Decide di copiarlo integralmente sul suo computer senza cambiare neanche una virgola e su pressioni di Dora che ne ha letto qualche brano di nascosto lo presenta al suo capo visto che Rory lavora in una casa editrice. Il romanzo piace e per lui si aprono le porte del successo.
Un brutto giorno però incontra un vecchio in un parco che gli fa capire a scanso di qualsiasi equivoco che quello era il suo romanzo e Rory va in crisi: lo vorrebbe corrompere ma quello rifiuta, vorrebbe confessare tutto davanti al mondo ma tutti lo sconsigliano, va in crisi anche il rapporto con la moglie amatissima...
Ma in realtà Clay Hammond nel suo ultimo romanzo la storia di chi sta raccontando?
E perchè rifiuta la bella stagista che si è praticamente prostrata ai suoi piedi?
Un rigurgito di quella coscienza che uno come lui non sembra mai avere avuto?
Potrei fare una battuta dicendo che per parlare di questo film mi mancano le parole.
E' una battuta, brutta, ma in fondo è anche un po' vero perchè The words presta il fianco a qualche critica di troppo per la sua struttura a scatole cinesi in verità un po' troppo arzigogolata e non sorretta da una regia sufficientemente brillante.
I due esordienti Klugman e Sternthal azzardano un film basato su due voci narranti e su un triplo piano narrativo con nel finale quello slittamento lieve ma perfettamente percettibile di un piano narrativo sull'altro.
Un po' troppa roba tutta assieme.
Ora, non avrei mai detto di parlare male di un film in cui fosse presente un divo sulla cresta dell'onda come Bradley Cooper, una vecchia cariatide con un passato brillante come Dennis Quaid, un residuato bellico di talento come Jeremy Irons e due gnocche da paura come Zoe Saldana e Olivia Wilde che solo a usarle come tappezzeria di lusso già ti fa aumentare il livello estetico , eppure è così.
Nonostante le premesse The words non appassiona mai e procede stancamente senza troppi scossoni mettendo a dura prova la pazienza di uno spettatore che aspetta per tutto il film un coup de theatre che dovrebbe essere una bomba atomica e invece quando arriva ( se arriva) ha la potenza di un mortaretto.
Il problema di un film che racconta non uno ma ben due libri è che erige un muro di parole invalicabile e poi francamente non si riesce a empatizzare il personaggio di Rory, aspirante scrittore specialista nel prendere porte in faccia che una volta trovato il successo per vie traverse va in crisi esistenziale nonostante appuri che intorno a lui a nessuno freghi che lui abbia perpetrato un inganno. Se non importa agli altri ....
I suoi occhioni blu risplendono ma è totalmente inattendibile nelle scene più drammatiche, per non dire che sfiora quasi il ridicolo quando deve spremere le palpebre per far uscire qualcosa di assimilabile a liquido lacrimale.
A conti fatti il migliore è Jeremy Irons che ancora una volta con la puntualità di un cronografo svizzero prende a calci metaforici nelle pudenda il nuovo di Hollywood che avanza.
Basta , ho speso anche troppe parole per The words un film vittima sacrificale predestinata della sua ambizione smodata.
( VOTO : 5 / 10 )