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The World's End (di Edgar Wright, 2013)
Creato il 30 settembre 2013 da Frank_romantico @Combinazione_CIl miglio dorato. Un percorso alcoolemico che, attraverso i dodici pub di un paesino inglese (Newton Haven), dovrebbe condurre verso "la fine del mondo". E La Fine del Mondo è una pinta nell'ultimo locale della lista, ma anche il confine tra giovinezza ed età adulta, la fine di un ciclo e l'inizio di un nuovo percorso. E, in effetti, The World's End è il film con cui si conclude la cosiddetta "trilogia del cornetto" della premiata ditta Edgar Wright/Simon Pegg.
Per chi non sa cosa sia questa "trilogia del cornetto", permettetemi un rapido riassunto: tutto ebbe inizio nel 2004 con Shaun of Dead (L'alba dei morti dementi, in Italia), una commedia inglese sconosciuta al grande pubblico ma divenuta subito cult nel circuito degli appassionati. Poi fu il turno di Hot Fuzz (2007), persino meno conosciuto del suo predecessore e considerato dagli appassionati di poco inferiore al primo capitolo. Entrambe le pellicole si ponevano come esempi intelligenti e ben girati di parodia di genere, quello horror nel primo caso e quello action nel secondo, prima dell'esordio del regista in America con il cinecomics Scott Pilgrim vs The World. Nessuno, a quel punto, avrebbe più scommesso su un ritorno in patria di Wright quando, all'incirca un anno fa, il britannico annunciò l'uscita di questo The World's End. Un ritorno alle origini che mise in allarme tutti i fan e gli amanti del buon cinema.
Il miglio dorato, avevo detto. Un percorso che il giovane Gary King aveva tentato a vent'anni con i suoi quattro inseparabili amici. Solo che all'epoca era andata male: i cinque si erano fermati prima dell'ultima tappa, il pub The world's end. Vent'anni dopo il quarantenne Gary King, tossicodipendente, decide di riunire la vecchia banda per tentare di nuovo l'impresa. E ci riesce, solo che questa volta tra lui e il mitico pub si metterà di mezzo "la fine del mondo".
Aspettavo questo film ma non con l'ansia di tante altre persone. Lo aspettavo come si aspetta un vecchio amico, con qualche sincera aspettativa mista a sospetto. Il sospetto di trovarsi, dopo tanti anni, di fronte a una persona diversa da come me la ricordavo. E in effetti, quando il film inizia (dopo un'introduzione con voce fuoricampo e in pure stile anni '80) e ti ritrovi di fronte il volto di un Simon Pegg segnato dalle rughe, capisci che il tempo passa per tutti e non lo si può fermare. Non fraintendetemi, guardare un film come La Fine del Mondo è rinfrancante: ancora una volta l'humor inglese scandito da una serie di battute spassosissime e mai volgari, ancora una volta quei volti che hai imparato a conoscere e ormai sono diventati "di famiglia", ancora una volta una parodia realizzata con amore verso il genere che parodia - questa volta la fantascienza. Solo che, dopo nove anni, c'è in più la malinconia che prima era spensieratezza, la consapevolezza che nulla dura in eterno, neanche quell'attimo reso immortale sulla pellicola di un film.
Sentimento del contrario, su questo si basa il film girato da Edgar Wright e scritto dal regista assieme a Pegg. Guardare Gary King, quarantenne che si veste come avesse ancora vent'anni e che guida ancora la stessa auto (La Bestia), è rendersi conto del dramma di un personaggio che non è mai cresciuto, che si è scontrato con i sogni di una giovinezza senza pensieri per trovarsi poi circondato dalle macerie di una vita che "non è andata avanti". Ridere con The World's End è un po' come ridere di se stessi, per questo il film è così divertente ma allo stesso tempo fa così male. Non lo capirà chi ha meno di trent'anni e forse non lo apprezzerà a dovere, anche se le gag sono fantastiche e il citazionismo estremo. Tra l'altro Wright ha fatto un lavoro difficilissimo fondendo la commedia alla fantascienza in stile L'Invasione degli Ultracorpi, gestendo alla perfezione le scene d'azione con coreografie degne del migliore cinema hongkonghese e passando con nonchalance dalla commedia generazionale alla distopia aliena per giungere al post apocalittico con un finale che, credetemi, è uno dei più fighi della storia del cinema. Dolce/amaro come gli occhi di un folle Pegg e la storia della solita spalla Nick Frost, un'altro di famiglia. Non delude nemmeno il resto del cast, una serie di star britanniche e caratteristi impagabili come Martin Freeman, Paddy Considine, Eddie Marsan.
Ma ciò che rende La Fine del Mondo un film bellissimo è che fa riflettere senza scadere nel serioso, fa ridere senza volgarità e che andrebbe guardato almeno un paio di volte per comprenderne le sfumature. L'opposto del cinema U.S.A. e getta a cui ormai siamo così assuefatti.
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