmosferico, gioca grandemente sul valore espressivo dei primi piani di vecchie bambole e giocattoli vittoriani ammuffiti - tutti autentici - e sul valore del paesaggio (la fotografia è di Tim Maurice-Jones): memorabile la lunga strada serpeggiante che corre fra due bracci di mare portando alle tetra Casa nella Palude. Il ritmo è pacato come nei vecchi film, ma sotto il suo voluto classicismo corre un filo rosso di crudeltà; non dimenticheremo la bambina “ipnotizzata” dallo spettro che si dà fuoco da sola; e le facce pallide dei bambini che scrutano dalle finestre del paese aprono uno squarcio impressionante sulla loro vita in questo villaggio maledetto. Una crudeltà che segna anche il viso disperato di Daniel Radcliffe, che viene da una storia orrenda per incontrarne in questo luogo una peggiore.
Spoiler! Mentre nel pragmatismo dei vecchi film Hammer Peter Cushing poteva inchiodare il vampiro, qui non c'è scampo – nonostante le verità nascoste vengano svelate e la tomba di fango nero e torbido rilasci la sua preda. Come in “The Grudge” il rancore dello spettro non si arresta mai; e lo sguardo in macchina che rivolge agli spettatori nell'ultima immagine è una promessa di implacabilità.
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