Una trama intricata, composta da storie che si incasellano tra loro avvolte nel mistero. Un cast che comprende tra gli altri un bravo Jeremy Irons, Dennis Quaid e le star più giovani e sulla cresta del successo Bradley Cooper, Olivia Wilde e Zoe Saldana. Un finale a sorpresa, aperto, che lascia dubbi e intriga.
Allora perché la critica americana ha massacrato questo film? Perché lo stesso pubblico non l’ha premiato?
Partiamo dalla trama, che come una matrioska si compone di strati tra loro connessi: Clay Hammond, uno scrittore si appresta alla lettura pubblica del suo romanzo di successo, veniamo quindi immersi nella storia di Rory, un altro scrittore, che con il suo romanzo di esordio è diventato inaspettatamente celebre e celebrato, ma qualcuno lo aspetta nell’ombra, un anziano lo osserva… attraverso un lungo flashback veniamo a sapere che la storia che tutta questa fama gli ha portato non è sua ma l’ha semplicemente trovata in una vecchia borsa che, ovviamente, appartiene a quel vecchio. L’incontro tra i due porterà finalmente Rory ad avere dubbi morali che rischiano di minare anche il suo matrimonio, la storia della vita di quel vecchio, l’amore esploso per una giovane cameriera parigina alla fine della seconda guerra mondiale si interseca a quel romanzo, amore e dolore riemergono e investono appieno Rory.. tornati alla sala di lettura, anche Clay sembra nascondere qualcosa. L’avventura che si appresta a provare con la giovane Danielle svelerà la verità?
The words ci mostra tutto questo intrigo che va avanti e indietro nel tempo, tra realtà e finzione in modo ottimale, con la costruzione di flashback e di intersezioni non banali ma qualcosa manca. Nonostante una fotografia che cambia la sua estetica a seconda dell’ambientazione quello che meno convince è l’interpretazione che gli attori ne danno. Principalmente Bradley Cooper che con la sua aria di americano festaiolo poco riesce a calarsi nei panni drammatici del suo Rory, e certe scelte di dialogo di certo non l’aiutano. Gli ingredienti che potrebbero portare al successo questa pellicola sono infatti minati da tracce di stantio che alcune scene lasciano, sconnesse e poco solide, come un finale, altrove potente, qui smorzato dallo scontro amoroso che lo precede. Il risultato porta a pensare che il libro, fittizio, sarebbe stato decisamente migliore della sua trasposizione.
Ma, capiamoci, il film non è da buttare, anzi, la trama intricata salva l’esordio alla regia di Brian Klugman and Lee Sternthal, ora aspettiamo al varco la loro prossima opera.
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