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Ci sono delle cose che mi fanno incazzare. Di film italiani ne escono un sacco. Ma di film italiani interessanti non è che in circolazione ce ne siano poi così tanti. Di commedie interessanti poi, figuriamoci…Quando te ne ritrovi una tra le mani, dovresti almeno promuoverla a dovere. Soprattutto quando hai delle belle carte tra le mani da giocarti. Non dico degli assi, ma almeno delle regine e dei fanti La kryptonite nella borsa ce l’ha pure: un cast di primo livello con nomi conosciuti come Valeria Golino, un volto nazional-popolare come Montalbano/Luca Zingaretti, un paio di attori che possono attirare/attrarre il pubblico ggiovane come Cristiana Capotondi e Libero de Rienzo e poi in colonna sonora ha un pezzo più che accattivante come la cover moderna (ma anche rétrò il giusto) di “These Boots Are Made for Walking” fatta dai Planet Funk, per cui per di più ha a disposizione un video carinissimo come questo…
Dopo aver visto il videoclip, a me è venuta una gran voglia di recuperarmi anche il film. Peccato che il pezzo, oggi diventato un tormentone, fosse stato lanciato del tutto in sordina lo scorso ottobre con l'uscita nei cinema e nessuno se lo fosse inizialmente filato. Adesso la canzone è diventata un successo, il video è in airplay su Mtv, però per il film è troppo tardi, almeno nelle sale cinematografiche, dove non ha raccolto nemmeno un milione di euro. Roba che è riuscito a fare peggio persino di War Horse, l’ultimo super mega floppone di Steven Spielberg.Un peccato (l'ennesimo per la distribuzione italiana) non averla promossa meglio, perché questa è una commedia molto carina e, per quanto non memorabile, avrebbe meritato un successo maggiore di altre porcherie che infestano le nostre sale.Sulla note ultracool di These boots are made for walking, pezzo di Lee Hazlewood portato al successo da Nancy Sinatra, terminiamo comunque questa nota di polemica lamentela e passiamo al film vero e proprio.
La kryptonite nella borsa è l’esordio dietro la macchina da presa dello scrittore e sceneggiatore napoletano Ivan Cotroneo, già autore dell’omonimo romanzo da cui ha deciso di trarre la sua prima opera cinematografica da regista. Quanto ne è uscito è una pellicola in cui si sente il legame forte del regista nei confronti dei suoi personaggi. Persino troppo, visto che un occhio esterno avrebbe potuto aggiungere un altro punto di vista alla vicenda. La veracità napoletana è comunque anche uno dei punti di forza della pellicola. È un film passionale, seppur non del tutto travolgente, e ci sono alcuni momenti poetici che convincono proprio per la loro forza e naturalezza. E anche per la loro innocenza quasi naïve. Soprattutto, più che le sequenze con il non troppo convincente bambinetto protagonista, la bella scena in cui Valeria Golino dallo strizzacervelli ricorda il suo passato come fanciulla.
Ancora una volta comunque mi porto avanti nel discorso senza cominciare dalle basi.Introduciamo la pellicola come si deve: il racconto è quello di una famiglia (a)tipica napoletana nei primi anni ’70 vista attraverso gli occhi, o meglio le spesse lenti degli occhiali, di un bambino intorno ai 10 anni interpretato dal (credo) esordiente Luigi Catani. Un bambino la cui atipicità è data più che altro da quegli occhialoni da miope che è costretto a portare e che lo rendono un “diverso” agli occhi degli altri bimbetti. Per altro oggi con quegli occhiali verrebbe considerato un hipster, mentre nei 70s era soltanto considerato uno sfigato. Così va la vità.
La diversità di questo piccolo protagonista sta però più che altro nell’avere come amico immaginario il cugino morto. Un cugino un poco “ritardato” che si credeva di essere Superman e forse in fondo lo era per davvero…Come dicevamo, il racconto è però quello corale di una famiglia. Ci sono i nonni, piuttosto macchiettistici e in grado di incidere poco nella vicenda. Ci sono i genitori, una Valeria Golino eccellente (sia detto con le dita delle mani che si avvicinano stile Signor Burns) che viene tradita dal marito farfallone Luca Zingaretti, attore che tutti dicono: “Ma che bravo che è, e pure che bell’uomo che è”, però a me boh, proprio non convince. Sarà che non sono mai stato un fan urlante di Montalbano.Sotto lo stesso tetto ci sono poi pure i 3 zii, perché oh, questa è una famiglia povera e quindi si vive tutti insieme nella stessa casa e, se non vi sta bene, andata pure a stare all’Hilton. Uno dei 3 zii rimane nell’ombra, sarà che è un secchione, sarà che l’attore che lo interpreta è il più sconosciuto del prestigioso cast: Gennaro Cuomo.Chiiiiiiii?Ve l’ho detto che era il meno noto: Gennaro Cuomo.Chiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii?Gli altri due zietti sono invece gli idoli Cristiana Capotondi e Libero De Rienzo, due freakketoni spiriti liberi che si portano appresso il nipotino nel corso delle loro avventure a base di LSD e sesso libero.Hippie ya ye, motherfuckers!Tra l’altro, come si può notare anche dal video dei Planet Funk, sembra che De Rienzo e la Capotondi nella loro vita non abbiano fatto altro che ballare vestiti da figli dei fiori. Se i loro personaggi avrebbero meritato un ulteriore approfondimento, va detto che almeno loro due a danzare sono davvero magnifici e non avrebbero potuto fare di meglio.
Il cast è quindi il punto di forza maggiore della pellicola, ma tra le note positive possiamo aggiungere anche una colonna sonora gradevole, seppure le scelte appaiano un po’ scontate: David Bowie per gli anni ’70 è immancabile, persino troppo ovvio, così come “Lust for Life” di Iggy Pop è già stata stra-usata. Ad esempio da un certo Trainspotting. È stato solo uno dei brani più iconici da una delle colonne sonore più iconiche del cinema iconico recente…(e poi, per precisione storica: il pezzo è del 1977, mentre il film è ambientato qualche anno prima!)
Comunque è sempre un piacere risentirla e se sopra ci ballano De Rienzo e la Capotondi diventa un vero spettacolo. Così come una piccola finezza è anche l’apparizione (letterale) della Madonna Anita Caprioli.Molto buona poi la ricostruzione a livello visivo dell’ambiente anni Settanta, e io adoro non so nemmeno bene perché i film ambientati negli anni ’70 (Il giardino delle vergini suicide, Amabili resti, Almost Famous, pure la serie That '70s show…), con dei magnifici e super freakkettoni costumi anche in questo caso portati magnificamente dai due attori ballerini e dal resto del cast. A tutto ciò ci mettiamo dentro anche la ricostruzione di una Napoli molto meno stereotipata del solito.A non convincere del tutto sono invece la regia e la sceneggiatura del Cotroneo, un po’ timide e incerte sul da farsi, sul seguire toni più favolistici o più realistici. Cotroneo si piazza poi a mezza strada anche tra il cinema di Paolo Virzì, in particolare con un mix tra La prima cosa bella e Caterina va in città, virati però in salsa napule uè uè, e quello di Ferzan Ozpetek. Non a caso Cotroneo ha co-firmato con il regista del nuovo Magnifica presenza la sceneggiatura di Mine Vaganti e non a caso la tematica omosessuale e della diversità in senso lato emerge qua e là anche in questa kryptonite. Seppure in maniera un po’ troppo timorosa (timorata?) per realizzare un’opera non dico sovversiva, ma almeno davvero coraggiosa all’interno dello sbiadito panorama italiota.Il ritratto di questa famiglia napoletana è curioso, simpatico e avvincente. Gli manca la zampata vincente, che poteva essere l’idea del personaggio di Superman se solo fosse stata resa con maggiore forza. Comunque si tratta di una (rara) visione italiana consigliata, per un film che non vi farà gridare al miracolo, ma magari vi farà venire voglia di ballare. Come quei due freakkettoni del De Rienzo e della Capotondi.(voto 6,5/10)
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